Lettere
L'errore del Pd: l'alleanza con il M5s
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - And believe me.
Giuseppe De Filippi
It will be enough.
Al direttore - La manovra di Conte di scaricare sul governo Draghi la responsabilità del decadimento politico ed elettorale del Movimento 5 stelle appare un disperato e vano tentativo di recuperare consensi. Assistiamo alle convulsioni di un movimento che si va dissolvendo. Siamo alla caduta nel nulla del Movimento 5 stelle. Difficile che qualcosa risorga dalle macerie in cui si consuma il populismo grillino. Se le cose stanno così ne consegue una conclusione politica difficilmente eludibile. Una alleanza politico elettorale con i resti del grillismo in vista del voto del 2023 non avrebbe alcuna capacità espansiva né sarebbe in grado di persuadere gli italiani che su quelle basi politiche potrebbe nascere un governo all’altezza dei problemi. Prima o poi occorrerà chiedersi come sia stato possibile aver pensato di legare la sorte della sinistra e del Pd al carro di Grillo e di un Conte mosso da una parzialità fanatica verso il governo Draghi. Un errore che ha impedito al Pd di consolidare i caratteri politici ed elettorali di forza centrale della politica italiana. Se questa è la condizione del centrosinistra non pare che le cose stiano meglio sull’altro fronte. Una coalizione segnata da contrasti, rivalità e divisioni. La via maestra sarebbe la presa d’atto di uno stato di fatto: non è credibile affrontare il voto del 2023 con il vecchio bipolarismo. Nessuna delle due coalizioni sarebbe dotata di quel minimo di omogeneità politica per governare decentemente un paese che deve misurarsi con sfide di estrema complessità. Le ultime dichiarazioni del signore del Cremlino rendono indispensabile una linea di fermezza nel contrastare le ambizioni imperiali russe. Le ambiguità della Lega di Salvini (con alcune eccezioni) e dei grillini di Conte a dichiarare da che parte stare tra autocrazie e democrazia impedirebbero all’Italia di assolvere al proprio ruolo nel quadro dell’Alleanza atlantica e dell’Unione europea. Lo stesso accadrebbe per quanto riguarda le politiche per affrontare i problemi strutturali della nostra economia. Occorre un atto di chiarezza politica. Forse una legge elettorale alla tedesca con uno sbarramento al 5 per cento potrebbe essere la via per rompere la camicia di forza di uno schema bipolare non in grado di fornire decenti soluzioni di governo. C’è il tempo per farcela? C’è la volontà politica? Non sarà facile convincere il centrodestra. Così come è arduo decidere una soglia alta: per impedirlo i gruppetti che si proclamano di centro o di sinistra farebbero le barricate. Non è da escludere quindi che permanga l’attuale legge. Comprendo le ragioni della cautela con cui Enrico Letta affronta la questione. Avanzo tuttavia una possibile linea di condotta per il Pd se il tentativo di una nuova legge elettorale non andasse in porto o se la situazione politica precipitasse. Non impegnarsi nella ricerca di coalizioni fasulle, che stanno in piedi a stento e per puri motivi di interesse. Essere allo stesso tempo fortemente aperti a intessere convergenze con autentiche realtà civiche, con personalità e forze che si riconoscono nei valori sostenuti dai democratici. Una tale scelta consentirebbe di evitare per i collegi uninominali una spartizione di candidature con presunti e infidi “alleati”. Collegi nei quali andrebbero invece accolti con grande intelligenza e apertura figure coerenti con le battaglie politiche e civili sostenute in questi anni e con una forte cultura di governo. Mi rendo conto dei rischi che comporta una tale scelta ma qual è l’alternativa? Un accrocchio con quel che resta del grillismo? Dove condurrebbe? E che ne sarebbe del profilo di governo e delle ambizioni riformatrici del Pd? In realtà un Pd aperto alla società civile, al mondo del lavoro e dell’impresa, consapevole di aver servito e difeso il paese in questi anni difficili, potrebbe rivolgersi agli italiani senza il condizionamento di coalizioni che non si nutrono di progetti comuni e di stima personale e sottrarsi al ricatto di gruppi e gruppetti privi di reali rapporti con la società italiana ma solo alla ricerca di candidature e prebende. Un azzardo? Un disegno irrealistico? Staremo a vedere.
Umberto Ranieri
Comunque andranno le cose, sia se la crisi si andrà a ricomporre sia se si andrà alle elezioni, il Pd avrebbe il dovere di infilare l’alleanza con il M5s nell’inceneritore della politica. Se non ora, quando?
Al direttore - Il panorama disegnato e auspicato dal ministro Vittorio Colao nella lunga intervista apparsa lunedì sul Foglio descrive una società con più diritti, con più servizi, più efficiente: tutto grazie all’avanzare della digitalizzazione e al perfezionamento dei suoi algoritmi. Evviva il ministro (e il suo ottimismo) che cerca di fare al meglio il suo lavoro, a costo anche di convincerci che l’invasività della digitalizzazione è un bene di per sé. Ma temo che i più perfezionati algoritmi non possano surrogare una buona e sana amministrazione della cosa pubblica che è ben altra cosa, né stimolare un migliore senso civico collettivo e individuale disponibile a riconoscere e rispettare anche responsabilità e doveri. Un esempio: i migliori algoritmi magari potranno far intervenire con più tempestività i servizi di spegnimento degli incendi “romani” ma non certo far capire ai piromani la stupidità delittuosa dei loro comportamenti. Cordialità.
Giovanni Sandri
Governare gli algoritmi facendosi aiutare dagli algoritmi a governare. Una cosa non esclude l’altra, no?