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Quel paese spaventoso in cui gli errori politici si trattano come reati
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - È fondamentale monitorare come verranno spese, tra Pnrr e fondi ordinari, le risorse pubbliche assegnate al Mezzogiorno, come scrive il Foglio del 3 marzo. Prima ancora, occorre conoscere quale sia il complessivo ammontare di tali risorse dopo la revisione, ovviamente in parti circoscritte, del Pnrr e la eventuale riconduzione al Piano stesso di risorse di origine comunitaria. Per questi aspetti è necessario un atteggiamento favorevole della Commissione Ue. Ma tale condizione si collega all’intero “pacchetto” degli interventi europei: le deroghe al divieto di aiuti di stato, la riforma del Patto di stabilità, il Mes, la questione del gas e della mutualizzazione dei debiti, per non certo declassare la questione cruciale delle migrazioni. Ovviamente non è immaginabile che si risolva tutto e in breve tempo. D’altro canto, bisogna prevenire il rischio di benaltrismo. Tuttavia occorrerebbe pure avere, da parte del governo, un approccio che condivida la correlazione dei temi indicati e ingeneri fiducia sulla ricerca di possibili soluzioni mediate. Si potrà arrivare a questo risultato?
Angelo De Mattia
Al direttore - Ora a Conte servirebbe un bravo avvocato.
Michele Magno
Al direttore - Se tanto mi dà tanto, perché non processare anche l’Organizzazione mondiale della sanità, che nel marzo del 2020 sconsigliava l’uso delle mascherine? Quante morti si sarebbero evitate se l’avesse invece raccomandate? Nonostante questa castroneria planetaria, tuttavia, a nessun procuratore, neppure a quello di Bergamo, venne in mente di inquisirne i vertici (magari un po’ di dimissioni in seno all’agenzia dell’Onu sarebbero state opportune).
Giorgio Ragazzini
Al direttore - Per circa due anni abbiamo assistito a un vorticoso dibattito che ha coinvolto simultaneamente virologi e politici, sino a far quasi confondere gli uni con gli altri: da Galli, Crisanti, Locatelli, Brusaferro e Bassetti, fino a Conte, Speranza, Zaia, Fontana e Gallera. Oggi scopriamo che in quel drammatico contesto, uno di loro, quale consulente della procura di Bergamo, forse un superpotere lo aveva davvero: quello di far incriminare gli altri.
Francesco Compagna
Che paese è quello in cui un magistrato, come ha fatto ieri su Repubblica il procuratore capo di Bergamo – che ha detto testualmente “magari qualcuno sarà prosciolto, magari i giudici riterranno che sull’epidemia colposa non si debba procedere: sta di fatto che noi il nostro dovere lo abbiamo fatto” – ammette di aver aperto un fascicolo di indagini contro alcune persone sapendo che probabilmente quelle indagini verranno archiviate? Che paese è quello in cui un magistrato, sempre lo stesso, dice che il dovere di un magistrato è quello di “dare una risposta ai morti”, dimenticando di dire che i magistrati dovrebbero occuparsi non del dolore ma dei reati? Facile, purtroppo: è un paese in cui ciò che conta, ormai, non è accertare la verità giudiziaria ma è affermare la verità mediatica, considerando cruciale per la ricerca della giustizia non il terreno delle prove ma quello dei sospetti. Che paese è quello in cui succede tutto questo? E in cui la giustizia sceglie di trasformare gli eventuali errori della politica in reati senza avere una prova diversa da una stima del professor Crisanti, che con tutto il rispetto non è la fonte della verità? Risposta facile, purtroppo: è un paese semplicemente spaventoso.