Come tutelare il pluralismo e contrastare la disinformazione nei talk show
Esistono misure di prevenzione o correzione quali il fact-checking, la contestualizzazione, il contraddittorio, che le televisioni possono adottare per evitare la propagazione di informazioni false. Ci scrive la commissaria AgCom Elisa Giomi
Al direttore - Le modalità di partecipazione di giornalisti ed esponenti del governo russo ai talk-show italiani chiamano in causa il ruolo dell’AgCom, da sempre tenuta alla tutela del pluralismo informativo e, con il recente Testo unico di servizi di media audiovisvi, oggi anche al contrasto della disinformazione. Tutelare il pluralismo significa in primo luogo garantire la varietà delle opinioni, mentre contrastare la disinformazione implica, tra le altre cose, vigilare sulla correttezza del modo in cui le opinioni sono rappresentate. Ancora più a monte, è importante tenere presente che la disinformazione può assumere varie forme. Alcune opinioni oltre a essere “di parte” – lo sono sempre, tutte – risultano incomplete, lacunose, “false”, vuoi perché artefatte vuoi perché non rispondenti al vero, ma può valere comunque la pena di rappresentarle proprio allo scopo di renderne evidente la natura agli occhi del pubblico. Secondo la classificazione dell’European Democracy Action Plan, esistono però contenuti non solo falsi, ma diffusi con intento fraudolento nell’ambito di operazioni coordinate, volte a influenzare il pubblico con mezzi ingannevoli o persino a esercitare ingerenza nello spazio informativo di una nazione da parte di un soggetto straniero. Proprio l’ingerenza messa in atto da attori statuali, che secondo il Copasir si sarebbe intensificata nel contesto del conflitto in corso, ha costituito l’oggetto delle audizioni del comitato.
In quella del presidente dell’AgCom, Giacomo Lasorella, è emersa la possibilità che l’Autorità adotti atti di indirizzo per contrastare il formarsi di fenomeni di disinformazione. Sostengo con forza iniziative simili che ritengo potrebbero avere a oggetto anche l’adozione da parte delle emittenti di misure di prevenzione o correzione quali il fact-checking, la contestualizzazione, il contraddittorio. Ma quando l’informazione e la sua correttezza non sono adeguatamente garantite, l’AgCom a mio parere può e deve utilizzare strumenti più incisivi – a cominciare da ordini e diffide – e ciò indipendentemente dal fatto che si tratti di episodi isolati o piuttosto di violazioni che rientrano in un più ampio progetto teso a minare la sicurezza nazionale. In passato è accaduto. Circa due anni fa l’AgCom ha adottato una significativa sanzione nei confronti della Rai per non avere garantito il rispetto dei princìpi di imparzialità, indipendenza, pluralismo e correttezza dell’informazione. Certo, gli obblighi a carico del servizio pubblico radiotelevisivo sono maggiori, ma ciò non significa che l’emittenza commerciale possa violare i princìpi in materia. Al contrario, la legge considera i programmi di informazione delle emittenti radiofoniche e televisive, quindi anche di quelle private, come “servizi di interesse generale”. Un interesse che potrebbe essere minacciato da tentativi di alterazione del dibattito pubblico, e che deve essere difeso facendo ciascuno la propria parte.
Elisa Giomi, commissaria AgCom
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