Lettere
La zona grigia di chi arma gli eserciti sapendo di non poter combattere
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Ella ha ragione nel sostenere che si può discutere di molte cose e, in primis, dell’opportunità dell’invio di truppe della Nato, ma non di adottare tutte le possibili sanzioni, pure quelle più dure, contro la Russia, anche se gli effetti di queste finissero per colpire parti della nostra economia. L’esclusione della Russia dallo Swift, il circuito internazionale del sistema dei pagamenti, una misura assai potente, a questo punto andrebbe decisa e applicata subito. Ci facciamo male anche noi? Sì, ma in maniera incomparabilmente minore del danno gravissimo che si provoca all’economia russa, sperando in una reazione contro il regime da parte di quella popolazione. Poi occorreranno misure, nazionali ed europee, per attenuare o eliminare le conseguenze negative per gli altri paesi. Ovviamente, non si fermano qui le sanzioni più forti che potranno essere comminate. Si tratta, cioè, di scegliere questa strada, anziché attendere che la situazione peggiori ulteriormente per poi adottare nuove misure, con il rischio di ripetere atteggiamenti attendisti del passato, l’esito catastrofico dei quali è insegnato dalla storia. Con i migliori saluti.
Angelo De Mattia
Perfetto.
Al direttore - Quelle giornaliste e quei giornalisti che, dopo averci propinato raffinatissime analisi sui progetti imperiali di Putin, “gli ucraini sono un popolo di cameriere, badanti e amanti”. Più sono di sinistra, più hanno la puzza sotto al naso.
Michele Magno
Chi di voi non ha peccato in un fuorionda, scagli la prima pietra.
Al direttore - C’è un enorme non detto in questa orribile vicenda bellica nel cuore dell’Europa: che non è pensabile avere una guerra aperta a meno di due ore di volo da Milano e uscirne completamente intonsi, non subirne alcuna conseguenza. Per fortuna la soluzione militare e il coinvolgimento delle donne e degli uomini delle nostre Forze armate è da dare per escluso, ma prefigurare la possibilità che con i cannoni che tuonano a Kyiv non ci sia alla fine un qualche riflesso sul nostro export o sui nostri costi dell’energia è illusorio, è falso, non è onesto. Tentare di limitare i danni economici è doveroso, e richiamare l’Unione europea all’inderogabile solidarietà nei confronti dei paesi più esposti è parte di questo sforzo, ma non si può pensare di reagire all’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraìna (per favore, chiamiamola Ucraìna: la prima solidarietà sta nel chiamare correttamente la vittima di questo attacco con il suo nome) avendo in mente prima la limitazione del danno economico e poi, dopo, la violazione della pace e del diritto internazionale. Le sanzioni dovranno essere durissime, le più dure pensabili, tali da costituire un vero deterrente alla politica espansionistica e violenta adottata da Vladimir Vladimirovich Putin. L’uso della forza, per sua natura, si ispira alla prima legge di Newton: procede per inerzia finché non incontra una forza esterna a limitarne il moto. Se ho deciso di riprendermi la Crimea e l’ho fatto senza subire danni sostanziali, perché non avrei dovuto pensare di invadere l’Ucraìna per intero? E se nessuno mi fermasse, perché dovrei fermarmi? Se dunque l’occidente non assumerà decisioni efficaci, tali da far male, da costituire un deterrente vero per ulteriori aggressioni, avremo indirettamente incoraggiato la politica neoimperialista di Mosca. Tutto questo avrà un prezzo? Sì. La guerra va ripudiata proprio perché comporta danni e costi, umani ed economici. Questa guerra noi europei, noi italiani, non l’abbiamo certo voluta, ma questo non significa che non comporterà – purtroppo – dei sacrifici. Come ogni guerra, produrrà danni in ogni caso, io credo sia onesto dirlo. Quello che una classe dirigente responsabile deve fare è indirizzare quei sacrifici verso il ristabilimento dell’ordine internazionale e della pace. Ma senza una reazione ferma davanti alla violenza e al sopruso, senza sanzioni che incidano nella carne viva dell’economia russa, senza una presa di posizione inflessibile nei confronti dell’aggressore, tutto questo certamente non potrà avvenire.
Ivan Scalfarotto, sottosegretario all’Interno deputato di Italia viva
La Nato non è clinicamente morta. Ma tra il non essere morti e l’essere vivi c’è una zona grigia enorme dentro cui si trovano i paesi che armano gli eserciti sapendo di non poter combattere.