(Foto di Ansa) 

Il teorema del presidente dell'Anm e qualche domanda di Caiazza

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia sostiene che “nelle competizioni referendarie chi non va a votare esprime un convincimento, ossia di dissentire radicalmente dal quesito”. In generale sono portato a diffidare dei magistrati. Quando poi si esprimono come Santalucia la diffidenza si trasforma in radicale paura. Sì: magistrati che considerano l’indifferenza un radicale dissenso mi fanno paura per come possono essere capaci di “piegare” forma e sostanza delle leggi.

Valter Vecellio

  

Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia offre purtroppo una fotografia chiara di un male profondo che colpisce un pezzo importante della magistratura italiana: l’incapacità cronica di saper distinguere tra ciò che costituisce una prova e ciò che costituisce un sospetto. 


 

Al direttore - Una mia intervista al Corsera, nella quale provavo ad approfondire le ragioni di questo disastro referendario, oltre quella – indubitabile – della vergognosa cortina di silenzio che lo ha accompagnato, ha scatenato risentite reazioni del segretario del Partito radicale Maurizio Turco sul Foglio.it.  Lascio perdere le pagelle da asilo Mariuccia sui presidenti degni (quorum non ego) dell’Ucpi. L’unico giudizio che mi interessa è quello dei penalisti italiani, che hanno sempre approvato all’unanimità tutte le prese di posizione su questi referendum proposte da me e dalla mia giunta in questi anni. E rido con gusto di un tizio, non ricordo il nome, che ha addirittura proposto di “bannarmi” dalla storia radicale. Cosa ho detto dunque di così osceno? Ho ribadito quello che dicemmo dal primo giorno. Chiedemmo subito dove fosse nata questa iniziativa politica, all’esito di quale dibattito pubblico. Chi avesse deciso questo appalto della scelta dei quesiti, e della loro scrittura, in esclusiva a un solo partito. Discutendo tra chi e chi, e dove e quando, si è deciso per esempio che, dovendo scegliere sei quesiti sulla giustizia, l’abrogazione (integrale!) della legge Severino costituisse una priorità? O che sulla custodia cautelare si dovesse intervenire in quel modo acrobatico? E ancora: a quale approfondito ragionamento tecnico e politico deve farsi risalire l’idea che, abolendo il limite minimo delle 25 firme (capirai!) per la candidatura al Csm, il paese avrebbe dato un potente segnale di riforma “epocale” della giustizia? Nessuno ci rispose allora, nessuno lo fa oggi. Non si tratta di curiosità morbose, tuttavia, quanto piuttosto di ragionare della qualità politica dell’iniziativa. Non è che se proponi un referendum, questo è perciò stesso un fatto di valore inestimabile. Puoi anche sbagliare la scelta dei quesiti, per esempio, o l’intera strategia politica; è vietato ragionarne? Ma poiché noi di Ucpi siamo persone responsabili, non ci siamo tirati indietro, nonostante quelle nostre forti perplessità. E ci siamo impegnati sia nella raccolta delle firme (dopo un incontro pubblico con il senatore Salvini), sia poi nella campagna elettorale, dove abbiamo messo la faccia sui media senza risparmio (forse più spesso di Calderoli), invitando a votare cinque Sì. Ma se tu lanci un’iniziativa targandola con un solo partito,  tradizionalmente poco incline a idee liberali  in tema di giustizia penale, senza spiegare perché; se raccogli le firme dei cittadini, anche grazie alle Camere penali italiane, e poi le butti nel cestino, di nuovo senza spiegare perché, perdendo denari e tribune per la campagna elettorale, come puoi pretendere che tutto ciò non debba entrare nel conto di un bilancio così disastroso? Leggo invece che si tratterebbe di un grande risultato, muovendo dal quale le “magnifiche sorti e progressive” del paese spiccheranno il volo. Fantastico, speriamo sia così. Noi, non si offenda nessuno, saremmo un po’ più cauti. Ma stiamo già rimboccandoci le maniche, questo è sicuro, cercando strade per rimediare; e le porte delle nostre sedi sono sempre aperte. 

Gian Domenico Caiazza

  

Viva Caiazza.

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