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Lettere

Un bibliotecario che incantava. E senti chi parla di sostituzione etnica

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Mauro Giancaspro aveva la pelle butterata come una figura di Arcimboldo, combinazione di frutta fresca e secca e di animali e oggetti vari, e attraverso quel ritratto composito da pittura manierista del Cinquecento, lanciava sugli interlocutori uno sguardo bellissimo, amichevole, sornione, severo, ironico. E’ stato uno di quei funzionari italiani che sanno rendersi utili senza pretendere e non mettono ingredienti falsi nella cultura che impastano da magnifici artigiani. La materia del suo lavoro, oltre a lavori editoriali e collaborazioni stampa, oltre alla bibliofilia o come diceva lui morbo di Gutenberg, fu sopra tutto la biblioteca. In particolare la Nazionale di Napoli, di origine borbonica e negli anni Venti situata per volontà di Benedetto Croce nel Palazzo Reale di Napoli, cioè nel dissesto della bellezza che un paradosso tutto napoletano rende la bellezza come dissesto. Con Alessandro Giuli, per una gita culturale incantatoria di una giornata appena, visitai tanti anni fa il regno di Giancaspro in uno degli ultimi anni della sua operosità senza frenesia. Ricordo come trattava e ci fece trattare, con quale reverente delicatezza e guanti bianchi, due reperti del patrimonio custodito, non solo i manoscritti di Giacomo Leopardi e i lasciti del suo amico Antonio Ranieri, anche e sopra tutto lo schedario predigitale in cui erano raccolte le sue note allo Zibaldone, piccole foglie miniaturizzate della sua scrittura esile e immortale. E uno dei più straordinari documenti medievali in cui ci si possa imbattere, il manoscritto stenografico, a oggi ancora non decifrato, steso dall’allievo Tommaso d’Aquino auditore delle lezioni di Alberto Magno, testimonianza per noi muta della facilità tecnica del “bue muto” nell’inventare un metodo di trasposizione fulminea dei pensieri del Maestro, un’emozione esoterica immensa, una manipolazione emozionante dei secoli attraverso lo sfoglio appena accennato di un fascicolo misterioso. Giancaspro sorrideva alle nostre espressioni di meraviglia e, dopo il passaggio in rassegna della modernissima Officina di lettura dei papiri di Ercolano, anch’essa lì collocata per la gioia di ricercatori di tutto il mondo, ci portò a coronamento di una visita di oggetti e creazioni del classicismo napoletano, tra stucchi e tinte pompeiane e disordini cataloganti e sublimi terrazze reali sul mare, in una stanza augusta che non era l’oratorio di Ferdinando II, forse chiuso, ma il luogo di nascita del re Savoia, Vittorio Emanuele III, cui la biblioteca era stata dedicata e intitolata. Che fantastico erede repubblicano dei Borboni e dei Savoia era Mauro Giancaspro, morto a settantatré anni lasciando ammutoliti di dispiacere amici e corridoi di una biblioteca sempre affaticata e sempre a suo modo perfetta.
Giuliano Ferrara
 



Al direttore - Siamo arrivati alla normalizzazione di temi come la sostituzione etnica. La gravità più estrema servita come una lasagna. Quel ministro deve dimettersi, il governo prendere posizione nettamente. Se la presidente del Consiglio è brava, come leggo, non può esimersi; le responsabilità di governo chiamano alla realtà e rifuggono da quelle urlate naziste. Cordiali saluti.
Licia Dal Pozzo

Il tema è grosso e non va sottovalutato. La “sostituzione etnica” non è una gaffe e non va “contestualizzata”. E’ un’espressione che negli ultimi anni è stata motore di inauditi atti di violenza. Ed è un residuo semantico di una stagione che il nazionalismo di destra sta cercando di lasciarsi alle spalle. Dimissioni no. Ma chiedere scusa sì, please. 

P.S.: alla Lega che oggi giustamente si indigna per le parole di Lollobrigida chiediamo di ricordarci come si chiama quel politico che anni fa sosteneva le seguenti tesi: “E’ in corso un’invasione pianificata del nostro paese. Un tentativo di sostituzione etnica dei nostri lavoratori con dei disperati coordinato dall’Europa. E chiunque mi aiuti a bloccare questo tentativo di sostituzione etnica è benvenuto”. Diamo un aiuto: era Matteo Salvini. 
 

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