Lettere
Essere neutrali su Israele significa non capire chi è l'aggredito e chi è l'aggressore
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Stimato direttore, nell’ambito del dibattito in corso sul tema delle riforme costituzionali, Ella sostiene che la proposta di riforma della Meloni e alleati di maggioranza per introdurre il premierato elettivo nel nostro ordinamento istituzionale – quantunque sia imperfetta e un pasticcio – potrebbe essere migliorata e resa accettabile purché in Parlamento siano accolte due modifiche sostanziali: il doppio turno per l’elezione diretta del premier e il limite di due mandati consecutivi per il medesimo primo ministro eletto (Cerasa, il Foglio 9/11). Al di là del merito e del potenziale migliorativo effettivo delle integrazioni alla riforma da Ella consigliate e auspicate, le chiedo: esistono le condizioni politiche perché il Parlamento possa modificare il testo di riforma del governo? Mi permetta la franchezza: personalmente credo che dette condizioni non sussistano per tentare di giungere ad una soluzione condivisa di riforma della Costituzione. Se prendiamo in esame il quadro politico a oggi, difatti, non possono sfuggire alcuni fattori oggettivi: a) il governo è il primo attore protagonista che sa bene che la riforma costituzionale presentata è il risultato di un compromesso pasticciato al ribasso tra le componenti della propria maggioranza, concepito per rendere impossibile e molto rischioso per il governo ogni tentativo di apertura a modifiche migliorative in Parlamento; b) la sinistra Pd (Schlein) e M5s (Conte) ha assunto subito sull’intera questione una posizione barricadiera al grido di “non si tocca la Costituzione più bella del mondo”; c) Italia viva che, fallito il progetto del Terzo polo, agita propagandisticamente il proprio appoggio all’idea dell’elezione diretta del premier indicata dalla Meloni, dando l’impressione di essere mossa più da ragioni esclusivamente politico-partitiche che da genuini propositi sistemici per per una riforma istituzionale condivisa; d) l’invito rivolto alle forze di maggioranza e di opposizione dalle componenti politiche riformiste presenti nel Pd e da Azione – perché nel confronto in Parlamento siano quanto meno presi in esame alcuni punti del modello tedesco di Cancellierato che potrebbero rendere più equilibrato il testo di riforma del governo e soprattutto allargarne il consenso – sembra destinato a cadere nel vuoto per le ragioni politiche suddette. Conclusione: per l’ennesima volta, temo che il paese rischi di non avere alcuna riforma costituzionale. Sono troppo pessimista?
Alberto Bianchi
Molto realista, non pessimista, ma noi siamo ottimisti. Se proprio c’è lo spazio per cambiare sistema, cambiamolo adottando l’unica formula che potrebbe mettere insieme stabilità e trasformismo. Se lo spazio per cambiare sistema non c’è, e non c’è la possibilità di avere una riforma costituzionale meno disastrosa rispetto a quella presentata da Meloni & Co., restare con l’attuale sistema è una prospettiva niente male. Non è un golpe la riforma Meloni, come dice l’opposizione, e non è una vergogna il sistema attuale, come dicono Meloni & Co. Pessimisti, ma ottimisti.
Al direttore - Martedì scorso, a un mese dal pogrom di Hamas, la comunità ebraica di Milano ha organizzato una serata di memoria, sofferenza e speranza. La Sinagoga centrale era stracolma, e non solo di ebrei, di tanti milanesi solidali con la causa ebraica. Con la causa occidentale. Segno che Milano non è la piazza pro Hamas fintamente camuffata da “Palestina libera”. Milano è civiltà, libertà, pace (quella vera). Per questo i fischi spontanei di una larga parte dei presenti, rivolti al sindaco Sala – citato dalla presidente del Consiglio comunale – ci dicono molto sullo stato della sinistra radical chic. Beppe Sala non è solo ostaggio di una sinistra woke, tutta ecoansia e distintivo. Beppe Sala è ostaggio della sua incapacità di prendere posizione: un po’ per assecondare l’intellighenzia fighetta che si sta appiattendo su un sentiment anti israeliano, un po’ perché teme che schierarsi apertamente con Israele sia un regalo al centrodestra che, all’opposto, ha subito manifestato il suo sostegno, nettissimo, ed è paladino delle comunità ebraiche. Così il sindaco di Milano (Milano: l’arci-metropoli che sogna di diventare capitale europea) ha scelto il silenzio e la distanza dalla comunità ebraica, che conta più di 8.000 milanesi.
Oscar Strano
Essere neutrali significa già aver deciso cosa non si vuole difendere fino in fondo. E significa non capire con chiarezza chi è l’aggredito e chi è l’aggressore. E a proposito di aggredito: ieri, a Roma, sono apparse una Stella di David e una svastica nazista sui muri del quartiere ebraico e in alcune zone di Trastevere. Ma in fondo lo sappiamo qual è il punto: cosa volete, Israele se l’è cercata, no?