Le prove che attendono Meloni per dire che il melonismo è archiviato
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Insomma la spiaggia non la vogliono né libera né liberale.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Sono d’accordo anzi, più che d’accordo con lei, in merito al suo editoriale di qualche giorno fa: “Meloni contro il melonismo”. Aggiungo un ricordo personale e una considerazione finale (prepolitica? metapolitica?) a questa mia nota: io c’ero in Aula quando lei (Meloni) urlava contro il Mes. Ricordo anche quando teorizzava di uscire dall’euro, come le ha recentemente e opportunamente ricordato il leader di Azione, Carlo Calenda. Faccio ora una considerazione che mi è sorta spontanea fin dai primi passi di questo governo: noi di Azione abbiamo fatto una campagna elettorale onesta, senza raccontare bugie agli italiani. Meloni, al contrario, ha raccontato agli italiani la storia ben descritta nel suo editoriale e quindi possiamo ben affermare che gli italiani l’hanno votata per il melonismo, l’hanno votata perché lei urlava contro l’euro, contro i banchieri centrali. Ora, al netto del fatto che sulla Ucraina /Russia ha tenuto la barra dritta e tutti glielo riconoscono, la domanda che sorge spontanea è se sia legittimo raccontare il proprio “manifesto elettorale” agli italiani, per prendere il potere e poi, una volta insediatasi a Palazzo Chigi, fare il contrario di ciò che si è prospettato all’elettore in campagna elettorale. Siamo come sempre all’ultima e definitiva domanda intorno al potere, caro direttore: se sia legittimo, sia pure per via democratica, rincorrere il potere e conquistarlo a qualunque prezzo e in qualunque modo. Siamo sempre e ancora alla vexata quaestio se il fine giustifichi i mezzi.
Anna Lisa Baroni, responsabile settore agroalimentare per Azione
Corretto. Ma se Meloni dovesse davvero allontanarsi dal melonismo, il tema vero, più che l’incoerenza, è sempre quello: il trasformismo che veicola responsabilità. E in ogni caso, cara Baroni, prima di poter archiviare il melonismo Meloni dovrà mostrare con chiarezza il suo volto su due partite importanti: cosa farà sul Mes, come si comporterà con Orbán.
Al direttore - Certamente sulla ratifica del trattato sul Mes una decisione deve essere assunta dall’Italia in tempi brevi. E potrebbe anche pensarsi a un pacchetto di scelte collaterali, o già in corso di adozione da parte di istituzioni dell’Unione, da rilanciare contestualmente, oltre alle misure attuative della riforma del trattato. In particolare, tra le diverse, pende la decisione sulla individuazione della sede dell’Amla, l’Autorità europea antiriciclaggio, in corso di decollo. L’Italia, innanzitutto con Roma, è tra i più accreditati paesi candidati ad ospitare l’Authority. Si spera che si stia agendo con determinazione in tal senso. Ciò, però, comporta anche l’esigenza di dover riflettere sulla struttura dell’Uif, l’Unità italiana di informazione finanziaria (antiriciclaggio), rafforzandola come una vera Authority, con un ordinamento giuridico e una governance basati su autonomia e indipendenza piene e rivedendone le attribuzioni. La logica del pacchetto con riferimento, tra l’altro, al campo bancario e finanziario, è motivata anche dal fatto che la principale innovazione del trattato in questione riguarda l’assunzione, da parte del Mes, della funzione di “backstop” del Fondo unico di risoluzione di banche europee in difficoltà, facente parte del progetto di Unione bancaria largamente ancora nel guado (innanzitutto, per la mancata attuazione dell’assicurazione europea dei depositi bancari).
Angelo De Mattia