lettere al direttore
Così Hamas soffoca ogni trattativa sui due popoli e due stati
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Se è vera, la proposta del governo israeliano di un cessate il fuoco di due mesi in cambio del rilascio graduale di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas dovrebbe ricevere una risposta positiva. Tanto più se i palestinesi di Gaza ne fossero correttamente informati. Qui casca l’asino. Può un gruppo terroristico, che prospera sull’ignoranza e sulle sofferenze di una popolazione tenuta prigioniera col pugno di ferro, accettarla davvero senza pagare un prezzo al suo burattinaio? Chi vivrà, vedrà. En attendent, nel frattempo, cosa ne pensano Elly Schlein, Giuseppe Conte e tutti quelli che “ci vuole la de-escalation”?
Michele Magno
Sul fatto che si debba e si possa trattare sugli ostaggi nessun dubbio. Sul fatto che si debba e si possa trattare sul resto, con Hamas, anche sui due stati, utile leggere una dichiarazione fatta pochi giorni fa da Khaled Mashal, uno dei leader di Hamas, gennaio 2024, curiosamente ignorata dai paladini della libertà delle Nazioni Unite: “Rifiutiamo la soluzione dei due stati: significa che si otterrebbe la promessa di uno stato [palestinese], ma che si è tenuti a riconoscere la legittimità dell’altro stato, che è l’entità sionista: inaccettabile”. From the river to the sea.
Al direttore - In questi giorni infuria il dibattito intorno ad alcune nomine del ministero della Cultura volute secondo le stesse parole del ministro Sangiuliano per riportare equilibrio nella gestione dell’istituzione culturale del nostro paese, la cui conduzione, sempre secondo il ministro, era fortemente sbilanciata verso un pensiero di sinistra. Ritengo legittimo, perché questo avviene anche in altri paesi e la Francia è un esempio molto significativo, che un nuovo governo di segno diverso dai precedenti dia la propria impronta anche alla cultura. Tuttavia mi sembra che in questo dibattito più acceso intorno alle persone manchi qualche considerazione sulla loro competenza. Cultura significa anche riferirsi alla manutenzione e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio italiano che non ha facili paragoni in nessun altro paese. In Italia, i fondi pubblici sono in buona parte destinati alla custodia del patrimonio pubblico materiale e immateriale, al renderlo sempre più fruibile e conosciuto facendo crescere negli italiani, soprattutto nei più giovani, la consapevolezza delle proprie radici e quella di vivere in un paese unico nel quale l’incontro con l’arte, la bellezza, la storia possano rappresentare un’occasione di crescita, di consolazione, di contenimento del disagio sociale e di rafforzamento di quel senso di comunità che oggi sembra appassito. Tutelare il paesaggio, promuoverlo rispettandone il linguaggio, anche a fini turistici, gestire l’assegnazione dei fondi pubblici destinati alle arti visive e allo spettacolo e al talento avendo sempre ben presente che il fine ultimo è quello di ampliare la conoscenza e non solo creare consenso politico non sono obiettivi di destra o di sinistra Se il dibattito si ferma al giudizio su nomine il cui orientamento politico è evidente, si perde di vista il cuore del problema: quale è il ruolo del sostegno pubblico alla cultura? Se risponde a criteri di tutela oltre che di valorizzazione di tutto il patrimonio culturale italiano ci renderemo conto ben presto che il giudizio, o la critica, non sono da destinare oggi come nel futuro al colore politico di chi governa le istituzioni culturali ma all’azione delle stesse che non dovrebbe rispondere a una logica di parte ma a un compito più alto e indicato nella Costituzione. La gestione di un museo o il sostegno alle attività culturali non diventino solo occasioni per definire quale debba essere il colore della cultura ma per promuoverla nel modo più corretto, ampio e trasparente. E su questo, sul merito, sull’efficacia dell’azione pubblica, sulle scelte che essa compie si dovranno esprimere i cittadini più attenti ricordando però che la custodia del patrimonio culturale deve anche essere collettiva e quindi spettare a ciascuno di noi.
Ilaria Borletti Buitoni
presidente Società del Quartetto Milano
vicepresidente Fondo ambiente italiano
Al direttore - La Lombardia ha 10 milioni di abitanti, dimezzati per svista non mia nel gradito colloquio pubblicato sul Foglio di sabato. Ci tengo a precisarlo prima che qualcuno mi tacci di analfabetismo demografico. Dissi 10 milioni, scrissero 5. W la Lombardia.
Maurizio Gasparri