Lettere
Una verità importante di Molinari sui giornali e i loro editori
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Intervistato da Repubblica, il giudice Piergiorgio Morosini, che da gup rinviò a giudizio Mori, De Donno, Subranni, Dell’Utri e Mancino nel processo sulla fantomatica “trattativa” stato-mafia ha affermato che “una pianta organica inadeguata in un tribunale come quello di Palermo rischia alla lunga di tradursi in un involontario favore a Cosa nostra”. Può darsi! Così com’è possibile che lo stesso accada se pezzi di quella pianta organica vengono sacrificati per seguire, per anni, inutili processi. O no?
Luca Rocca
A proposito di Repubblica. Bisogna fare i complimenti al direttore Maurizio Molinari. Ieri ha scritto sui social una verità importante: “Questa idea di delegittimare i giornali sulla base dell’identità o dell’attività del loro editore è qualcosa che appartiene a governi come quelli di Orbán o di Trump”. Una verità importante, sì, forse persino un’autocritica al giornale che dirige, che per trent’anni in effetti ha delegittimato le tv di Berlusconi e i giornali della sua famiglia proprio sulla base dell’identità e dell’attività del loro editore. Ben detto!
Al direttore - Oltre a celebrare Sinner tra qualche giorno al Quirinale, il presidente Mattarella dovrebbe stimolare pubblicamente il governo affinché la riforma fiscale adotti politiche per far rientrare alcune società dall’Olanda e pure un campione come lui da Montecarlo.
Corrado Beldì
Se vogliamo impedire ai ricchi di andarsene, dobbiamo anzitutto chiederci perché lo fanno.
Al direttore - Rilanciare i rapporti tra Italia e Africa in modo paritario e sostenibile è un compito enorme, che richiede una visione e un notevole dispendio di capitale politico nel lungo periodo. Ma è un impegno al quale l’Italia non può più sottrarsi: gran parte del nostro futuro (ambientale, energetico, di stabilità) dipende da ciò che avverrà in Africa. Va dato atto alla presidente Meloni, quindi, di avere fatto del rapporto con l’Africa un obiettivo di legislatura, capendo che per l’impresa non bastano solo visite e dichiarazioni, ma servono anche strumenti specifici e una strategia pluriannuale. Questa è la genesi del Piano Mattei, di cui abbiamo visto un appariscente inizio con il vertice del 28 e 29 gennaio. E’ toccato al presidente dell’Unione africana (quello vero) ricordare alla presidente del Consiglio quanto sia ambizioso l’obiettivo che lei ha dato al nostro paese. “E’ necessario passare dalle parole ai fatti, non ci accontentiamo di semplici promesse che poi non sono mantenute”, ha detto a riguardo Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell’Unione africana, nel suo intervento al Senato. Il presidente Faki ha anche rivolto critiche al governo italiano per non aver consultato i paesi africani, auspicando un nuovo approccio non securitario nella gestione dei flussi migratori, a riprova del fatto che il cammino che una relazione “non predatoria, non prevaricatrice e realmente paritaria”, come aveva auspicato la presidente Meloni, è lungo e carico di ostacoli. Non basterà quindi un po’ di retorica sugli “italiani brava gente” per convincere i governi africani delle buone intenzioni dell’Italia rispetto alla gestione comune del fenomeno migratorio. A Meloni potrebbe giovare ricordare che il continente africano accoglie da solo e con pochissime risorse 40 milioni di sfollati e rifugiati e che i governi africani ritengono scandaloso l’atteggiamento di chiusura rispetto ai rifugiati di paesi molto più ricchi che vanno in tilt per qualche decina di migliaia di arrivi all’anno. Insistere troppo sull’obiettivo del contenimento delle migrazioni rischia quindi di essere controproducente. Durante il vertice Meloni ha anche fatto grandi annunci di risorse finanziarie. Resta da capire se sono annunci di risorse fresche, oppure si tratta di una riallocazione di risorse già stanziate. La controprova di questo arriverà se, da qui a due o tre anni, si terrà un altro vertice, con analoga partecipazione. Allora sapremo che agli annunci sono seguiti fatti, e risorse, e si è iniziato a creare un rapporto reale di cooperazione con alcuni governi africani. Ripartite le delegazioni africane, spente le luci del vertice inizia un lavoro puntuale e di lunga lena. Come opposizione, prenderemo sul serio il compito di contribuire a definire una politica africana per l’Italia, a cui parteciperemo, con spirito costruttivo e critico. Considerata la portata della sfida, ci sentiamo di consigliare anche al governo di mettersi a lavorare. Leggendo le dichiarazioni di alcuni suoi esponenti – il sottosegretario Fazzolari che celebra la “leadership di Meloni, che ribalta la storia dei rapporti Ue-Africa” oppure il peana del ministro Lollobrigida alla “Donna (sic) che ha fatto più per l’Africa in pochi mesi, che altri in cento anni” – il rischio di cadere nel ridicolo è a un passo.
Lia Quartapelle, deputata del Pd