Lettere
Se finisce nei boxini la procura che se ne infischia della Costituzione
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Vox populi vox Dei.
Michele Magno
Al direttore - Chissà se i pm di Firenze Turco e Nastasi (caso Renzi) faranno anche loro un’ottima carriera: sarebbe l’ennesima conferma che in magistratura vanno avanti i soggetti di serie B, mentre quelli che lavorano seriamente e in silenzio vengono scavalcati dalle mezze figure. Saluti.
Alberto Savoini
Per trovare la notizia della Consulta che prende a sberle una procura che ha provato a infischiarsene della Costituzione, ieri, occorreva andare a pagina venti. In un boxino. In un trafiletto. In un colonnino. Difensori della Costituzione dove siete finiti?
Al direttore - Arrivati ormai in zona Cesarini, se il governo non avesse rimodulato quei 16 miliardi di euro del Pnrr, con ogni probabilità l’Italia avrebbe perso le risorse, perché l’attuazione degli interventi originariamente programmati era ormai compromessa e impossibile entro il 2026. E questo si deve a responsabilità diffuse, anzitutto di chi (Giuseppe Conte, ma in fondo tutti i partiti) aveva immaginato il Pnrr come uno zibaldone di interventi frazionati e frammentati, molti dei quali affidati ai comuni, le cui strutture tecniche hanno ormai organici e capacità progettuali ridotte all’osso, soprattutto al sud. Una fragilità del Piano nota da tempo, più volte segnalata da Mario Draghi e dal suo ministro dell’Economia Daniele Franco, ma ignorata e anzi contrastata da tutti, centrodestra e centrosinistra. Ora che siamo già in emergenza, Meloni e Fitto tagliano interventi programmati per il dissesto idrogeologico, le aree interne, la riqualificazione di immobili confiscati alle mafie, la messa in sicurezza di edifici pubblici e il loro efficientamento energetico, per spostare i fondi europei del Pnrr su progetti di grandi società di stato (Terna, Snam Rete Gas, Ferrovie dello Stato) già previsti e spesso già finanziati con risorse nazionali. Insomma, per non perdere i fondi, si rinuncia in quota parte alle finalità del Piano, ossia essere un grande investimento complementare e aggiuntivo orientato alla modernizzazione dei servizi e alla riduzione dei divari territoriali, generazionali e di genere. Intendiamoci: l’elettrodotto Tyrrhenian Link, con cui Terna collegherà le reti elettriche di Sicilia e Sardegna con l’Italia continentale, e il gasdotto della linea Adriatica di Snam sono cose buone e giuste, ma li avremmo realizzati comunque, mentre si sta rinunciando a misure altrettanto utili contro il dissesto idrogeologico, la sicurezza del territorio o gli investimenti nell’idrogeno. E dunque, a questo punto, che impiego avranno le risorse nazionali “liberate” dal Pnrr? Saranno dedicate (come necessario) agli stessi obiettivi di innovazione, transizione energetica e riduzione dei divari territoriali del Pnrr oggi cancellati, magari su un orizzonte temporale più lungo rispetto al 2026, o si anteporranno a tali obiettivi le sedicenti priorità di questo governo, dalla flat tax all’abolizione del super bollo passando per lo smantellamento della legge Fornero?
Pier Camillo Falasca
Al direttore - Caro Cerasa, come da prassi consolidata, delle vicende spagnole, dopo le elezioni di domenica 23 luglio, non ci sono più spazi nella stampa italiana. Noi italiani in genere guardiamo alla Spagna con aria di sufficienza, considerato che è arrivata alla democrazia dopo di noi. In ogni caso le recenti elezioni sono una lezione per l’Italia politica. Vedremo come andrà a finire per la formazione del governo, anche se in Spagna le elezioni anticipate non sono un trauma. In ogni caso in Spagna si vota in un giorno e i seggi si chiudono alle 20, con gli exit poll, dopo pochi minuti. In Italia invece, con il nuovo modo di governare, siamo tornati a votare in due giorni, in contraddizione con la campagna ventennale, soprattutto nell’area di centrodestra, di votare in un solo giorno. Non parliamo poi della durata della legislatura, quattro anni, rispetto ai nostri cinque. Si potrebbe continuare con altri esempi. Per dimostrare che il sistema spagnolo è migliore delle nostre scelte all’italiana.
Giovanni Attinà
Sulla velocità, concordo: grande invidia. Sul resto non tanto. Le elezioni si vincono più con i voti che con i sistemi elettorali. E anche il tanto disprezzato Rosatellum, la legge elettorale con cui si vota oggi in Italia, in fin dei conti non funziona così male, dato anche il contesto di un paese come il nostro che ha scelto di non scegliere tra avere un sistema pienamente proporzionale e uno pienamente maggioritario. Ci pensi su.