Meglio Zelensky di Orsini nei talk. Il centrodestra ascolti i balneari
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Quando Emmanuel Macron ha affermato che non si deve essere revanscisti né umiliare la Russia mi ha ricordato una delle gag del grande Totò, quando raccontava a un amico – in un crescendo di risate – di essere stato preso a sonori ceffoni da un energumeno che lo chiamava Pasquale. All’amico, stupito, che gli domandava che cosa ci fosse mai da ridere tanto, Totò rispondeva che lui non si chiamava Pasquale e che l’energumeno aveva sbagliato persona.
Giuliano Cazzola
Trovo straordinario che giovedì Bruno Vespa – che piuttosto che inseguire Orsini ha inseguito Zelensky e la differenza si vede – sia stato costretto a chiedere al presidente ucraino cosa pensasse di una polemica nata da una cosa che Zelensky non ha mai detto (la disponibilità a cedere la Crimea a Putin) e di un’altra polemica nata da una cosa che il capo della Nato non aveva detto (no alla cessione della Crimea a Putin) spacciata come risposta a una cosa che Zelensky non aveva detto (essere pronto a cedere la Crimea). Una delizia.
Al direttore - Vorrei dire a Conte che è inutile si agiti. Ho deciso da tempo di non votarlo.
Valter Vecellio
Il centrosinistra ha un bisogno immenso di infilare il populismo nel termovalorizzatore e possibilmente senza ricorrere all’economia circolare.
Al direttore - Il Foglio ha criticato, a proposito della legge sulla concorrenza, le posizioni oltranziste, che non possono essere messe in dubbio, di una parte minoritaria dei “balneari”. Naturalmente, questa critica va bilanciata con un’altra, altrettanto netta per il governo che su questo, come su altri progetti di riforme che avrebbero dovuto avere un carattere straordinario se non rivoluzionario, ha dimostrato una scarsa tenuta, frutto pure di un’inadeguata previsione del modo in cui si sarebbero sviluppati i rapporti nella maggioranza. A tal proposito, si mettano a raffronto i contenuti del discorso di insediamento tenuto dal premier Mario Draghi alle Camere, per quel che riguarda le riforme e i contenuti dello stato di avanzamento di questi progetti, non solo per la concorrenza ma anche, per esempio, per il fisco, la cui riforma avrebbe dovuto essere del livello di quella Visentini/Cosciani degli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, tuttavia impareggiabile per organicità e ampiezza. Vi sarebbe, però, sempre il tempo per recuperare. Ma è realistico anche solo pensarlo, senza mettere in discussione la stabilità dell’esecutivo? Allora siamo in presenza di un governo divenuto “in itinere” simile a tanti altri, a dispetto di un suo presunto carattere salvifico?
Angelo De Mattia
Una legge sulla concorrenza è sempre meglio averla che non averla anche se, pur essendoci misure importanti, dai servizi pubblici locali al trasporto pubblico, fino ai taxi, la verità è che sono tutte misure inserite in una delega e tenendo conto dei tempi della legislatura si farà fatica ad attuarle entro la fine dell’anno come da contratto con l’Ue. Per il resto, il centrodestra farebbe bene ad ascoltare i balneari: la Terza sezione penale della Cassazione ha stabilito che la proroga straordinaria al 2023 delle concessioni balneari vale solo per le concessioni rinnovate dopo il 2009 e per tutte le concessioni precedenti il rischio concreto è che, senza una legge, accada quello che ieri il Foglio ha raccontato con Valerio Valentini: sequestro degli stabilimenti, con i balneari accusati di occupazione abusiva.
Al direttore - Nel suo assorbente principio imprenditoriale è da supporre che Urbano Cairo abbia misurato quanto “la gente che sa distinguere” abbia voglia di perdere il suo tempo ad assistere a programmi che ospitano macchiette, terrapiattisti e mandatari di oligarchi. Il conto deve essere ancora a favore di coloro che non silenziano il baraccone con il semplice uso del telecomando. A Salvatore Merlo e al Foglio un sentito grazie.
