Cosa non fa il governo sui migranti. Botta e risposta col prefetto Valenti
Al direttore - Gentile Cerasa, è nella storia del Viminale “stare coi piedi per terra”, ben piantati e ancorati sempre all’ascolto delle tante voci che provengono dal territorio e da ogni antenna presente nelle e tra le istituzioni. Proprio questa capacità, che non risiede in questo o in quel governo ma che affonda le radici nella storia di questo dicastero, all’inizio di giugno aveva portato la direzione centrale competente a emanare la famosa circolare dei 50 mila arrivi previsti per il periodo 1 luglio-15 settembre. Ebbene il dato odierno, che attesta attorno ai 40 mila gli ingressi dal primo luglio a oggi, sta a testimoniare come le stime fossero appropriate e realistiche, forse anche calcolate leggermente in difetto. Passando poi ad altri due temi che occupano le pagine di alcuni quotidiani e cioè gli “effetti nefasti” del decreto Cutro sull’accoglienza dei richiedenti asilo e il “collasso” dei centri e dei territori – espressione allarmante quanto mai ricorrente malgrado i fatti dimostrino che le misure prese abbiano consentito di affrontare l’emergenza – vale la pena di far presente che:
1) il decreto Cutro non ha assolutamente toccato gli importi dei corrispettivi da erogare né nel Sai né nei Cas;
2) il decreto Cutro, nell’escludere dall’accoglienza nel Sai gestito dai comuni i richiedenti asilo – riservando invece i percorsi di seconda accoglienza in tali strutture a coloro che hanno già ricevuto lo status di protezione internazionale e mantenendo comunque nel circuito del Sai coloro che vi avevano fatto ingresso da meri richiedenti – ha comunque salvaguardato la permanenza per i vulnerabili e le famiglie con minori. Oggi sono poco più di 8 mila i richiedenti presenti (la stragrande maggioranza vulnerabili e famiglie) e non vi sono ulteriori disponibilità se non nell’ordine di qualche decina. Ciò da solo dà la misura di come la teoria che il decreto Cutro abbia penalizzato l’accoglienza non trovi fondamento nella realtà;
3) l’ascolto che il Viminale riserva a ogni territorio porta di volta in volta il dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione a valutare, e se del caso ad assecondare le richieste che provengono dai prefetti, compatibilmente con l’andamento dei flussi. Ciò vuol dire che se in Emilia-Romagna o in Veneto o altrove si è valutato di differire di pochi giorni l’invio di migranti è perché la situazione contingente lo consente, ben consapevoli, al centro come in periferia, che se gli sbarchi dovessero improvvisamente impennarsi, la misura dovrà essere riconsiderata;
4) in prima persona e con i colleghi del dipartimento siamo stati, a oggi, in tutte le regioni e il primo settembre saremo a Modena e a Bologna per due incontri con le amministrazioni locali che fanno seguito ad altre precedenti analoghe riunioni.
L’ascolto e il confronto sono il costante riferimento dell’essere autorità di governo e ogni polemica non appare indirizzarsi al necessario spirito di collaborazione che auspichiamo al Viminale.
prefetto Valerio Valenti,
capo dipartimento Libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, commissario straordinario all’immigrazione
Gentile Valenti, grazie della sua lettera. Ma ci permettiamo di insistere sul tema. Per almeno due ordini di ragioni. La prima ragione ha a che fare con il vero tassello mancante nelle politiche migratorie del governo: le politiche di integrazione. Questo governo ha capito in fretta che le sue idee sull’immigrazione erano sbagliate (blocco navale chi?) ma non ha capito altrettanto in fretta che quando l’immigrazione fatica a essere governata come si vorrebbe occorre accettare il fatto che chi resta in Italia non deve essere trasformato in un bandito. Integrare significa questo. Significa trasformare una difficoltà in una opportunità. E su questo punto purtroppo il governo non ha fatto nulla. Il secondo tema interessante suggerito dalla sua lettera garbata riguarda un altro problema forte che esiste all’interno dell’esperienza di questo governo. E’ un problema non tecnico ma politico ed è l’assoluta mancanza di visione, di idee, di strategie utili a spiegare cosa si sta facendo, verso che direzione si sta andando, verso quale obiettivo ci si sta muovendo. Il governo cambia idea ogni giorno rispetto alle sue idee del passato ma non prende atto di un fatto importante: se cambi idea non solo dovresti spiegare perché le tue idee del passato erano sbagliate ma dovresti prendere atto di ciò che serve per continuare con intelligenza a muoverti verso la nuova direzione. E questo, gentile Valenti, l’esecutivo semplicemente non lo sta facendo.
Al direttore - Ancora il caso Vannacci. Il generale che, da quanto si legge, ha nostalgia dei tempi in cui un omosessuale veniva chiamato “pederasta, ricchione o culattone”. Parole, scrive costui, che in fondo si trovavano anche nel dizionario! Ricordo un ragazzino che nel quartiere di Napoli dove ho vissuto la mia infanzia tentò di uccidersi per come lo chiamavano e per la sofferenza che lo dilaniava quando gli urlavano contro “ricchione”. Il ministro della Difesa si comporta dignitosamente, Vannacci lo difendono fascisti di FdI e della Lega. Una stretta al cuore pensare che costoro sono al governo del paese.
Umberto Ranieri