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Lettere

Delegittimare le guerre difensive rende più solo chi è aggredito

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Referendum sulla giustizia: nella cabina elettorale Dio ti vede, Davigo no.
Giuliano Cazzola

I quesiti sono giusti, lo sono tutti e cinque, ma in un referendum garantista promosso da impostori del garantismo non avere certezze, caro Cazzola, più che un diritto è un dovere. 


 

Al direttore - “Vim vi repellere licet” (è lecito respingere la violenza con la violenza) è un principio presente già nel “Digesto” di Giustiniano (533). E’ accettato da ogni ordinamento giuridico e da ogni dottrina morale, tranne dalle dottrine della nonviolenza. Con una sua interpretazione perfino estensiva, è stato accolto  anche dal Catechismo della Chiesa cattolica, voluto nel 1992 da Giovanni Paolo II proprio come espressione del magistero conciliare: “La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l’ingiusto aggressore in stato di non nuocere” (n. 2.265). Non basta. Più avanti, il Catechismo recita: “Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente: che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo; che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci; che ci siano fondate condizioni di successo; che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione. Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della “guerra giusta”. La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune” (n. 2.309). Se dico una castroneria Papa Bergoglio mi perdoni, ma ho l’impressione che il diritto alla legittima difesa del popolo ucraino non abbia trovato fin qui, nei suoi pur doverosi appelli alla pace, il sostegno che meritava.
Michele Magno

Nel vocabolario del Papa, la guerra giusta non esiste più e proprio qualche mese fa, a invasione calda dell’Ucraina, Francesco ha scelto di ricordarlo con tono solenne: “Non esistono le guerre giuste, non esistono”. Il problema è che un mondo che decide di considerare sbagliate tutte le guerre finisce per considerare sbagliate anche le guerre difensive. E considerare non legittime anche le guerre difensive significa contribuire a far sentire i paesi invasi un po’ meno protetti, un po’ più vulnerabili, un po’ più abbandonati. Diceva sant’Agostino: “Non credere che non possa piacere a Dio nessuno il quale faccia il soldato tra le armi destinate alla guerra”. Chiaro no?



Al direttore - La Bce ha sbagliato, e non lievemente,  per lungo tempo nel ritenere transitorio l’aumento dell’inflazione e quasi nessuno ha mosso rilievi al riguardo, pur essendovi materia per farlo e per non ritenere la Bce immune da critiche. Ora, considerare invece una responsabilità (grave) della Banca centrale l’impatto che l’avvio della normalizzazione della politica monetaria ha avuto sui mercati e sugli spread, dopo le decisioni del direttivo del 9 giugno, appare chiaramente eccessivo. Si dimentica il vincolo del mandato, conferito all’Istituto,  del mantenimento della stabilità dei prezzi (con il target del 2 per cento simmetrico in una prospettiva di medio termine, mentre l’inflazione stimata per l’anno è al 6,8 per cento), così come si trascura che solo questa è la sua missione voluta dal Trattato Ue e  che sullo stesso piano non si colloca il sostegno all’economia e all’occupazione (come per la Fed). Si dimentica altresì che le decisioni assunte erano da tempo puntualmente previste. Piuttosto, sarebbe importante discutere di quali misure collaterali la Bce potrebbe arricchire la propria panoplia e, soprattutto, delle conseguenze per la politica economica e di finanza pubblica per l’area e per i singoli paesi, in particolare per l’Italia, con riferimento al debito, alla crescita, alla produttività, al lavoro. Il raccordo tra politica monetaria e politiche economiche è fondamentale, soprattutto in questa fase, mentre aumentano le incertezze indotte dalla guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina che si caratterizza sempre più per atti di barbarie e orrore.
Angelo De Mattia

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