Lettere

Quel che i “nostri” sodali di Russia unita dicevano di Navalny

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Leggo l’endorsement di Giuliano Ferrara per le future elezioni europee, il suo rimpianto/invocazione per una sorta di Rosa nel pugno. Si possono sollevare molte obiezioni, ma una fra tutte: dove sono le credibili e necessarie persone di bosco e di riviera? Non a caso si finisce con l’evocare Marco Pannella che unico sarebbe riuscito (forse) nell’impresa di andare oltre un miope calcolo aritmetico (che in politica non raggiunge mai il suo “scopo”). Hic Rhodus.
Valter Vecellio

 



Al direttore - Ricordo male o anni fa, in Italia, alcuni leader su Navalny dissero cose orribili?
Maria Attoni


Ci arriviamo. Ieri a Tel Aviv – ripeto: Tel Aviv – trecento persone si sono ritrovate di fronte all’ambasciata russa esponendo diversi cartelli. Uno di questi era: “Putin, non puoi uccidere tutti”. Anni fa, alcuni leader italiani, ricorderete quali, amavano passeggiare allegramente a Mosca, indossando magliette con il volto di Putin. Erano gli anni in cui alcuni leader, ricorderete quali, ricorderete quale, sostenevano di sentirsi a proprio agio più a Mosca che a Bruxelles. Erano gli anni in cui alcuni leader, uno in particolare, diceva frasi come queste su Navalny: “E’ l’ennesima montatura mediatica”, “mi sembra esagerato creare novelli eroi”, “l’idea che Putin sia considerato un dittatore mi fa sorridere”, “in Russia sei mesi fa ci sono state le elezioni e Putin è stato eletto democraticamente”. Quei leader, anzi quel leader, nel 2021 ha cambiato idea, su Navalny,  ha definito, in un voto al Parlamento europeo, il 20 gennaio 2021, “inaccettabile” l’avvelenamento, aggiungendo una frase netta, pronunciata dall’onorevole Marco Zanni, capogruppo di Id al Parlamento europeo: “Non possiamo permettere che vicino a noi ci siano stati con cui cooperiamo che utilizzano l’arma giudiziaria e potenzialmente l’arma dell’attentato per mettere a tacere l’opposizione politica”. Ci si aspettava ieri non tanto  che Salvini stracciasse l’accordo di cooperazione rafforzata che come leader della Lega ha sottoscritto anni fa con il partito di Putin, accordo rinnovato nel 2022, in piena guerra ucraina. Ci si aspettava ieri non tanto che Salvini andasse di fronte all’ambasciata russa, dove lo conoscono bene. Ci si aspettava che per lo meno ieri la Lega ripetesse le stesse parole usate da Zanni. E invece no. Questa è la dichiarazione del vice Salvini, Andrea Crippa: “Ci possono essere sospetti, coincidenze  strane, ma additare persone come colpevoli mi sembra prematuro e  inopportuno. Aspettiamo che si faccia chiarezza”. Da Russia unita è tutto, a voi la linea.

 


 

Al direttore - Sono diversi i punti interessanti e innovativi del discorso di Mario Draghi, tenuto a Washington, che il Foglio ha pubblicato. Uno, poco sottolineato dagli osservatori, riguarda il rapporto, in Europa, tra agenzie indipendenti tra di loro e con le istituzioni della politica. L’unione delle forze ha dato buona prova durante la pandemia. Tra queste Authority vi è pure la Banca centrale. Poi Draghi specifica che l’indipendenza (di tali autorità) non significa separazione. C’è, allora, da chiedersi perché, visto quel che sta succedendo a proposito del temuto avvitamento tra prezzi e salari perché non si pensa a un raccordo, a livello centrale e nazionale, tra politica monetaria, politica di finanza pubblica e salari e profitti? Ovviamente non è affatto facile realizzare una tale iniziativa. Ma un raccordo almeno reciprocamente conoscitivo, ferme restando le rispettive indipendenze, sarebbe assolutamente importante. Mutuerebbe elementi della concertazione ciampiana, tenuto conto dell’evoluzione poi intervenuta. 
Angelo De Mattia

Di più su questi argomenti: