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Le azioni di Israele non giustificano reazioni antisemite. Lezioni tedesche
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore – Nell’articolo intitolato “Al di sopra delle parti”, apparso sul Foglio il 10 novembre, Giuliano Ferrara ha scritto, a proposito di un appello recente firmato da varie persone, tra cui i sottoscritti: “Nel testo si dice, nell’ordine, che occorrono un immediato cessate il fuoco a Gaza” ecc. In realtà l’appello comincia così: “A un mese dall’eccidio di massa di israeliani perpetrato dall’organizzazione armata di Hamas” ecc. Grazie per l’attenzione.
Carlo Ginzburg, Giovanni Levi, Stefano Levi Della Torre, anche a nome di altri firmatari
Risponde Giuliano Ferrara. Caro Carlo, se i firmatari dell’appello non fossero partiti da questa premessa non avrebbe avuto nemmeno senso una discussione. Alla premessa nel testo segue il “che fare”, con in testa la richiesta di un cessate il fuoco, poi altro. È su quello, e altro, che ho dissentito radicalmente. Grazie comunque per la precisazione. Un saluto.
Al direttore – Su quanto avvenuto il 7 ottobre in Israele, tutti con trepidazione abbiamo ascoltato le fonti di informazione e i commenti relativi degli esperti, dei politici e dei militari. Fatti gravissimi per i quali Israele, terrorizzata, poteva e doveva reagire. Eppure, quando con intelligenza, forza e prudenza chirurgica l’esercito israeliano ci ha provato, è entrato in Gaza, allora sono sorti i come e i perché. Oggi, pare a me, siamo un po’ tutti più consapevoli. Quella fase pro Hamas sembra essersi, almeno, smorzata. Lo smantellamento delle milizie terroristiche, “necessario” per Israele e più in generale per gli occidentali, pare essere divenuto funzionale, possibile e doveroso nei fatti, anche per tutto il mondo moderato arabo. Gli “esposti” palestinesi di Gaza stanno pagando un prezzo spropositato, ma nessun paese fratello pensa di accoglierli in casa propria. Il timore che ai civili si uniscano anche i nuclei terroristici è da sempre una delle cause prime della irresolubilità del conflitto palestinese. Dopo il 7 ottobre, paradossalmente, si è aperta invece una possibilità di cambiamento. Se Israele dovesse perdere questa guerra contro Hamas, gli Hezbollah, e più in generale i fanatici religiosi islamici, sarebbero proprio loro, i palestinesi di Gaza, a non avere alcuna prospettiva di pace per il futuro. Un cartello dei manifestanti capitolini affermava: “Sotto le mura di Gerusalemme combatte tutto l’occidente”. Aggiungo: “Israele combatte anche per una grande parte dell’oriente, desideroso di umanità e di pace”. È in questa logica che a Gaza le democrazie, anche le più imperfette, non possono perdere.
Angelo Botturi
“Il massacro di Hamas, nato con l’intenzione dichiarata di distruggere la vita ebraica in generale, ha spinto Israele a reagire. Il modo in cui viene effettuato questo contrattacco, giustificato in linea di principio, è oggetto di controversie. E i princìpi di proporzionalità, evitare vittime civili e condurre una guerra con la prospettiva di una pace futura, devono essere principi guida. Nonostante tutta la preoccupazione per la sorte della popolazione palestinese, gli standard di giudizio scivolano completamente quando alle azioni israeliane vengono attribuite intenzioni genocide. In particolare, le azioni di Israele non giustificano in alcun modo reazioni antisemite, soprattutto in Germania. È insopportabile che gli ebrei in Germania siano ancora una volta esposti a minacce contro la vita e l’incolumità fisica e debbano temere la violenza fisica nelle strade. I diritti fondamentali alla libertà e all’integrità fisica nonché alla protezione contro la diffamazione razzista sono indivisibili e si applicano equamente a tutti. A questo devono attenersi anche coloro che nel nostro paese hanno coltivato sentimenti e convinzioni antisemite dietro ogni sorta di pretesti e ora vedono una gradita opportunità per esprimerli senza inibizioni”. Nicole Deitelhoff, Rainer Forst, Klaus Günther e Jürgen Habermas. Da imparare a memoria.