lettere
Non è male se a protestare in Europa sono solo i contadini
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Sgarbi dal Tar otterrà il diritto di spiegarsi a Sanremo.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - La jacquerie contadina è durata una settimana; poi Bruxelles è caduta dopo poche ore di assedio. Se lo immagina, caro Cerasa, se invece dei trattori, ci fossero i Panzer di Putin?
Giuliano Cazzola
Non confondiamo. Capire le ragioni degli agricoltori è un dovere anche se non si condividono le proteste (ci sono le elezioni, chi vuole trovarsi con i trattori alle urne?). E poi, caro Cazzola, i Panzer di Putin ci sono già, ormai da due anni. Non sono arrivati a Bruxelles, grazie al cielo, ma Bruxelles da due anni fa tutto quello che è nelle sue possibilità per tenerli lontani, per non farli avanzare, per rendergli la vita difficile, per non permettere a uno degli eserciti più potenti del mondo di entrare in una democrazia debole e sguarnita come quella ucraina come accade con le lame quando entrano nel burro. I Panzer di Putin sono ai nostri confini da due anni. E il fatto che dopo due anni di sostegno militare all’Ucraina le uniche proteste serie di cui parliamo sono quelle degli agricoltori è tutto sommato una buona notizia.
Al direttore - Faccio mio l’urlo (così siamo almeno in due) sommamente disperato lanciato ieri dall’Elefantino, fondatore, a proposito del grande balzo in avanti per l’umanità compiuto grazie ai francesi. I quali, con inclinazione e ispirazione splatter almeno dal 1789, non potevano che introdurre in Costituzione il “diritto” (e qui la mano va subito alla fondina) ad abortire. Ciò che è stato, peraltro divinamente scritto, chiamato da Ferrara “infinita vergogna e schifo”. Ecco, qui sta il punto decisivo che farebbe a me, e non solo credo, digerire chiunque – Le Pen, Trump, Orbán, Milei, finanche l’AfD – pur di sabotare qualunque “liberale” alla Macron, spianatore di strade luciferine su cui “sguazza, sciaguatta e diguazza” (cit.) il peggio della canuta Europa. Per non dir di noi, dell’Italia. Il Foglio s’incazzi, e molto, come un tempo faceva.
Peppe Rinaldi
Al direttore - Il rischio che anche il 2024 si presenti con scarse precipitazioni è alto. Saranno decisivi i mesi da qui fino all’inizio dell’estate sia per la pioggia che per la neve che costituisce una riserva importante. Il commissario nominato dal governo ha recentemente fatto il punto. Ha riproposto un elenco di misure ormai ben note, e su cui vi è un largo consenso, delle cose che si dovrebbero fare. In Italia nonostante la riduzione delle precipitazioni di acqua continua ad arrivarne più di quanta ce ne serva. Ma la maggior parte va dispersa. Al primo posto quindi ci sarebbe la necessità di aumentare lo stoccaggio attraverso invasi grandi e piccoli. Poi c’e la riduzione delle perdite, il riuso delle acque reflue, la ripulitura dei bacini esistenti, l’introduzione di metodi avanzati ed efficienti di irrigazione, limitando la dispersione. Quel che ci sarebbe piaciuto sapere è che cosa è stato fatto dopo la forte siccità del 2022. Sono stati convocati tavoli con più lati, molte dichiarazioni, interessanti convegni. Ma come è il bilancio idrico oggi dopo più di un anno passato dagli allarmi del 2022? Quali misure di accelerazione di opere incagliate da anni sono state prese? Come è stato sciolto il groviglio di poteri che imbriglia ogni decisione? Quante risorse sono state stanziate? I contadini sono per strada per tanti motivi diversi. Non volesse il cielo che a questo malumore si dovesse aggiungere anche un altro anno siccitoso. Ministro Salvini, per favore batta un colpo. Ci faccia sapere.
Chicco Testa