lettere al direttore
Cosa dovrebbe fare una società di storici seria per non essere ambigua sul terrorismo islamista
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Era praticamente ovvio che una volta finita l’emozione vera o presunta per i fatti di sangue del 7 ottobre il mondo avrebbe ricominciato ad attaccare con sempre maggiore intensità Israele. E presto arriverà anche l’Onu a far sentire la sua voce nel coro. Però Hamas nasconde 199 ostaggi, continua a progettare attentati e a lanciare razzi di là dal confine per uccidere gli ebrei. Israele per tanti dovrebbe scendere a patti con i terroristi, trattare. In sostanza dovrebbe smettere di difendersi, e di difenderci. Il mondo al contrario.
Jori Diego Cherubini
Al direttore - L’articolo pubblicato mercoledì 18 ottobre 2023, a pagina 4, dal giornale da lei diretto e dal titolo “Condannare Hamas? Ecco l’ambiguità degli storici italiani”, a firma di Gianluca De Rosa, si è soffermato in maniera scorretta su alcuni interventi di una mailing list interna fra studiosi, ha riferito di mail che sono da considerare private perché riservate a un confronto tra soci, ha disegnato profili da eludere sostanzialmente anche il riferimento anonimo ad alcuni degli autori delle mail. C’è da aggiungere che, peraltro, l’articolo non ha colto la riflessione su un nodo storico complesso, una riflessione che a volte assume toni accesi, ma che è libera nelle modalità, che a volte può essere urticante ora per alcuni soci ora per altri, per i toni e per le differenze di posizione, ma non è mai così riduttiva come appare dall’articolo comparso mercoledì sul vostro giornale. Si confonde, inoltre, una Società di storici dell’età contemporanea con oltre 1.000 iscritti per un partito o per un’associazione di altra natura o per un sito di appelli. A chi avremmo dovuto indirizzare un comunicato di condanna di Hamas? E quale importanza i media riservano in genere a tali comunicati? Ma è significativo che per il suo giornale sia una notizia l’assenza di un comunicato stampa. Il compito di una società di storia non è quello di condannare una barbarie come quella del 7 ottobre (condanna peraltro esplicitamente o implicitamente scontata in tutti gli interventi nella mailing list), ma capire da dove sgorga tanta violenza, riandare alle radici di un conflitto di lungo periodo e seguirne il corso storico; è proporre riflessioni, chiamare in causa quegli studiosi che da anni dedicano una buona parte delle loro ricerche alla complessità di quel conflitto: una complessità che non può essere ridotta alla semplificazione dell’analisi del giorno corrente. Per questo abbiamo scelto di organizzare un’iniziativa con studiosi specialisti di quel conflitto in un periodo non a ridosso dei fatti più brutali, che ci porti distanti dall’orrore e ci dia il modo di riflettere con maggiore lucidità, lontani dalla comprensibile emotività di questi giorni. Anche questa informazione è stata pubblicata in lista ma deve essere sfuggita a De Rosa. Lei converrà sicuramente che lo studio storico può essere affrontato con prospettive, metodi e interpretazioni diverse da studioso a studioso. Non si tratta di ambiguità, si chiama pluralità ed è il sale del confronto tra studiosi che possono confrontare idee e interpretazioni diverse. Considerando l’accesso riservato che avete alla nostra lista, potrete trarre giovamento da una lunga lista bibliografica e di siti che è comparsa nel nostro dibattito di questi giorni. Speriamo che, con qualche lettura in più, possiate evitare altri infelici articoli come quello di mercoledì scorso. Sicuri che ci accorderà questo diritto di replica.
Le porgiamo distinti saluti.
Il direttivo della Sissco
Grazie della lettera. Ma mi si permetta di dissentire. Il compito di una società di storia è anche quello di condannare una barbarie come quella del 7 ottobre, se lo si considera importante. E il compito di una società di storia seria, desiderosa di non essere ambigua, se ci è consentito dirlo, non dovrebbe essere quello di osservare ciò che è successo il 7 ottobre in Israele ragionando su “una complessità che non può essere ridotta alla semplificazione dell’analisi del giorno corrente”. Ma, se ci fosse un po’ di coraggio, dovrebbe essere quello di ragionare sulle radici del terrorismo, su ciò che spinge un islamista a uccidere un ebreo in quanto ebreo, sul ciò che spinge un jihadista a uccidere un infedele in quanto infedele. Ci auguriamo, con qualche lettura in più delle pagine del nostro giornale e dei nostri approfondimenti, che possiate evitare infortuni come quelli segnalati dal nostro De Rosa. E nel caso in cui ci fosse sfuggita una qualche condanna chiara della Sissco, una qualche parola chiara sulla pericolosità del terrorismo islamista fateci sapere che pubblicheremo subito il vostro contributo. Ma qualcosa mi dice che aspetteremo invano. Grazie e buon lavoro.