Lettere
Senza M5s, la maggioranza sarebbe nelle mani di Salvini, non di Draghi
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Rimpiango quelle estati dove l’unico Cinque stelle di cui sentivi parlare era il cono Sammontana (Marco Noel, Twitter).
Michele Magno
Avvocati del populismo offronsi.
Al direttore - Caro Cerasa, il problema – quello vero – non è tanto Giuseppe Conte ma, per usare una metafora tennistica, quelli che gli hanno concesso la wild card.
Valerio Gironi
“Il Pd ha una sola parola ed esprime un solo nome come possibile guida di un nuovo governo di cambiamento. Quello di Giuseppe Conte”. (Gennaio 2021, Pd).
Al direttore - Il Cremlino si è associato ai cinghiali, ai gabbiani e ai topi di Roma nel compiacimento per la crisi del governo Draghi.
Giuliano Cazzola
Fossi nell’ambasciata russa, anticiperei qualche rublo ai leader del Movimento 5 stelle per farsi una passeggiata a Mosca sul tappeto rosso degli utili idioti del putinismo, già punti di riferimento fortissimi dei progressisti italiani.
Al direttore - Dice Matteo Renzi che serve un nuovo sforzo per evitare che l’esperienza di Draghi termini per colpa di Conte e dei grillini. Un governo senza M5s, come gli si può dar torto?
Luca Marroni
In teoria il ragionamento non fa una piega. Ma un governo senza M5s metterebbe la maggioranza di governo nelle mani di Salvini, non di Draghi. Renzi di solito ha fiuto in questi momenti, ma forse, con Salvini, abbiamo già dato, grazie.
Al direttore - Caro direttore, ho parlato ieri con Brunello Cucinelli, imprenditore che conosciamo tutti, e mi ha offerto un piccolo virgolettato utile in una giornata come quella di oggi. Eccolo qui. “Il premier Draghi deve restare, e traghettare questo paese alle elezioni del 2023. Mi auguro che lo faccia: dobbiamo far fronte a un semestre difficile, gravato da molte incognite e da molti programmi da portare a compimento. E credo che questo voglia anche la maggior parte degli italiani”. E poi: “Se penso alle previsioni che avevamo fatto tutti noi imprenditori nel 2020, e vedo che adesso contiamo di chiudere l’anno con una crescita del 3 per cento, mi pare che sia andata molto bene, e anche da parte dei nostri investitori istituzionali ravviso una valutazione di credibilità. Siamo, ancora, un paese di cui ci si può fidare. Un paese manifatturiero di grandi capacità. La politica? Certo, è come se viaggiasse su altri binari. Oggi avevo a colazione a casa l’ambasciatore cinese, Li Junhua: mi ha detto di essere in Italia da tre anni e di aver conosciuto già tre governi. Gli ho risposto che io ho sessantotto anni e ne ho conosciuti sessantatré: evidentemente, è la nostra cifra. Conte? Sì, venne qui un giorno, in periodo elettorale, e si mise a palleggiare con i palloni da calcio che tengo nello studio. Bravissimo, considerando che indossava quelle che noi chiamiamo le scarpe della domenica. Ne fece diciotto”.
Fabiana Giacomotti
Perfetto, cara Fabiana.