Sulle chiacchiere da sotterrarsi, sui fatti da imbrodarsi: i due volti dell'Italia su Kyiv
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Ungheria e Grecia a parte, siamo il paese – lo dicono i sondaggi e lo dicono i fatti – col più alto tasso di putinismo dell’Unione europea. Non solo nell’opinione pubblica, ma tra le stesse forze politiche (Berlusconi, Salvini, Conte, i malpancisti del Pd, le sinistre antioccidentali). Quando la guerra finirà (un giorno finirà), si dovrà imbandire il tavolo della ricostruzione dell’Ucraina. Nessuno si potrà lamentare, allora, se l’Italia verrà invitata non come commensale, ma come cameriere.
Michele Magno
Non condivido, caro Magno. Quando si parla di chiacchiere, l’Italia, sull’Ucraina, mostra spesso il suo volto peggiore. Quando si parla di fatti, però, l’Italia, negli ultimi dodici mesi, ha offerto il suo volto migliore e non c’è nessun paese in Europa che può vantarsi di avere avuto durante la guerra non solo una maggioranza tanto larga a sostegno della resistenza in Ucraina ma anche un’opposizione decisa a sostenere la resistenza sia nella passata legislatura sia in quella attuale. Sulle chiacchiere, da sotterrarsi. Sui fatti, da imbrodarsi.
Al direttore - Le ultime dichiarazioni di Silvio Berlusconi sulla guerra in Ucraina sono imbarazzanti e pericolose. Sarebbe sbagliato. infatti, pensare che quelle parole siano il delirio di un vecchio zio mentalmente disturbato. Il Cav. ha detto, anzi ripetuto, ciò che effettivamente pensa. Ed è questo il fatto più grave: per sostenere le sue opinioni sulle responsabilità del conflitto Berlusconi non ha esitato a negare l’evidenza, a prendere a calci la storia.
Giuliano Cazzola
Arriverà il momento in cui anche chi non ama Meloni dovrà purtroppo ringraziare Meloni per aver scelto di difendere l’Ucraina nonostante le tragiche stupidaggini dette su questi temi da Berlusconi e Salvini.
Al direttore - Non credo che sia sbagliato chiedere, come potrebbe fare il governo Meloni, secondo le cronache, la discussione anche della riforma del Patto di stabilità e degli accordi intergovernativi collegati insieme con le misure che a livello europeo si intendono adottare per gli aiuti di stato e – bisognerebbe aggiungere – con il Mes, una volta ratificato il relativo trattato. Vi sono ovviamente delle condizioni: bisogna almeno avere una proposta di revisione , che per ora non risulta esservi, sulla cui base ricercare le necessarie convergenze con i partner comunitari; è necessario essere consapevoli che una eventuale e molto permissiva revisione del Patto – cosa che però non è alle viste – non risolverebbe i problemi perché il giudizio di risparmiatori, investitori, Bce, istituzioni internazionali, intermediari, esperti, operatori si formerebbe sui dati e sui parametri del debito, del deficit, della crescita e su diversi altri, a prescindere dalle norme del Patto medesimo, non potendosi ritenere che sussista una sorta di garanzia europea per chi si attiene a tali norme. Quanto all’ipotesi, espressa dalla premier, della progettazione di misure per aumentare la partecipazione di cittadini italiani al finanziamento del Tesoro non sembra certamente un’idea sballata o riconducibile senz’altro a un approccio nazionalistico. Tutto sta nelle modalità, nei tempi, nella graduazione. Quando si è posto, per esempio, il problema del consistente afflusso di risparmi nei conti correnti bancari per molteplici cause, autorevoli esponenti hanno sollecitato ripetutamente lo studio, da parte del Tesoro, di modalità per incentivare un impiego delle risorse anche per finanziare il debito o a sostegno dell’economia. Anche nei passati decenni, il tema del collocamento del debito a livello nazionale è stato sempre presente, pure e costantemente nelle analisi della Banca d’Italia. Non certo una panacea, occorre ben altro; ma non un’inutile progettazione.
Angelo De Mattia