Giantomaso Giordani
Al direttore - Leggo sul Foglio le dichiarazioni di Cairo sui filoputinisti in tv e mi accorgo che sono completamente sovrapponibili a quelle rilasciate sempre sul Foglio mesi fa da Confalonieri sui No vax nei talk di Rete 4. Ora che anche nella Rai per il Copasir risultano degli “infiltrati” propagandisti a libro paga, per noi, poveri, ma non indispensabili spettatori (non è che bisogna farsi del male e perdere tempo prezioso per forza) ci sarà mai in mezzo a queste potenze mediatiche uno stato “neutrale”? Forse bisognerebbe leggere di più?
Carlo Candiani
Bisognerebbe parlare di meno dei talk che diffondono propaganda, nascondendo la propria scelta di dare voce alle fake news dietro al dovere del pluralismo, come no, e bisognerebbe parlare di più dei talk che si sforzano di combattere la propaganda. Ce ne sono molti: li racconteremo.
Al direttore - Sono scandalizzato che la Finlandia voglia entrare nella Nato senza pensare alla contrarietà della filosofa italiana Di Cesare e facendo piangere il professore (associato) Orsini. Ma chi si credono di essere i finlandesi?
Alberto Savoini
Per fortuna, a nome loro, ieri ha parlato Erdogan. Si scherza. Un po’.
Al direttore - Leggo con interesse il dibattito sulla semplificazione degli appalti pubblici e voglio ringraziare il direttore Claudio Cerasa per aver posto il tema. Mi permetto di aggiungere un ulteriore elemento: i tempi certi. Il grido di dolore dei sindaci che chiedono una semplificazione delle procedure si affianca a quello dei cittadini e delle imprese e risale a ben prima di quella incredibile spada di Damocle che è il Pnrr. Come sindaci è da (almeno) il 2018 che in tutte le sedi e a tutti i rappresentanti dei governi che si sono succeduti chiediamo interventi urgenti ed efficaci, appellandoci persino al presidente della Repubblica affinché gli appalti pubblici – che significano interventi per la comunità e lavoro – abbiano tempi ragionevoli. Il pericolo che un paese già arenato si impantanasse del tutto nella burocrazia era alto già prima della pandemia. E se da un lato oggi le risorse europee sono un’occasione unica di rilancio dei nostri territori e del nostro paese, è fuori di dubbio che offrire un’importante somma di denaro da rendicontare entro il 2026 sia di fatto un ossimoro. Se non riusciremo a impiegare presto e bene queste risorse dovremo renderne conto non solo all’Europa, ma ai nostri figli e nipoti. Le semplificazioni previste dal decreto Draghi sono un passo avanti, ma non sufficiente a mio parere. Manca un elemento fondamentale per la sanità mentale di chi fa un appalto pubblico: il silenzio assenso. Serve l’autorizzazione di una sovrintendenza? Bene, poiché in Italia è prevista non solo per un intervento in Piazza Navona, ma pressoché per gran parte dei cantieri nella quasi totalità dei nostri territori, si ponga un adeguato limite temporale scaduto il quale valga il silenzio assenso. E lo stesso vale per il genio civile o qualsiasi altro ente. Perché altrimenti moriremo di carte e soprattutto di attese. Inoltre, sarebbe utile cogliere l’occasione del Pnrr e delle semplificazioni – se pur timide – che hanno portato per estendere provvedimenti importanti come l’indennizzo economico senza subentro in caso di ricorso da parte di imprese escluse dagli appalti anche fuori dai progetti Pnrr. Là dove c’è dolo è bene che si appurino le responsabilità, ma le amministrazioni pubbliche non nascono per delinquere. Numerosi sono i cantieri delle nostre città rimasti bloccati mesi o anni per ricorsi su ricorsi, oppure per l’attesa di un documento da uno o più enti. Dare tempi certi non permetterà di pigiare sull’acceleratore, ma quantomeno di togliere il freno a mano a un paese che cerca di ripartire. Ci auguriamo tutti che non sia troppo tardi.
