Il Pd ha una sola strada: separarsi dal M5s. Lettere dal Senato
Chi ha scritto al direttore
Al direttore - Se Papa Francesco va a Kyiv, prometto di diventare un ateo devoto.
Michele Magno
Al direttore - Caro Cerasa, come si sa, io fui uno dei pochissimi dirigenti del Pd che non hanno mai considerato Giuseppe Conte “un punto di riferimento fortissimo dei progressisti”, pur avendo dato il via libera nel 2019 al suo secondo governo e aver dato una valutazione tutto sommato positiva del suo esecutivo di allora. Sono ancora convinto che aver evitato le elezioni e la sicura vittoria di Salvini sia motivo di orgoglio per il centrosinistra. Premetto questo per ricordare che io non avevo e non ho particolari pregiudizi contro una eventuale alleanza con i 5 stelle. Ho sempre detto e continuo a dire che le alleanze si fanno sulla base della condivisione dei programmi, come avviene spesso alle amministrative. E il nodo è proprio questo: ho seguìto l’insediamento, peraltro travagliato, di Conte alla guida del M5s con crescente preoccupazione. Le sue uscite negli ultimi mesi, se vogliamo essere netti e sinceri, si avvicinano sempre più pericolosamente a quel punto di non ritorno, che lei ha evocato chiaramente nel suo bell’editoriale. Il rapporto ondivago con il governo Draghi, che sembra seguire la traccia di una vecchia canzone di Lucio Battisti, “vorrei, non vorrei, ma se vuoi”, il tentativo “anomalo” durante l’elezione del capo dello stato, che ha dimostrato una scarsa attenzione istituzionale (come si fa a immaginare una brava dirigente dei servizi al Quirinale?), e il riemergere dell’antico rapporto con il leader della Lega, sono state le prime avvisaglie. Alle quali sono seguite le fibrillazioni internazionali, che lei ha ripercorso correttamente. L’Ucraina, Putin, le spese militari, la Nato, persino la Francia. Con un paradosso di fondo: il gruppo che esprime proprio il ministro degli Esteri, che su tutte queste vicende ha dimostrato grande coerenza, non dovrebbe, non potrebbe alimentare ambiguità. Arriviamo però al punto: la valutazione del Pd con i 5 stelle deve essere seria e approfondita, però l’asticella deve essere piazzata a una certa altezza. Sono impossibili alleanze con chi non è europeista e non è atlantista. In Francia si sta dalla parte di Macron senza ambiguità. Quanto alla legge elettorale, bisogna fare di tutto per cambiarla in senso proporzionale, ma anche in questo caso mi ripeto, lo dico da due anni.
Andrea Marcucci, senatore del Pd
Al direttore - Caro Cerasa, ho letto il suo fondo e riconosco, e non è la prima volta, che non si sarebbe potuto dire con maggiore efficacia: Conte, da punto di riferimento a punto di smarrimento. La definizione di Zingaretti (e Bettini), per la quale l’allora premier rappresentava il “punto di riferimento fortissimo di tutte le forze progressiste” si è rivelata sbagliata, controproducente e poco in sintonia con la vocazione del Partito democratico. L’impostazione iniziale di Letta è stata in continuità con il passato, e forse non poteva essere altrimenti: il M5s di Conte è rimasto l’alleato preferenziale nonostante le evidenti divergenze politiche e di visione. Il campo largo così inteso ha sofferto di strabismo: accordo a tutti i costi con l’alleato preferenziale, e minore attenzione al dialogo con le forze di centro. I nodi, prima o poi, vengono al pettine. Nei momenti cruciali di questi ultimi mesi – dall’elezione del presidente della Repubblica, alla vicenda Ucraina, e ora persino all’inaccettabile sostanziale equidistanza tra Macron e Le Pen – sono emerse differenziazioni e ambiguità difficilmente conciliabili con il Dna di un campo democratico, europeista, riformista. Sulla politica estera, ancor più in tempo di guerra, non possono esserci esitazioni, distinguo o tentennamenti. Poiché non ritengo che Conte sia un ingenuo e uno sprovveduto, e che dunque non sapesse che la non risposta sulle elezioni francesi sarebbe stata giudicata grave, inizio a pensare che a breve sarà il Pd a dover prendere atto che il primo a non credere più nella alleanza è proprio il leader dei Cinque stelle. Certo, come Tu stesso scrivi, è assolutamente apprezzabile il lavoro coerente e determinato del ministro Di Maio: vedremo quale sarà l’evoluzione di un dualismo sempre più evidente. In mancanza di una iniziativa strategica forte, il rischio è che l’alleanza per le politiche non si formi per convinzione, ma per pura convenienza tecnica numerica, e per risulta, anziché per comune visione. I tempi sono importanti, come cantava Guccini: “Bisogna saper scegliere il tempo, non arrivarci per contrarietà”.
Salvatore Margiotta, senatore del Pd
Al Battisti di Marcucci (wow) e al Guccini di Margiotta (wow) non si può che rispondere politicamente con un perfetto Vasco: “Voglio trovare un senso a questa storia / Anche se questa storia un senso non ce l’ha / Voglio trovare un senso a questa voglia / Anche se questa voglia un senso non ce l’ha”. In altre parole: per dare un senso a questa storia, che un senso ce l’ha avuto e che oggi non ce l’ha, occorre cambiare spartito e andare alle elezioni politiche separandosi dal M5s.
Al direttore - Avevamo salutato come un importante atto di autonomia l’intervento di pochi giorni fa, alla Duma, della governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, ma giovedì scorso, in correlazione con la riconferma nella carica per un altro quinquennio, la governatrice ha cambiato registro, ha nettamente escluso un “default” del paese, insomma è apparsa, come scrive il Foglio, ottimista. Sarebbe eccessivo ritenere che, poiché Putin, subito dopo le preoccupazioni manifestate dalla Nabiullina, aveva tenuto un discorso nettamente contrario, sia ora intervenuta questa resipiscenza o si sia optato per l’allineamento. Tuttavia il mutamento improvviso di posizione testimonia come non sia facile mantenere l’autonomia intellettuale e istituzionale, propria e di una Banca centrale, in un regime autocratico. Devono concorrere, invece, l’ordinamento, il contesto politico-istituzionale, l’autonomia intellettuale di chi è alla testa di una Banca centrale e la forza culturale, progettuale e propositiva dell’Istituto stesso. Non è, certo, questo il caso più negativo che si osserva, ovviamente, mentre infuria la guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina e si consumano orrori e stragi da parte delle truppe russe. Ma, proprio di fronte a questo scempio che cancella ogni umanità, ci si potrebbe attendere da parte di chi ha un alto livello culturale, ha conosciuto le democrazie occidentali e ha per di più manifestato, in un primo momento, la volontà di non essere riconfermata nella carica, come nel caso della Nabiullina, un comportamento a schiena dritta che suoni pure come netta riprovazione di quanto sta avvenendo agli ordini di Putin.
Angelo De Mattia