lettere al direttore
Pos e Pec più facili per tutti. Il fisco amico si misura anche così
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Amo Francesco De Gregori alla follia. E non riesco a non pensare alla tragedia della morte di sua moglie Chicca. Non so come ma spero di fargli arrivare il mio abbraccio. Grazie direttore.
Lucia Arini
Chicca era speciale. Il suo abbraccio è anche il nostro abbraccio. Di tutto il Foglio. A Francesco e alla sua famiglia.
Al direttore - “Alla fine, ho scelto la libertà. Infatti, anche se la giustizia non si realizza, la libertà mantiene il potere di protestare contro l’ingiustizia” (Albert Camus, “L’uomo in rivolta”, 1951). “La libertà viene prima” (titolo dell’ultimo libro di Bruno Trentin) resta l’incipit migliore del programma di una sinistra degna di questo nome (anche se Norberto Bobbio non era d’accordo).
Michele Magno
Programma per una destra degno di questo nome: “Le libertà sono tutte solidali. Non se ne offende una senza offenderle tutte” (Filippo Turati).
Al direttore - Ho letto il bello e civile sfogo di Berta Isla su quel fisco che vorremmo amichevole soprattutto per quelli che le tasse sono costretti a pagarle tutte. Fondamentalmente lavoratori dipendenti e professionisti che lavorano con imprese serie. Mi permetta allora di raccontare un fatterello che credo spieghi bene cosa si intende per fisco amico. Devo riscuotere una somma per la quale è richiesto il “Durc”, la dichiarazione che sei in regola con le tasse. E così scopro di non esserlo. Circa cinque anni fa ho sbagliato il calcolo dei contributi Inps che dovevo versare, una cosa complicatissima, e mancano 11.000 euro. Sono passati più di cinque anni e doveva essere prescritto. Ma no, l’Agenzia delle Entrate mi fa sapere che giusto qualche mese prima della scadenza, sospesa varie volte in tempo di Covid, mi è stata recapitata una raccomandata in cui mi si chiedeva di versare quanto dovuto. Avete presente quei bei cartoncini gialli che i postini quando non vi trovano abbandonano da qualche parte? Ecco io risiedo in una casa isolata in campagna e quindi immaginatevi che fine possa avere fatto il cartoncino. E infatti ora per rifiutarmi il Durc e chiedermi il dovuto diventano efficienti e mi mandano una Pec, strumento ben più moderno. Quindi devo pagare e amen. Così avrei pensato, ma ho dovuto aggiungere diversi moccoli, perché il debito di cinque anni fa è praticante raddoppiato fra multe e interessi. Ora mi domando, ma se il mio peccato risale a cinque anni fa, perché non me lo avete detto subito e buonanotte e avete invece aspettato cinque anni facendo nel frattempo raddoppiare la cifra? Non avete informatizzato tutto? O calcolate tutto a mano? Sono vostro contribuente da 50 anni, sono super tracciato, sapete tutto di me. E se non avessi avuto bisogno del Durc chi me lo diceva che avevo quel debito? Avrei probabilmente lasciato in eredità ai miei figli una cifra da pagare che se campo ancora qualche lustro sarebbe lievitata fino alle stelle. Ecco cosa intendiamo noi contribuenti per fisco amico.
Ps: se Poi Salvini fa un condono giusto adesso sono sfigato due volte.
Chicco Testa
Un governo che parla di “pizzo di stato”, quando ragiona attorno alle tasse, ha evidentemente un’idea distorta di fisco. E quando ragiona sui condoni è assai probabile che voglia strizzare l’occhio più a chi evade abitualmente che a chi non paga una tassa involontariamente. Quanto al suo punto sottoscrivo. Oltre che una grande battaglia per il Pos facile per tutti, servirebbe anche una grande battaglia per la Pec facile per tutti. Il fisco amico si misura anche così. Anche dalla capacità di chi vuole fare il proprio dovere di non rincorrere ogni giorno chi ci sta chiedendo di fare il nostro dovere.