Lettere
Amato, Ustica e quella massima di Pasolini sulla ricerca della verità
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - “La verità va fortemente esagerata perché risulti credibile” (Joan Fuster, “Consells, proverbis i insolències”, 1968). #GiulianoAmatoUstica.
Michele Magno
“Il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità” (Pier Paolo Pasolini).
Al direttore - In riferimento alla lettera di Michele Magno sul Foglio di ieri, vorrei ricordare che, per il ruolo del principe di Salina, Visconti aveva scelto Amedeo Nazzari. Gli americani, che avevano messo soldi nella produzione, vollero invece che quel ruolo fosse coperto da un attore americano (probabilmente per questioni di mercato interno). Fu così che Visconti scelse Burt Lancaster.
Antonio Machì
Segnalo meme straordinario giratomi da Mariarosa Mancuso: “Ultime da Hollywood: Adam Driver interpreterà Pierfrancesco Favino in un film di Pierfrancesco Favino”.
Al direttore - Molti anni fa agli albori del movimento ambientalista italiano a un convegno promosso da Legambiente partecipò il professor Mario Monti, allora già noto economista, ma ancora lontano da incarichi politici, che fece nel suo intervento un paragone ardito, ma alquanto fondato. “Io mi preoccupo molto del crescente debito pubblico italiano”, disse più o meno, “come voi vi preoccupate del deterioramento ambientale. Le due cose hanno un fattore in comune: un lascito negativo per le future generazioni. Che saranno costrette a farsi carico di un doppio debito, quello finanziario e quello ambientale”. Parole sagge, profetiche, ma inascoltate, anzi tradite dall’una e dall’altra parte. Come è andata con il debito italiano è cosa nota. “Sempre più su per dimenticare che siamo giù”, cantava Rita Pavone. Fra le tante cose che hanno in comune questa destra e questa sinistra italiane, anche se non lo sanno, spicca l’idea che il debito pubblico sia un pozzo senza fondo al quale attingere per sempre con nuove voci di spesa a favore di questa o di quella categoria mettendo a rischio la tenuta finanziaria del paese, e destinando una quota sempre maggiore delle entrate ordinarie al pagamento degli interessi sul debito, lasciando così un onere insostenibile ai nostri figli. Che per altro sono sempre più pochi cosicché la quota pro capite a loro carico aumenta ogni giorno. Ma certo era difficilmente immaginabile che un bel contributo a questa situazione potesse venire anche da politiche verdi senza senso e senza efficacia. Anzi che la scusa dell’ambiente, perché di questo si tratta, diventasse il pretesto per dilapidare ingenti risorse pubbliche senza costrutto alcuno. Il debito maturato grazie ai vari bonus ambientali, scaricati su crediti d’imposta sempre più generosi a cominciare dal famigerato 110, eliminano ogni spazio di manovra per le finanze pubbliche con quote di debito annuale paragonabili a quelle di una robusta Finanziaria. Per capirci meglio e mettere le cose in chiaro, sono soldi sottratti al taglio del cuneo fiscale, all’aumento delle spese per la sanità, per la scuola, per la cura del territorio. Anche agli investimenti ambientali fatti però con un grano di sale. Perché i risultati ottenuti con queste ingenti spese sono ridicoli se paragonati all’ammontare complessivo. Un’infima percentuale del patrimonio edilizio italiano ne ha potuto godere e in buona parte inoltre esso ha finito per favorire i “capienti” anziché gli “incapienti” , i ricchi anziché i poveri per farla breve. Insomma una specie di manuale del “che cosa non bisogna fare”. Ci sono tre idee sbagliate alla base di questa e di altre politiche ambientali. La prima consiste nel ritenere che una transizione giusta significhi mettere a carico dello stato ogni futuro onere ambientale. Bonus ulteriori per efficientare il patrimonio edilizio, bonus per favorire la transizione verso l’auto elettrica, ricordo che siamo stati capaci di mettere un bonus anche per i monopattini, bonus per gli agricoltori… La seconda un malinteso keynesismo che si avvicina molto all’idea che anche spendere quattrini per aprire buche e poi ricoprirle significhi produrre uno stimolo all’economia. Con buona pace di ogni distinzione fra debito buono e debito cattivo. E infine l’idea che la bontà assoluta e indiscutibile degli interventi ambientali giustifichi ogni onere, senza misurazioni di efficacia della spesa. Era già successo con gli incentivi alle rinnovabili, oggi da tutti considerati inutilmente onerosi rispetto all’andamento del mercato, ma che intanto hanno messo sulle spalle degli italiani circa 15 miliardi all’anno di tasse occulte, perché mascherate dentro gli oneri di sistema delle bollette elettriche e del gas. E naturalmente tutti oneri con effetti fiscali regressivi. Chi ha di meno paga di più. Un capolavoro.
Chicco Testa