Matteo Biffoni
sindaco di Prato
presidente Anci Toscana
Al direttore - Negli ultimi tempi sono apparsi sulla stampa alcuni interventi relativi al tema dei commissariamenti degli enti locali per infiltrazioni delle mafie. Il Sinpref, associazione maggiormente rappresentativa della carriera prefettizia, non può che accogliere con favore l’apertura di un dibattito pubblico sul tema. Tuttavia, proprio la delicatezza della questione merita trattazioni quanto più possibile accurate e scevre da affermazioni generiche, oltre che sovente prive di riscontri e dati probanti. Senza voler escludere che possano esistere situazioni particolari, non crediamo infatti sia corretto affermare che i commissari prefettizi godano di scarsa popolarità nella collettività: non di rado, infatti, la considerazione del lavoro da essi svolto è tale da portare alla concessione di pubblici riconoscimenti e in alcuni casi, addirittura, ad auspicarne la permanenza. Allo stesso tempo, l’affermazione per cui spesso i commissari prefettizi sono inadeguati ad affrontare la sfida che gli viene posta ci sembra quantomeno ingenerosa, se non del tutto priva di riferimenti concreti. Chi arriva ad amministrare un comune sciolto per mafia incontra mille difficoltà, siano esse di natura economica o ambientale, non di rado subendo anche minacce e pesanti intimidazioni; peraltro, a fronte di una decisa “controinformazione” messa in campo da chi tende a delegittimarne il ruolo, risulta difficile far percepire il gran lavoro svolto per far tornare l’ente ad agire nella legalità, assicurandone la sostenibilità economica e al contempo continuando a garantire i servizi essenziali ai cittadini, senza tener conto delle responsabilità che ciò comporta. Per questo crediamo sia doveroso rimarcare il duro lavoro di tanti colleghi che, ogni giorno, senza grandi proclami, mettono tutto il proprio impegno e la propria professionalità al servizio della collettività. Certo è che molto più efficace diverrebbe l’operato della commissione straordinaria laddove, sin dal suo insediamento, potesse disporre di quel personale aggiuntivo che le norme consentono di individuare presso altre amministrazioni così da permettere che la “squadra dello stato” scenda in campo tutta insieme, compatta, con lo scopo di ripristinare la legalità nel più breve tempo possibile. Quel che accade oggi è invece che per ottenere tale personale si attendono mediamente sei mesi, che su un periodo massimo di due anni pesano come un macigno! Ecco che interventi legislativi che forniscano strumenti più adeguati ai commissari appaiono indispensabili, come evidenziato in occasione delle audizioni svolte come sindacato sul tema delle prospettive di riforma delle disposizioni sulle gestioni commissariali presso la commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati. Crediamo dunque sia giunto il momento di navigare davvero tutti nella stessa direzione, rammentando che le mafie non aspettano, non cercano facili capri espiatori e non passano il tempo a criticarsi sui giornali: rubano, ammazzano, inquinano e distruggono. Aggrediscono la pacifica convivenza tra gli individui nella società, minano le basi dello stato di diritto, tentano di stabilire la legge del più forte, del più sanguinario. Alla fine, coeso nelle sue diverse articolazioni, lo stato vincerà, ancor più a fronte dell’assunzione delle iniziative necessarie per fornire strumenti efficaci in questa grande sfida.
Antonio Giannelli
presidente Associazione sindacale dei funzionari prefettizi
(Sinpref)
Al direttore - “Sull’invio delle armi in Ucraina ripeto quello che ho detto dall’inizio: c’è un diritto alla difesa armata in caso di aggressione, questo lo afferma anche il catechismo, a determinate condizioni. Soprattutto quella della proporzionalità, poi il fatto che la risposta non produca maggiori danni di quelli dell’aggressione. In questo contesto si parla di ‘guerra giusta’”. Il problema dell’invio di armi si colloca all’interno di questo quadro. Capisco che nel concreto sia più difficile determinarlo, però bisogna avere alcuni parametri chiari per affrontarlo nella maniera più giusta e moderata possibile” (dichiarazione rilasciata ieri dal cardinale Pietro Parolin, Segretario di stato della Santa Sede).
Michele Magno
Proprietario di una casa: metto l’allarme perché ci sono troppi ladri in giro. Il ladro: questa è una provocazione, pronti a un’azione dimostrativa per andare a rubare di più. Se ne parla nei talk-show: il ladro è stato provocato sì o no? Parlano gli esperti, in diretta da Marte.