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Le parole di Liliana Segre contro i finti “Partigiani della pace”
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Per sostenere che la strage di Bucha è una montatura le autorità russe hanno seguito punto per punto la ricostruzione elaborata ed esposta da Toni Capuozzo. Chi sarà stato a dare la linea?
Giuliano Cazzola
Al direttore - Il mio invito è rivolto a chi si oppone all’invio di armi agli ucraini aggrediti e ai censori dell’aumento delle spese militari secondo gli impegni assunti dai nostri governi in sede Nato. Invito a riflettere sulle parole di un maestro della filosofia della pace, Norberto Bobbio. Dinanzi alla crisi aperta dalla occupazione del Kuwait nel 1990 da parte di Saddam Hussein, Bobbio scriverà: “Rimango convinto che non si possa e non si debba lasciare impunita una aggressione a uno stato sovrano […] quando esiste una violazione del diritto internazionale e se la violazione è avvenuta con la forza è legittimo usare la forza […] Un punto deve restare ben fermo: rinunciare alla forza in certi casi non significa mettere la forza fuori gioco ma unicamente favorire la forza del prepotente”. Si aprì, pronunciando queste parole, un periodo difficile per Bobbio, di incomprensione anche da parte di suoi ex allievi. Difficoltà che egli affrontò con la tradizionale limpidezza nella esposizione del suo pensiero. Leggo infine che qualcuno considera i “Partigiani della pace” quasi una esperienza modello per il pacifismo odierno. Andrebbe ricordato che quel movimento sorse nei primi anni della Guerra fredda, quando il ricordo delle sofferenze della Seconda guerra mondiale era ancora presente nella memoria della gente. L’Urss non aveva ancora l’arma nucleare ma Varsavia, Praga e Budapest finivano sotto chiave dove sarebbero rimaste quarant’anni. Fu Norberto Bobbio, ricorda Paolo Spriano, a sostenere che non era credibile che un movimento quale quello dei “Partigiani della pace”, che si offriva a fare da paciere tra i due contendenti Stalin e Truman, dichiarasse però che l’uno aveva torto, e l’altro ragione. La contraddizione che rilevava Bobbio si sciolse qualche anno dopo, appena l’Urss si dotò dell’atomica e della bomba all’idrogeno nel 1953. Declinarono e poi scomparvero i “Partigiani della pace” e di firme contro l’arma nucleare si ritenne non fosse più il caso di parlare.
Umberto Ranieri
Di fronte a una notizia formidabile come quella registrata ieri, con le due prime ministre di Finlandia e Svezia, Sanna Marin e Magdalena Andersson, che hanno confermato in una conferenza congiunta che i propri governi stanno discutendo e valutando di entrare nella Nato, i finti “Partigiani della pace” avranno probabilmente reagito nello stesso modo cialtrone con cui hanno reagito finora dinanzi a ogni aiuto militare inviato all’Ucraina: basta provocare la Russia. Ecco. Forse i finti “Partigiani della pace”, piuttosto che nascondere la propria scelta di campo dietro a una bandiera con sette colori, dovrebbero avere la pazienza di ascoltare chi di tragedie se ne intende, come Liliana Segre. “La capacità di indignarci davanti alle violenze, alle tragedie, alle aggressioni contro donne, bambini e anziani e giovani uomini in divisa – ha detto ieri la senatrice a vita – è la cifra della nostra umanità. Dobbiamo proteggere la nostra umanità, conservando la capacità di indignarci davanti ai soprusi e sapendo che non dobbiamo, non possiamo restare indifferenti. Alla stazione ferroviaria di Milano – ha aggiunto – c’è uno spazio dedicato alla memoria: è il binario 21 dal quale nel 1943 partivano i treni per i campi di concentramento. In questo luogo, che custodisce ricordi di dolore e sofferenza, campeggia una parola che oggi dobbiamo riproporre e temere: indifferenza”. Perfetto.