lettere al direttore
L'appello per liberare senza condizioni gli oppositori in Russia
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Crudele nefandezza più grande dell’uccisione del nemico è negargli la sepoltura. “Dal dì che nozze e tribunali ed are / dier alle umane belve esser pietose”, la tomba è scrigno dei più alti sentimenti umani, perché in essa è consacrato il mistero della morte. La storia dell’umanità “civile” nel suo procedere prende infatti avvio dal culto dei morti. E sempre Foscolo: “Su gli estinti / non sorge fiore, ove non sia d’umane / lodi onorato e d’amoroso pianto”. Particolarmente le tombe degli eroi acquistano il valore di altari su cui si depongono sentimenti civili, patriottici e religiosi. Lo spietato Achille è impietosito dalle suppliche di Priamo e gli restituisce il cadavere del figlio Ettore, ucciso in duello. Antigone si immola di fronte alla crudeltà di Creonte che nega la sepoltura al fratello Polinice, dichiarato nemico della patria. La letteratura di tutti i tempi e di ogni latitudine ha esaltato il culto dei morti e delle tombe. Dante: “Come, perché di lor memoria sia, / sopra i sepolti le tombe terragne / portan segnato quel ch’elli eran pria, / onde lì molte volte si ripiagne / per la puntura della rimembranza” (Purgatorio, XII, 16-20). Ed esaltando la buona sorte delle spose certe di morire in patria, perché i loro mariti non erano esuli, fa dire a Cacciaguida: “0h fortunate! Ciascuna era certa della sua sepoltura” (Paradiso, XV, 118-119). E dire che Putin, con la benedizione di “Sua Santità” Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, aveva intrapreso l’occupazione dell’Ucraina anche come Crociata contro il corrotto occidente!
Ortensio Zecchino
A proposito di Navalny. La sua sepoltura sarà un passaggio triste come è stata la sua fine. Meno triste però è sapere che vi sono trentotto paesi, tra cui l’Italia, che ieri hanno rilanciato un appello alle autorità russe affinché vengano immediatamente e incondizionatamente rilasciati Vladimir Kara-Murza e tutti gli attivisti dell’opposizione politica in Russia, i difensori dei diritti umani, i giornalisti e altri attori dei media, tra cui: Oleg Orlov, leader dell’organizzazione per i diritti umani vincitrice del Premio Nobel Memorial condannato il 27 febbraio a 2,5 anni di carcere per aver presumibilmente “screditato” l’esercito russo, l’ex deputato moscovita Alexei Gorinov, condannato a sette anni per una serie di dichiarazioni contro la guerra; Maria Ponomarenko, condannata a sei anni per aver diffuso cosiddette “fake news” sull’esercito russo; Alexei Vladimirovich Moskalyov, condannato a due anni con l’accusa di “azioni volte a screditare le Forze armate” dopo che sua figlia aveva fatto a scuola un disegno contro la guerra; Dmitri (Dima) Aleksandrovich Ivanov, condannato a otto anni e sei mesi con l’accusa di aver diffuso false informazioni sullo schieramento delle Forze armate russe; così come Ilya Yashin, Olga Smirnova, Alexandra Skochilenko, Boris Kagarlitsky, Yuri Dmitriev, Igor Baryshnikov, Lilia Chanysheva, Ksenia Fadeeva, Ivan Safronov e molti altri. Senso dell’appello, spiegato ieri dal ministro degli Esteri inglese: “La Russia deve fermare i suoi incessanti attacchi e repressioni contro dissidenti, giornalisti indipendenti e cittadini comuni che esercitano la loro libertà di espressione. Le politiche volte a reprimere la società civile avranno conseguenze devastanti a lungo termine. Non c’è futuro nella violenza. Non c’è futuro nella repressione”. Direbbe Lev Tolstoj: “E’ coraggioso colui che teme quel che deve temersi, e non teme quel che non deve temersi”.