Foto di Hannibal Hanschke, Pool Photo, via AP, via LaPresse 

Lettere

Il tema vero non è la tracotanza di Musk, ma la crisi del mondo tech

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Le risulta, caro Cerasa, che i magistrati belgi incaricati delle indagini sul caso Qatar abbiano partecipato, da giovani uditori, a un corso di formazione tenuto, nei primi anni 90, dai valorosi componenti del pool della procura di Milano che, a suo dire, sgominò il malaffare in Italia? Pare che il tema delle giornate di studio fosse il seguente: “La carcerazione preventiva quale strumento per la raccolta di prove”.
Giuliano Cazzola

 

Trovati molti soldi a Bruxelles. Trovati molti sospetti. Trovate molte mani nella marmellata. Ma se dovessi dirle che, sulla base di quello che sappiamo oggi, possiamo essere autorizzati a parlare, con disinvoltura, di “sistema”, di “cricca”, di “modus operandi diffuso” onestamente, caro Cazzola, le direi una bugia. Aspettiamo di capire verso che direzione andranno le indagini, aspettiamo di capire se ai quattro indagati attuali se ne aggiungeranno altri e tratteniamo ancora un po’ il respiro prima di dire che il marcio riguardi l’albero, ovvero l’Europa, e non le mele, ovvero gli indagati. Essere garantisti quando il denaro è di fronte ai nostri occhi non ha senso, ma evitare di sfruttare quel che sappiamo oggi delle indagini per creare alcuni coinvolgimenti fittizi, per descrivere prassi consolidate, significa avere rispetto dello stato di diritto, non del garantismo. 


 

Al direttore - Ai puri di spirito che ci hanno creduto. Agli iraniani e agli ucraini che non hanno smesso di pensare che valesse la pena di vivere e di resistere. A chi non si è arreso, a chi ha lottato, a chi non ha tradito i suoi ideali. A chi non ha ceduto a facili lusinghe. A chi ha mantenuto dignità e coerenza. A tutti loro il mio massimo rispetto.
Michele Magno


 

Al direttore  - Caro Cerasa, leggo che la casa automobilistica Tesla è reduce da un -11 per cento a Wall Street, dopo le notizie di chiusura dell’impianto di Shanghai. Il 2022, per il capo di Tesla, è stato effettivamente un anno orribile: le azioni hanno perso il 70 per cento dal picco precedente. Non sarà che l’effetto delle mosse di Musk, su Twitter, sia stato quello di mettere in mostra, in modo  vertiginoso, in diretta, praticamente in streaming, il suo essere un genio, certo, incapace però di conoscere il senso di una magnifica parola greca come hybris? 
Lucia Mattini

 

La tracotanza di Musk è certamente un tema, ma ce n’è un altro che non sottovaluterei e che riguarda una crisi silenziosa che attraversa da mesi il mondo delle big tech. Lo ha ricordato bene Massimo Russo, sull’almanacco di fine anno di Good Morning Italia. Un’azione di Meta, società proprietaria di Facebook, Instagram, WhatsApp, vale un terzo di un anno fa. Amazon ha perso la metà rispetto ai suoi massimi. Microsoft e Google hanno perso circa il 30 per cento. Il settore tech, in generale, ha lasciato in Borsa circa un trilione di dollari di valore. Meta, poi, ha mandato  via 10 mila dipendenti. Twitter 3.500. Snapchat 1.200.

 

E come se non bastasse nel  giro di pochi mesi è crollato anche il  paradiso delle criptovalute, Ftx, che fino allo scorso settembre veniva valutato 32 miliardi di dollari. Spiegazioni semplici a quello che sta succedendo non ci sono, ma un tema meriterebbe di essere affrontato al più presto: il mondo tecnologico attraversa una crisi strutturale o una crisi episodica dettata dal fatto che vi sono domande dei possibili utenti che non sono state ancora esaudite? Le distruzioni generano opportunità, non ovviamente nel senso inteso da Edward Norton in “Glass Onion”, e l’opportunità che si presenta oggi di  fronte al mondo tech non è quanto ancora crollerà il mercato, ma molto semplicemente quale sarà la prossima invenzione modello Tesla in grado di confrontarsi con una domanda a cui in pochi oggi sembrano saper rispondere.

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