Mettere i bulloni dove servono non è un golpe, ma un servizio al paese

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La “smentita” delle notizie contenute nell’articolo sul Foglio di martedì riguardante l’ipotesi delle dimissioni anticipate del governatore della Banca d’Italia si caratterizza per il “dire e non dire”. Che la decisione non sia all’ordine del giorno significa tutto e niente. “Minus dixit quam voluit”. Per un grossolano, grave errore? Penso di no. Ho “vissuto” quaranta anni in Banca d’Italia e so bene, salvo pur possibili cambiamenti nel frattempo intervenuti, quante riflessioni e ponderazioni una comunicazione della specie richiede. A maggior ragione ora che la comunicazione diventa cruciale per le Banche centrali. Allora perché, estensivamente, interpretando l’espressione “ordine del giorno” come decisioni da affrontare in tempi ravvicinati, ancora non si sarebbe vicini a una eventuale determinazione in materia? Un chiarimento adeguatamente scritto è, dunque, necessario, sospendendo per ora il giudizio sull’operazione complessiva che con le ipotizzate dimissioni viene riferita dal Foglio. 
Angelo De Mattia

 

“Non all’ordine del giorno”, ha detto Bankitalia. “Decide lui”, ha detto Mario Draghi. Come smentite non c’è male. Per il resto, caro De Mattia, non mi sembra ci sia alcuno scandalo: mettere previdentemente i bulloni laddove servono mi sembra sia un buon servizio per il paese. Per i post trumpiani desiderosi di parlare di golpetti consigliamo la lettura della testimonianza al Congresso di Cassidy Hutchinson: avranno ottimo materiale su cui riflettere, a proposito del loro eroe.


 
Al direttore - Beppe Grillo ha detto che Luigi Di Maio è come Giuda. Forse non c’è accusa più infamante. Perché nel Medioevo è con il suo nome che vengono marchiati tutti i nemici della fede, gli ebrei, i maomettani e i saraceni. All’inizio del Trecento, a inchiodare Giuda nel ruolo di traditore per antonomasia è Dante. Nel XXXIV canto dell’Inferno viene collocato nella bocca centrale di Lucifero, accanto a Bruto e Cassio. Per il sommo poeta, i tre peggiori traditori della storia avevano frodato i loro benefattori, i loro mentori, i loro amici. Fino all’Undicesimo secolo, il tradimento era essenzialmente un atto di “infidelitas” del vassallo, di rottura del contratto feudale. Dalla metà del Duecento, si configura come un atto di lesa maestà contro il re, sanzionato con afflizioni terribili. Le nuove concezioni del tradimento emerse con la guerra dei Cent’anni (1339-1453), vengono riassunte dal giureconsulto transalpino Jean Boutillier nella sua “Somme rurale” (1390): è tradimento l’assassinio del proprio signore, mentre è lesa maestà qualunque “mancanza di riguardo” per il monarca. In realtà, questa distinzione era già presente nello Statuto promulgato nel 1351 dal re d’Inghilterra Edoardo III, che contemplava pene differenti per gli ecclesiastici (l’annegamento), per le donne (il rogo), per gli uomini (lo sventramento e, talvolta, l’evirazione). Insomma, se fosse vissuto allora, la fine del nostro ministro degli Esteri sarebbe stata atroce. Dubito, infatti, che l’Elevato gli avrebbe concesso la grazia.
Michele Magno

 

Movimento cinque sberle.


 

Al direttore - Leggo una notizia fenomenale.  Un consigliere regionale della Toscana del M5s,  Silvia Noferi, ha detto a proposito del possibile rigassificatore a Piombino che un’opera di tale genere “metterebbe a repentaglio la sicurezza di un’intera città e la trasformerebbe in un obiettivo sensibile in caso di attacco militare da parte della Russia. Se fosse sganciato un missile su quel porto con la nave rigassificatrice si creerebbe una devastazione di proporzioni epocali. Come non si faccia a considerare tutto questo lo trovo un enigma”. La trasformazione del M5s mi sembra perfettamente realizzata: i figli politici dei comici che diventano infinitamente più comici del loro capo comico.
Maura Rattoni

 

Oltre che la vera natura del grillismo, a Piombino ci sono altri elementi interessanti che emergono con forza dal dibattito sul rigassificatore. A Piombino, governa il centrodestra e il centrodestra di governo si è grillinamente schierato compatto contro il rigassificatore: not in my back yard. Indipendenza energetica sì, ma solo con il back yard degli altri, direbbe forse Stefano Ricucci.

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