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Conte e Salvini, nostalgici di un passato a tinte gialloverdi
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Mi capita di frequentare i talk-show sulla guerra in Ucraina quasi sempre in condizioni di minoranza rispetto alla quinta colonna putiniana. Secondo lei non rischio un’imputazione per concorso esterno in organizzazione criminale?
Giuliano Cazzola
Resistere, resistere, resistere.
Al direttore - In una delle rubrichette dei giorni scorsi abbiamo dato Alessandro Di Battista come partecipante all’iniziativa “Pace proibita” sull’invasione russa dell’Ucraina, promossa da Michele Santoro. Ci ha telefonato con un tono molto simile a quello di un vero capo per comunicarci che avevamo scritto il falso. Gli diamo quindi atto volentieri di non aver partecipato all’iniziativa di Santoro e gli chiediamo scusa. Quanto al suo tono, abbiamo altrettanto volentieri ricordato a un viaggiatore del suo calibro come il viaggiare molto sappia aprire la testa anche dei veri leader. Quando non la squarta.
Andrea Marcenaro
Al direttore - Tra le ricadute di politica interna della guerra mi sembra si possa dire, e l’informativa al Parlamento con i suoi seguiti lo conferma, che Draghi è tornato al decisionismo della prima ora. Se vogliamo, che è tornato tout court. Come emerge spesso dalle corrispondenze del Foglio, ancora una volta Draghi si muove nel cortile di casa facendo sponda col teatro internazionale esterno dove cresce il suo ruolo di ponte tra l’Europa e gli Stati Uniti. Ancora una volta il premier, come ai tempi della Bce, della Banca d’Italia e del Tesoro deve fare i conti col problema dell’italianità. Ma mentre un anno fa il decisionismo di Draghi era trascinante, oggi registra la frattura preoccupante tra l’italianità e gli “international constraint” del paese.
Marco Cecchini
La farei più semplice. Due leader (Salvini e Conte) hanno fatto di tutto per non mandare Draghi al Quirinale. Lo hanno fatto non per evitare di perdere Draghi a Palazzo Chigi (come dicevano), ma per avere più margine di manovra, per rendergli la vita impossibile. Motivo: non farsi commissariare. Obiettivo: provare a contare qualcosa. Orizzonte: festeggiare insieme il 2 febbraio. Ovvero il giorno della marmotta. Ovvero il giorno dell’eterno ritorno dell’uguale. Dove per ritorno dell’uguale si intende la nostalgia di un passato tinto con i colori giallo e verde.
Al direttore - Come lei ha sottolineato, è una Europa felix quella in cui tante donne hanno elevate responsabilità istituzionali o governano in prima persona. Tuttavia, non si tratta di una novità assoluta nella storia del Vecchio continente. Infatti, anche il Cinquecento vide un fenomeno analogo. Per fare qualche nome, Maria Tudor e poi sua sorella Elisabetta salgono sul trono d’Inghilterra. Maria Stuarda cinge la corona di Scozia. Margherita d’Austria guida i Paesi Bassi in rivolta contro la dominazione spagnola. Jeanne d’Albret, regina di Navarra, è una fiera paladina della causa protestante. Caterina de’ Medici regge la monarchia francese durante ben otto guerre di religione. Allora a questo “Rinascimento al femminile” non corrispose un miglioramento giuridico della condizione delle donne. Dimostrò che alcune nobili signore avevano saputo fare valere il proprio lignaggio, la propria intelligenza e, talvolta, la propria bellezza, a dispetto della cultura misogina dell’epoca. Ma, per quanto spettacolari, i loro successi non scalfirono il monopolio maschile del potere. Cinque secoli dopo, nonostante gli straordinari progressi realizzati nel campo dei diritti di genere, il cammino resta ancora lungo – soprattutto in Italia – prima che l’altra metà del cielo occupi il posto che le spetta nella società e nella politica. Per molte note ragioni, e malgrado le benemerite quote rosa. Timothy Leary, che prima di diventare negli anni Sessanta il profeta della “rivoluzione psichedelica” in America era uno stimato professore di Psicologia a Harvard, diceva che le donne che cercano la parità con gli uomini mancano di ambizione. E’ una battuta irriverente e provocatoria, che può divertire o indignare. Mette comunque in discussione la verità apparente di un luogo comune. E’ quindi un invito a osare di più, ad avere più coraggio, ad alzare l’asticella delle proprie aspirazioni. Se non ora, quando?
Michele Magno