lettere al direttore
Le marionette di Putin che non si alzano per commemorare Navalny
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - All’alba del terzo anno di guerra sul suolo ucraino la speranza è che, presto, tacciano le armi e terminino le sofferenze di quel popolo martoriato, violato dall’aggressione dell’autocrate di Mosca. Ma occorre dare gambe a questa speranza. Gambe robuste. Capaci di fermare non solo l’offensiva militare criminale, ma anche quella mediatica scatenata da Putin per trarre profitto dalle campagne elettorali negli Stati Uniti e in Europa. E questo mentre colora di morte la propria – fasulla, perché di fatto senza avversari – campagna elettorale. L’omicidio di Alexsei Navalny, il massacro di migliaia dei suoi soldati pur di trasformare in simbolo la conquista della cittadina di Avdiivka. E poi l’improvvisa esposizione pubblica per lanciare l’inquietante avvertimento sulle amicizie di cui conta “anche nei paesi ostili”. In casa nostra, come a un richiamo, ha risposto Salvini, mettendo in discussione la responsabilità del regime per la morte di Navalny: fatto gravissimo per il numero due del governo cui compete la guida del G7. Ma quelle gambe non debbono piegarsi. E qui il discorso non può che cadere sull’Europa. E riconoscere che alla risposta solida delle prime ore al tentativo di Putin di dividere l’Unione, non ha fatto seguito una linea che rendesse l’Europa protagonista di una via d’uscita diplomatica, della costruzione fattiva di una pace giusta. Non intendo ridimensionare la decisione assunta a dicembre di aprire le porte dell’Ue a Kyiv né tantomeno il tredicesimo pacchetto di sanzioni alla Russia appena approvato. Ma l’Europa politica fa fatica a emergere: difesa comune, investimenti condivisi su tecnologie sempre più cruciali e critiche per la sicurezza, superamento del diritto di veto. Eppure è questa l’Europa che servirebbe oggi. Se l’Europa non dovesse compiere un salto di qualità comprendendo che siamo a un tornante della Storia allora il suo stesso futuro rischierebbe di essere compromesso. Lungo il Dnepr non è in gioco solo la sorte dell’Ucraina. Sotto attacco ci sono i fondamenti delle nostre libere società e i pilastri su cui si sono poggiati decenni di pace, democrazia, giustizia. In gioco c’è la forza del diritto, minacciata dal diritto della forza. Anche per questo le europee di giugno hanno un’importanza decisiva.
Anna Ascani
deputata Pd, vicepresidente della Camera dei deputati
A proposito di Orbán. Ieri i rappresentanti del partito del premier ungherese si sono rifiutati di alzarsi in Aula durante il minuto di silenzio chiesto per commemorare l’omicidio di Alexei Navalny. Marionette di Putin. E dove trovarle.
Al direttore - Non manganellate gli studenti, ma all’università spiegategli che Hamas è una montagna di cacca, che il genocidio è un’altra cosa, che scendere in piazza chiedendo la pace ma anche la liberazione degli ostaggi è più nobile e bello e giusto che schierarsi solo contro Israele
Andrea Minuz
Al direttore - L’ex marito della soubrette Alessia Fabiani è stato assolto, dopo otto anni di processo, dalle accuse di maltrattamenti verso la ex moglie. Mentre lei ora è indagata per falsa testimonianza. Secondo i giudici la donna ha inventato tutto. Sono sempre più numerosi i casi di personaggi famosi, maschi, che vengono accusati di violenza da donne, e poi assolti. Dopo essere passati dal tritacarne. E chissà quanti sono quelli che subiscono la stessa ingiustizia lontano dalle telecamere. Tutta la società oramai, giuridica e mediatica, si schiera subito dalla parte delle donne (presunte vittime), contro gli orchi. Sia con misure di custodia cautelare sempre più stringenti, che di opinione pubblica sempre più schierata. Il MeToo contro la cultura dello stupro. Al di là della verità. Per difendere le donne, a prescindere, abbiamo calpestato l’uomo e lo stato di diritto. Con questo volevo mandare un abbraccio a Silvio Viale.
Annarita Digiorgio
Al direttore - Nell’articolo di Lorenzo Marini “Grandi progetti al Flaminio” sono riportate le parole del prof. G. Caudo che sostiene che la giunta Raggi abbia bloccato il progetto di via Guido Reni. L’affermazione non è corretta. L’Amministrazione Raggi ha approvato il piano di via Guido Reni (prima in giunta e poi in Assemblea capitolina, nel 2019) esattamente con le quantità e le funzioni proposte dalla precedente Giunta Marino (palazzine e albergo oltre ai servizi pubblici) dopo una complessa procedura (comune, regione, sovrintendenze, autorità di bacino) che oltre ai necessari atti necessari per una variante al Piano regolatore, ha dovuto affrontare il tema della fragilità idrogeologica dell’area che non prevedeva quel tipo di edificabilità viste le condizioni di rischio (costruire in aree a rischio esondazione era una passione dell’ex assessore). La procedura dunque non si è mai interrotta e il Piano è comunque esecutivo dal 2019. Le scelte dopo quella data riguardo la vendita del compendio o le aste citate, sono tutte legate a scelte della proprietà.
Luca Montuori
già assessore all’Urbanistica della giunta Raggi