lettere al direttore
Appello per il cessate il fuoco? Il “non firmo” di una prof. Lezioni
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Nell’epilogo di “Eichman in Jerusalem. A Report on the Banality of Evil” (1963), Hannah Arendt si rivolge direttamente al funzionario nazista: “Tu ci hai narrato la tua storia, presentandola come quella di un uomo sfortunato […]. Ma anche supponendo che la sfortuna ti abbia trasformato in un involontario strumento dello sterminio, resta sempre il fatto che tu hai eseguito e perciò attivamente sostenuto una politica di sterminio. La politica non è un asilo: in politica obbedire e appoggiare sono la stessa cosa”. Fino al Sedicesimo secolo era frequente la rappresentazione della sinagoga come una donna dagli occhi bendati. La benda alludeva alla cecità degli ebrei, e a quel simbolo veniva contrapposta l’immagine della chiesa, in forma di donna dallo sguardo libero e illuminato dalla grazia di Dio. Più tardi, su questa immagine si trasferì il simbolo umanistico e cristiano di una giustizia imparziale e pubblica. I molti, troppi, che obbediscono ai cattivi maestri e appoggiano l’idea che Israele vada cancellato dalla cartina geografica, non hanno capito che oggi proprio la sinagoga incarna – contro di loro – l’immagine della giustizia bendata.
Michele Magno
Leggo la sua lettera e penso a un’altra lettera, fantastica, che ha scritto due giorni fa una professoressa coraggiosa dell’Università di Torino: Daniela Santus. Una lettera scritta in risposta all’appello inviato agli accademici a firmare per la richiesta di un cessate il fuoco a Gaza. Santus ha spiegato perché non avrebbe firmato quella lettera. Dice: “Avrei accolto la proposta se aveste chiesto: l’immediata firma di un trattato di pace con Israele, per far finalmente decollare il progetto ‘due Stati per due Popoli’; l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi”. Ricorda che in Israele “hanno ucciso donne, bambini, neonati, sopravvissuti alla Shoah, hanno bruciato vive intere famiglie, hanno cavato gli occhi a padri e tagliato i seni a madri, hanno mutilato bambini di 6-8 anni delle mani e dei piedi prima di ucciderli”. E poi spiega. Non firmo, scrive la prof, “perché non voglio che la mia firma contribuisca a dare il tempo ad Hamas di riorganizzarsi e compiere altri attentati, come due giorni fa ha promesso un alto funzionario di Hamas – Razi Hamed – che in un’intervista riportata anche da Repubblica ha affermato: ‘Ripeteremo le azioni del 7 ottobre finché Israele non sarà distrutto’”. Non firma la prof, perché “è chiaro che si tratta di propaganda”: “Definite Israele come Stato in cui vige l’apartheid e forse non a tutti/e è chiaro il significato del termine. In Israele gli arabi vivono in ogni distretto, ma particolarmente a nord. A Nazareth, ad esempio, nel 2017 vivevano 76.551 persone, 40 mila delle quali erano di fede islamica. Oggi sono decisamente aumentati. Ma anche a sud vi sono importanti insediamenti arabi, basti pensare alla città beduina di Rahat con i suoi quasi 70 mila abitanti. Più nello specifico va notato che vi sono 122 comuni israeliani composti interamente o per la maggior parte da cittadini arabi: l’apartheid, come si può evincere dai dati, esiste soltanto nella propaganda di chi vorrebbe la cancellazione dello Stato ebraico”. Non firma la prof “perché parlate di 75 anni di ‘segregazione’ etnica e non avete nemmeno la decenza di ricordare che, tra il 1949 e il 1967 i territori di West Bank e Striscia di Gaza erano in mani arabe. Anzi, persino una parte di Gerusalemme era sotto occupazione araba”. Non firma la prof ” perché parlate di Convenzione di Ginevra, ma nulla dite sull’utilizzo da parte di Hamas delle strutture mediche nella striscia di Gaza per scopi terroristici o del fatto che terroristi armati di Hamas aprano il fuoco dalle finestre dell’ospedale Sheikh Hamad. Questo è permesso dalla Convenzione? E’ corretto sparare contro le ambulanze israeliane?”. Non firma, infine, “perché non soltanto non voglio la cancellazione del popolo palestinese, ma non voglio neppure la cancellazione del popolo d’Israele. Vorrei la fine del regime di Hamas e un futuro sicuro e di pace per palestinesi e israeliani. Peccato non poter condividere questa speranza con voi”. Applausi.
Al direttore - Finché la violenza e la propaganda antiebraica si svolgono nelle strade di Londra, Parigi e Los Angeles, pur nella tragicità dei fatti, siamo in un certo senso nella normalità delle cose. Domenica scorsa per la prima volta sono spuntate delle scritte antisemite nella placida e periferica provincia di Siena; nel modesto conglomerato urbano di Taverne d’Arbia è apparsa una stella di David equiparata alla svastica nazista; immagini simili a Poggibonsi e in una strada a nord del capoluogo. Oggi, per gli ebrei, quindi per gli occidentali, non esiste un porto sicuro.
Jori Diego Cherubini