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Urge un'idea per il Pd. Il governo si accanisce sui rave ma non sui vaccini

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - L’articolo del direttore Cerasa su come costruire l’opposizione al governo Meloni merita qualche riflessione. Perché da come declineremo la nostra opposizione, definiremo anche il futuro del Partito democratico e – si parva licet componere magnis – anche la prospettiva di una democrazia dell’alternanza in Italia. Partiamo anzitutto dal chiarire che, in democrazia, l’opposizione (o la minoranza, per usare una allocuzione morotea) non rappresenta una condizione di minorità mentale o culturale, ma una condizione essenziale per il funzionamento della democrazia. E, quindi, si possono (meglio: si devono!) fare gli interessi generali del paese facendo l’opposizione al governo. E, per farlo, occorre ripescare don Mazzolari, quando in una stagione di potere ricordava ai cattolici dell’epoca che era giunto il tempo di porsi all’opposizione, non di qualcuno, ma di se stessi. Ecco. Oggi per il Partito democratico vi è anzitutto – dopo stagioni di governo contraddistinte da una rincorsa “entrista” – l’esigenza di attrezzarsi per essere all’opposizione. Ma prima di porsi all’opposizione degli altri, dobbiamo farlo – per riprendere la riflessione mazzolariana – nei confronti dei nostri egoismi, delle nostre meschinità, se necessario – ripescando un Martinazzoli d’annata – anche delle nostre ambizioni. Ponendoci con questo stato d’animo, non moralista ma politico, potremmo ritrovare alla fine le ragioni vere del nostro impegno, e far riaffiorare – liberata delle scorie di un governismo a tutti i costi – l’idea originaria che ci ha portati a fondare il Partito democratico e che oggi possiede una fragorosa attualità. Fare l’opposizione non significa, per una forza che si propone la democrazia dell’alternanza e l’affermazione di una cultura riformista di governo, né il riflesso condizionato nei confronti del governo né l’ammiccamento consociativo. Ma significa proposta nel momento del diniego al governo: non solo gioco di rimessa, ma ripartenze! Significa inverare attraverso l’esercizio della minoranza parlamentare e con l’uso degli strumenti a essa affidata, la propria idea di paese. Alternativa rispetto a quella della destra, e come tale  anche frutto della valutazione e delle scelte (che mi auguro siano profonde e decisive) che il Congresso è chiamato a compiere. A iniziare dalla politica delle alleanze, che deve essere figlia dei contenuti e delle prospettive, e non della rincorsa spasmodica a una sommatoria algebrica di sigle che non fanno una politica. Fare opposizione, quindi, non significa né ricorrere a facili quanto sterili Aventini, né giocare a chi urla di più. Anzi, l’urlo va conservato nei momenti in cui esso serve davvero, affinché sia più autorevole e più incisivo. La riscoperta delle nostre ragioni, la capacità di declinarle senza timidezze e senza il timore delle convenienze immediate, la valorizzazione delle nostre potenzialità nei gruppi parlamentari sono la chiave sulla quale si può e si deve articolare una opposizione riformista. Costruendo una azione su un pensiero.
Enrico Borghi 
senatore del Pd 

Un Pd senza colori è un Pd senza futuro. E per ridare colori al Pd non serve un amministratore di condominio delle correnti ma serve un amministratore delegato in grado di far uscire il partito dalla secca delle cinquanta sfumature di grigio. Trovare un’idea. E fare presto. 

 


 

Al direttore - Ho ascoltato Giorgia Meloni, durante la sua conferenza stampa di fine anno, e l’ho trovata meno minacciosa di quanto pensassi. Tranne su un paio di punti. Uno su tutto: la sua timidezza nell’invitare gli italiani a vaccinarsi. Ha risposto così esplicitamente alla domanda di un giornalista: per i vaccini dei non fragili rivolgersi a un medico. E il dramma è che il medico del suo governo, il ministro Schillaci, sembra pensarla come lei.
Lucia Maulia

Ottimo punto. Meloni, parlando del decreto Rave, ieri, ha detto la seguente frase:  “E’ finita l’èra dell’Italia di chi si accanisce contro chi rispetta le regole, è finita l’èra dell’Italia che non vuole vedere chi non rispetta le regole”. Viene da chiedersi: perché sui rave vale e sui vaccini no?

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