Lettere
L'agenda Draghi sull'energia somiglia più a quella di chi l'ha tradito
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Caro Cerasa. Energia ed economia nel programma di governo Draghi non erano contenuti di compromesso. In un accordo molto vasto di governo, i partiti sono liberi ora di declinarli diversamente. Magari con più spesa pubblica e meno vincoli di bilancio a destra o con la retorica di “più ambiente” a sinistra, intendendo per esso una revisione delle politiche energetiche del governo Draghi. Economia ed energia, nel senso messo in atto dai ministri Franco e Cingolani, dovrebbero essere condizioni bipartisan, politiche necessarie, oggettive, indispensabili. Lo sono oggi e lo saranno ancor più dopo le elezioni e in autunno. Come mettere energia ed economia a riparo e rassicurare l’Europa sulla continuità degli impegni italiani concordati? I partiti si impegnino, a prescindere da chi rivendicherà quelli che un tempo erano i posti dei ministri Franco e Cingolani in caso di vittoria elettorale. Sarebbe un modo serio di dimostrare che l’affidabilità del nostro paese, con il governo Draghi, non è stata un semplice giro di valzer.
Umberto Minopoli
A proposito di energia e di economia, c’è un problema che si affaccia all’orizzonte. Un problema che potremmo così sintetizzare e che meriterebbe di essere analizzato con cura. Tema: e se il vero programma populista, sull’energia, fosse quello degli antipopulisti? A voler leggere, solo su questo punto, il programma di centrodestra, qualche riflessione è legittimo farla. Leggete qui: “Transizione energetica sostenibile; pieno utilizzo delle risorse nazionali, anche attraverso la riattivazione e nuova realizzazione di pozzi di gas naturale, in un’ottica di utilizzo sostenibile delle fonti; promozione dell’efficientamento energetico; sostegno di politiche di price-cap a livello europeo; ricorso alla produzione energetica attraverso la creazione di impianti di ultima generazione, compreso il nucleare pulito e sicuro, senza veti e preconcetti”. L’agenda Draghi, sull’energia è più simile all’agenda di chi Draghi lo ha fatto cadere rispetto a chi Draghi ha provato a non farlo cadere.
Al direttore - Ero tutto contento perché questa volta avrei votato come Giuliano l’Emerito. Era da quando tracciavamo il segno democristiano (la croce) sulla falce e il martello che non capitava. E invece nemmeno questa volta. Tutto perché sono oppresso dal senso di riconoscenza che per noi non battezzati è superiore a quello vostro di colpa. Mi spiego. Abbiamo assistito di recente alla caccia all’assassino del governo Draghi. E’ stato Conte? Sì, ma anche Salvini, per non parlare del povero Cavaliere. Insomma, siano trovati i responsabili, quelli che ci hanno privati dell’unica guida presentabile e autorevole! Oggi mi sembra già tutto finito. Ma soprattutto sta accadendo qualcosa (per me) di incomprensibile. Il più detestato oggi non è chi ha cacciato Draghi, ma chi ce l’ha portato. Spero che almeno su questo si convenga, chi ha fatto cadere il Bisconte, pigliandosi randellate per qualche giorno, è stato Matteo Renzi. Mi verrebbe da pensare che questa adorabile congiura venisse da lontano, che fosse stata negoziata da mesi in luoghi segreti, ecc. Non mi sogno, suvvia!, di permettermi, solo di immaginare che il Quirinale ne sapesse qualcosa e, al contrario, sono ammirato dalla tempestività con la quale, fatto il nome di Draghi, il medesimo fosse già dietro alla porta. Tutta una serie di sorprendenti e magnifiche circostanze. Bene, vogliamo dire che questi oltre 500 giorni di Draghi al governo non li avremmo avuti senza l’antipatico fiorentino che per campanilismo guarda più al fine che al mezzo. Risultato: isolato da tutti. Lo diceva il vecchio Oscar, anche lui isolato nella torre, che nessuna buona azione resterà impunita. Ti sarà capitato, caro direttore, di aver prestato dei soldi a un amico? Costui ti odierà per sempre. Così è nel mondo, ma in Italia un po’ di più. Si vota per consenso, per ideologia, per il meno peggio, per abitudine, per convenienza, per stupidità, per protesta… Questa volta, perdonatemi, voto per riconoscenza. Ecco perché il mio fieramente inutile voto andrà a Matteo Renzi.
Sandro Parenzo
C’è una differenza grande come una casa tra fare il politico e fare politica. Sulla seconda disciplina, Renzi, anche con risorse limitate, con partiti piccoli, con consensi esigui, non ha rivali.