lettere al direttore
Indignarsi per Salis è doveroso. Non essere ipocriti pure
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Com’è che i ragazzi impiccati in Iran indignano molto meno, o non indignano affatto, i benpensanti prog. che si indignano per le manette di Ilaria Salis? Sarà soltanto ipocrisia?
Maurizio Crippa
Indignarsi per le manette di Ilaria Salis è doveroso. Così come è doveroso che il governo faccia qualcosa di concreto per tutelare il rispetto dello stato di diritto in Europa (sui suoi cittadini ma non solo). Ma se le carceri e i tribunali sono davvero il termometro giusto per misurare lo stato di diritto di un paese bisognerebbe applicare la stessa sacrosanta severità anche sulle carceri dei paesi che non vogliamo criticare (l’Iran) e anche sulle carceri dei paesi su cui non vogliamo aprire gli occhi (l’Italia). Indignarsi per Salis è doveroso. Non essere ipocriti pure.
Al direttore - “L’intelletto ha i suoi pregiudizi, il senso le sue incertezze, la memoria i suoi limiti, l’immaginazione le sue oscurità. I fenomeni sono infiniti, le cause nascoste, le forme transitorie” (Denis Diderot, “Pensieri filosofici”, 1746). Contro tanti ostacoli che troviamo in noi stessi e che la natura ci oppone, disponiamo di una sola certezza: che per Giuseppe Conte, intervistato da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, Biden e Trump pari sono (come lo erano Macron e Le Pen). Parafrasando Totò, va bene il campo largo, ma qui si esagera.
Michele Magno
La scena è stata stupenda. Domenica, a “Che tempo che fa”, Fabio Fazio ha chiesto al punto di riferimento fortissimo della sinistra, Giuseppe Conte, chi preferiva tra Biden e Trump. Conte ha detto di non volersi schierare, per non dare un dispiacere all’amico Donald. Dal fronte antifascista è tutto. A voi studio.
Al direttore - Articolo impeccabile il suo di lunedì. Dirò di più: sul fronte interno (su quello esterno la minaccia maggiore è una possibile elezione di Trump) il nemico della Meloni, l’unico in certa misura pericoloso, non è certo l’opposizione – frammentata, litigiosa, con leader passati senza elettori (Renzi) e il Pd senza leader (Meloni si mangia Schlein in un boccone) – il solo problema è Salvini. Non entro nei dettagli che conosce meglio di me (la precipitosa caduta della Lega e la straordinaria crescita della popolarità e dei voti per Meloni al capitano leghista gli sono rimaste di traverso), ma osservo che tutta la caciara sulla riforma costituzionale e questa fissa sulla elezione diretta (sciocchezza secondo me – ma dovrei scrivere un articolo per argomentare), non solo non c’entrano niente con il fascismo, ma dipendono dal bisogno che sente Meloni di far crescere la sua autorità in seno alla sua coalizione grazie a una chiara e diretta investitura popolare. Che poi funzioni non è detto – come direbbero i vecchi Dc, se si va al referendum del pazzo articolo 138 (anche questa affermazione richiederebbe un articolo, che però ho scritto, ma in inglese) Meloni, come Stalin nel ’48, a differenza di Dio, non può vedere che cosa scriveranno sulla scheda gli elettori di Salvini. Meloni fa benissimo a temere la destra. Una sinistra intelligente (e un pezzetto forse sufficiente c’è) potrebbe darle quello di cui ha bisogno (per esempio il nome sulla scheda elettorale) senza consegnarsi al popolo sovrano – senza quorum, per le riforme costituzionali. Il quorum ci vuole per cancellare l’appellazione controllata di un vinello dei Monti Lattari.
Pasquale Pasquino