lettere al direttore
La fuga di Uss e il ritorno della guerra fredda tra pm e politica
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore. Va bene, la vignetta sui coniugi Lollobrigida-Meloni pubblicata dal Fatto è brutta, volgare, cattiva. L’ultima di tante (per ora). Passi la sorella, che comunque è presidente del Consiglio. Ma il presidente del Senato che corre in soccorso: è solo un “fratello” politico, non di sangue. Se ne stia un po’ zitto e buono, si ricordi appunto che è presidente del Senato.
Valter Vecellio
Una politica che trasforma una vignetta in un caso politico è una vignetta che contribuisce semplicemente a offrire su se stessa la peggiore caricatura possibile.
Al direttore - Mancava da un po’ di tempo l’occasione per rilanciare la guerra dei 30 anni tra politica e magistratura. E’ arrivata con l’azione disciplinare annunciata dal ministro nei confronti del collegio della Corte di appello di Milano dopo la fuga del “presunto” trafficante russo Artem Uss, amico di famiglia di Putin. Un’esfiltrazione, nel gergo dei servizi segreti si dice così, guidata dall’estero, non del tutto imprevedibile in un “affaire” internazionale. L’Associazione nazionale magistrati ha indetto subito a Milano una assemblea generale di protesta in Aula magna, con la presenza di capi corrente arrivati da Roma, un assemblea di lotta e in difesa dell’indipendenza della magistratura in un clima di “resistere resistere”. Per ben altri problemi e disfunzioni che affliggono il Palazzo in danno permanente dei suoi utenti non ci sono mai state mobilitazioni simili e così accese. Né proteste si sono mai viste quando azioni disciplinari all’evidenza ingiuste provenivano non dal ministro ma dalla procura della Cassazione, cioè dalla stessa magistratura, in danno di giudici, chi legge credo capirà facilmente, indipendenti, fuori corrente e quindi non tutelati. Non mi piacciono la azioni disciplinari e non le auguro a nessuno. Certamente il ministro doveva limitarsi ad una consultazione critica e anche risentita con i capi degli uffici milanese. E’ vero che il merito delle decisioni giudiziarie non è censurabile sul piano disciplinare, e così deve restare a tutela dell’indipendenza reciproca dei poteri. E’ anche vero d’altra parte, non dimentichiamolo, che nei procedimenti di estradizione, sopratutto quelli a sfondo politico, il Ministro è parte. Suo e del governo è il decreto finale che la concede o meno. Quindi aveva tutto il diritto, senza inutili proclami disciplinari, di alzare la voce con i magistrati milanesi che in concreto avevano sbagliato e in modo abbastanza maldestro. Detto questo certo non si è sentito nell’assemblea, che aveva essenzialmente un obiettivo politico, quello che tutti, giudici e gli altri che frequentano il Palazzo, dicono in privato nei corridoi. Cioè che con i provvedimenti, oltre all’enunciazione degli articoli e dei requisiti di legge, che sarebbero state formalmente rispettati, bisogna esplorare il backstage cioè la realtà, che è il cuore di tutti i casi. E interpretare i primi alla luce del secondo. Altrimenti decidere un’istanza, in un affare politico-giudiziario, diventa scrivere un gioco di parole, un esercizio verbale che può avere anche imbarazzanti conseguenze. Insomma, bisognava studiare di più e stare un po’ più attenti. Intanto, raffreddato il caso Cospito, avremo questo da seguire, internazionale e da spy story. Con la guerra interminabile che ha riacceso: nell’assemblea si è evocata una deriva autoritaria come in Ungheria e in Israele, situazione questa, ci si permette di dire, forse un po’ più complicata. Se queste sono le posizioni degli uni e degli altri, una guerra che continuerà.
Guido Salvini, tribunale di Milano