L'allenatore della Juventus, Massimiliano Allegri (LaPresse)

Lettere

Il perfetto manifesto della grande farsa della giustizia sportiva

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Il ministro Giancarlo Giorgetti, giorni fa, ha detto una cosa saggia sul tema delle sanzioni alla Juventus. “Se la Juventus ha fatto un falso in bilancio perché gli devo togliere i punti? Se io ragionassi come l’Agenzia delle entrate o la Guardia di Finanza gli sequestro lo stadio, visto che è l’unica squadra che ha fatto lo stadio di proprietà gli creo un danno economico su quello. Va ripensato un po’ tutto, sennò diventa un casino”. Gli si può dar torto?
Giulia Martini 

 

Ho avuto il piacere, se così si può dire, di discutere ieri mattina, su Radio 24, con Marco Di Lello, avvocato, già presidente del comitato Mafia e sport e procuratore aggiunto della Federazione italiana giuoco calcio. E in quel contesto, ho avuto il piacere di ascoltare, dalla viva voce di un protagonista attivo del mondo della giustizia sportiva, cosa significa trasformare il tribunale del popolo in una fonte del diritto italiano. Prendete fiato e sentite cosa ha detto Marco Di Lello. “Diciamocela fino in fondo. Noi cosa ci aspettiamo dalla giustizia sportiva? Se facciamo un processo con il contraddittorio, con tutte le garanzie che valgono nel nostro ordinamento giudiziario, è evidente che, dato che un processo dura quattro, cinque, dieci anni, non avrebbe nessun senso arrivare alla fine di un processo sportivo sette, otto, dieci anni dopo la commissione del fatto”. E ancora: “Le prove? Ci sono diciassettemila pagine della procura di Torino che sono state trasmesse alla procura federale. Dire che non ci sono prove quando lì ci sono appunti scritti, intercettazioni che hanno valore confessorio francamente, mi sembra quantomeno azzardato”. E infine: “Che tipo di giustizia sportiva vogliamo? Dobbiamo scegliere. Celere ed efficiente. O garantista. Ma a quel punto rassegniamoci ad arrivare a sentenza definitiva alcuni anni dopo il fatto, perdendo ogni capacità afflittiva”. Più chiaro di così non si può. Di Lello, in sostanza, dice che per accertare la “commissione” di un fatto non servono le indagini, bastano i sospetti. Dice che è da allocchi dubitare che nei faldoni dei magistrati che sostengono l’accusa possa nascondersi qualcosa di non vero. E dice infine che la giustizia sportiva ha il dovere di non essere garantista per poter essere efficace. Eccolo qui il perfetto manifesto della grande farsa della giustizia sportiva. Dove si dimostra che assecondare il tribunale del popolo vale di più che rispettare i princìpi basilari dello stato di diritto.


 

Al direttore - Leggo le parole scelte da Lucia Annunziata per dimettersi dalla Rai e mi viene un sorriso. “Arrivo a questa scelta perché non condivido nulla dell’operato dell’attuale governo, né sui contenuti né sui metodi. In particolare, non condivido le modalità dell’intervento sulla Rai. Riconoscere questa distanza è da parte mia un atto di serietà nei confronti dell’azienda che vi apprestate a governare”. Chiedo con umiltà alla signora Annunziata: ma la Rai può essere governata solo dalla sinistra per essere compatibile con la professionalità di chi ci lavora?
Mario Marroni

Il servizio pubblico ha dignità se a portare avanti il servizio è la forza politica che si ama. Se la forza che si ama prende tutto, l’azione la definisci “ricambio”. Se la forza che si prende tutto è quella che non si ama, l’azione la definisci “occupazione”. Come diceva il saggio? Vieni avanti tu che a me vien da ridere.


   

Al direttore - Con riferimento all’articolo pubblicato ieri, e ferma restando la personale stima e simpatia umana che provo per Oscar Giannino, lo pregherei di spiegarmi perché le compagnie di assicurazione private (e i loro riassicuratori) hanno limiti di accumulazione di rischio per zona territoriale riguardo agli eventi catastrofali (terremoti, inondazioni, alluvioni, allagamenti). Perché le compagnie di assicurazione prestano (quando possono) la garanzia eventi catastrofali con limiti di indennizzo prossimi al 50/100 accompagnati da importanti aliquote di scoperto e consistenti franchigie. Perché in Francia le assicurazioni contro le catastrofi naturali sono assunte dallo stato a fronte di un sovrappremio applicato sopra tutte le assicurazioni contro i danni a cose. Se mi può indicare un pool di assicuratori e riassicuratori privati disposti a sottoscrivere un cumulo di rischio tra i 5 e i 10 miliardi di euro per singolo evento, pari alla prima e provvisoria stima dei danni (diretti e indiretti) registrati nella alluvione che in questi giorni affligge la Romagna. Se la convinzione che il privato possa sostituire sempre e comunque la protezione garantita dalla mutualità generale sia dettata da calcoli attuariali attendibili ovvero da una fideistica convinzione ideologica. Ringrazio fin d’ora per l’attenzione che qualcuno della vostra gentile redazione vorrà prestare a questi modestissimi quesiti. Con tutta la mia stima, porgo i più cordiali saluti.
Maurizio Eleuteri

    

Risponde Oscar Giannino. Primo: nel testo esplicitamente cito paesi in cui esistono opportuni schemi di mutualizzazione pubblico-privata tra stato e imprese del ramo per estendere il più possibile la copertura al rischio. Secondo: l’assicurazione serve per coprire in maniera frazionata rischi di singole famiglie di imprese proprietarie di beni immobili e stabilimenti con relativi macchinari, è l’assenza di assicurazione che porta ai 5-10 miliardi che deve invece mettere il contribuente. Terzo: l’adozione di premi commisurati al rischio cui il cliente è esposto è l’abc dell’impresa assicurativa, mica una colpa. L’Ivass (autorità del settore assicurativo) da anni elabora e propone criteri per polizze di rischio catastrofale, se va sul suo sito trova paper e relazioni a convegni sul tema.

  

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