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Lettere

Il dovere di reagire all'antisemitismo che dilaga ovunque nel mondo

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Come gesto di “forte“nei confronti del popolo ebraico che in questi ultimi tempi ha visto montare un odio sempre più incalzante propongo di regalare ai lettori una kippah, da indossare per solidarietà.

Ezio Dal Molin

Ottima idea, ma già fatto. Era il 27 gennaio del 2016. Regalammo a tutto i nostri lettori una kippah. E lo facemmo dopo che il leader della comunità ebraica di Marsiglia, Zvi Ammar, aveva consigliato ai suoi di non indossarla più perché “troppo pericoloso”. Coraggio, Israele.


Al direttore - Nell’onda di antisemitismo che dilaga in Europa e negli Stati Uniti ci sono elementi inquietanti perché inediti. Nel secolo scorso l’antisemitismo era promosso e fomentato dai governi: si pensi ai servizi segreti zaristi che falsificano e diffondono i “Protocolli dei Savi di Sion” e alle legislazioni antirazziali. In queste settimane è scoppiato, violento e improvviso, un diffuso sentimento popolare che vede protagoniste le élite, le sedi della cultura e della formazione delle classi dirigenti. Tutto ciò nell’ambito di ordinamenti democratici creati per dire “mai più”. Si celebra di nuovo in questa occasione quella saldatura tra estrema destra ed estrema sinistra già emersa durante l’emergenza sanitaria e l’aggressione russa dell’Ucraina. I misfatti di oggi dimostrano ancora una volta che gli ebrei hanno diritto a un posto sulla terra in cui vivere in pace e in sicurezza. E di difenderlo dai nemici, La comunità internazionale che nel 1948 riconobbe questo diritto quale risarcimento dell’Olocausto, oggi, ha il dovere di farsene garante a fronte del risorgere di un antisemitismo di nuovo conio.
Giuliano Cazzola


Al direttore - Perché tutte quelle anime belle, dai Santoro ai Di Battista (l’elenco è lungo), pacifisti in servizio permanente effettivo che sull’Ucraina chiedevano a Zelensky di deporre le armi per evitare una carneficina del suo popolo, non chiedono ora a Hamas di fare altrettanto per evitare il massacro dei palestinesi? Che pacifismo è quello che chiede a un aggredito di arrendersi all’aggressore e non fa altrettanto nei confronti di chi ha provocato la mattanza di 1.400 ebrei?
Massimo Cecchini


Al direttore - Le cosiddette pratiche a tutela di un magistrato il Csm le apre per molto meno di quello che sta accadendo a Tommaso Perna massacrato mediaticamente dopo aver detto di no a 140 arresti chiesti dalla procura di Milano che ipotizzava una cupola a tre teste Cosa nostra ‘ndrangheta e camorra a fare il bello e cattivo tempo in Lombardia. “Così la lotta alla mafia torna indietro di 30 anni”. “Non ha capito che il modello di criminalità organizzata si è evoluto”. “Ha fatto copia incolla con il parere di un avvocato” (che c’entra niente con l’inchiesta ndr). Sono i rimproveri le accuse dei colleghi della procura amplificati dai giornali, il Fatto e Repubblica soprattutto, assetati come sempre di sangue, arresti, condanne. Altrimenti per loro non c’è giustizia.

Il Csm in questo caso dorme e una spiegazione c’è. La pratica a tutela viene aperta quasi automaticamente se il magistrato finisce nel mirino di esponenti politici. In caso contrario succede nulla o quasi, soprattutto se si tratta di “diatribe” tra magistrati. Al Csm interessa solo se c’è di mezzo la politica. E questo conferma che siamo davanti a un organismo politico, una sorta di terza Camera. Altro che organo di autogoverno della magistratura come da sempre viene pomposamente definito dagli addetti ai lavori, utilizzando un termine sbagliato anche tecnicamente. Tanto per fare un esempio. Nell’ambito del caso Eni-Nigeria i pm Paolo Storari e Fabio De Pasquale se ne sono dette di tutti i colori si sono insultati a verbale e anche nell’aula del processo in corso a Brescia che vede imputato De Pasquale. Eppure i due magistrati continuano a stare nello stesso ufficio, la mitica procura di Milano perché il Csm brilla sul punto per la sua assenza. Si fa scudo e alibi delle vicende penali in corso. Per cui nulla di nuovo sotto il Sole se il giudice Tommaso Perna viene lasciato in balìa del circo mediatico. C’è stato solo un comunicato del presidente del tribunale Fabio Roia per ricordare che il controllo del gip sui pm non è patologico ma fisiologico. Il giudice che non arresta insomma non ha diritto di essere tutelato da parte di chi sarebbe obbligato a farlo istituzionalmente. Di recente per il giudice siciliano Iolanda Apostolico il Csm ha aperto la famosa pratica. Ma Apostolico era stata attaccata dai politici di centrodestra. Tommaso Perna si è limitato ad applicare il diritto decidendo che il reato di associazione mafiosa non c’era. I giornaloni schierati con l’arresto a tutti i costi lo stanno trattando come un incapace o un deficiente. Al Csm non frega niente. E’ la giustizia bellezza, è la libera stampa bellezza. E noi possiamo farci niente.
Frank Cimini

In un paese in cui i pubblici ministeri sono stati trasformati dalla grancassa mediatica in difensori d’ufficio del popolo, ogni atto volto a limitare l’azione di un pm diventa automaticamente un oltraggio al popolo sovrano. E se poi colui che limita l’azione di un pm è un giudice, che ha osato una volta tanto non fare “mela c” e “mela v” con l’ordinanza di un pm, si capisce che l’oltraggio è massimo e che quel giudice deve essere delegittimato, screditato, infangato. Coraggio, dottor Perna: la nostra piena solidarietà.

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