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Lettere

Il caso Uggetti e il motto dei manettari rivoltato come un calzino

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Un processo, una condanna: mi consenta…
Giuseppe De Filippi

E’ un momento drammatico per i manettari d’Italia. Dopo essere stati privati dell’anti berlusconismo, per prematura dipartita del suo diretto interessato, in pochi giorni altre notizie non meno drammatiche. Prima, il ministro Nordio che minaccia di scassinare un pezzo del business manettaro, cambiando le norme che regolano le intercettazioni e dicendosi pronto a escludere i non indagati dalle trascrizioni delle stesse. Poi, come se non bastasse, arriva anche la condanna di primo grado a Piercamillo Davigo, dal tribunale di Brescia. Un anno e tre mesi. Accuse: rivelazione del segreto d’ufficio. Conseguenze: da oggi il mitico motto dei manettari (non esistono innocenti esistono solo colpevoli non ancora scoperti) cambierà drasticamente: non esistono colpevoli, esistono solo innocenti non ancora scoperti. E ancora. Uno dei nemici giurati del fronte manettaro, l’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, ieri è stato assolto definitivamente. Uggetti venne arrestato e incarcerato (nel 2016). Dopo l’assoluzione di primo grado, qualcuno chiese scusa a Uggetti (lo fece su queste pagine Luigi Di Maio, che da leader del M5s cavalcò, insieme con la Lega di Matteo Salvini, una oscena battaglia giustizialista contro l’ex sindaco di Lodi). Altri invece hanno continuato a sparare sentenze e fango. Un esempio? Il M5s e Marco Travaglio. Il quale Travaglio, il giorno dopo le scuse di Di Maio, accusò Di Maio, dal suo giornale e dalle trasmissioni che lo riveriscono, di aver detto una sciocchezza. Con questa motivazione: “Se la gogna è criticare aspramente un sindaco che è stato arrestato e che ha confessato di aver truccato l’appalto… No, non ho visto gogne”. Nel giugno del 2021, dopo l’assoluzione di secondo grado, abbiamo scelto di ospitare una lunga chiacchierata con l’ex sindaco di Lodi. Sul fango ricevuto usò delle parole belle, drammatiche. Ve le proponiamo di nuovo: “Ricordo il fango. Ricordo le accuse trasformate in condanne. Ricordo i sospetti trasformati in sentenze. Ricordo le prime pagine dei giornali. Ricordo le manifestazioni, in piazza, a Lodi, prima del M5s, con Luigi Di Maio, e poi della Lega. Salvini non venne ma poi, settimane dopo, quando tornò a Lodi per la campagna elettorale andò anche lui in piazza mimando le manette sovrapponendo i polsi delle mani. Lo ricordo bene: lo fece due volte. Di Maio oggi ha chiesto scusa, e lo apprezzo davvero, non so se è una svolta, ma Salvini ancora no. Anche se onestamente le scuse dovrebbero arrivare forse non solo dai politici ma anche da alcuni giornalisti e da alcuni giornali. Niente rancori, solo un pizzico di amore per la verità”. Amore per la verità. Qualcuno ne avrà oggi o dovremo aspettarci il solito schema: la prima pagina dei giornali per una condanna, un boxino a pagina 50 per un’assoluzione? Non ci credete? Confrontate le prime pagine del 4 maggio 2016, il giorno dopo l’arresto, quando solo un giornale in Italia scelse di demolire quell’indagine, indovinate quale, e poi confrontate quelle prime pagine con quelle di oggi. Notate qualcosa?


Al direttore - L’ultimo atto del Pci in materia di giustizia fu l’adesione al referendum (promosso da Radicali e socialisti) sulla responsabilità civile dei magistrati dell’8 e 9 novembre 1987 dove il Sì prevalse con più dell’80 per cento dei voti validi (la partecipazione fu del 65 per cento). Successivamente il Pci votò anche a favore della legge Vassalli che dava attuazione, sul piano normativo, agli esiti del referendum. Responsabile per la segreteria dei temi dello stato era Aldo Tortorella, già partigiano ed esponente della sinistra del partito. Si può dire, caro Cerasa, che andava meglio quando andava peggio?
Giuliano Cazzola

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