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Dall'asse franco-tedesco a quello franco-francese. Un Macron perfetto

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Thomas Jefferson diceva che ogni uomo ha due patrie, la sua e la Francia. A distanza di secoli, quella frase ha ancora un significato profondo, quantomeno per noi europei: con tutti i suoi difetti, lo sciovinismo, l’ansia per la centralità perduta, il mal d’Africa, il protezionismo agricolo, la Francia resta l’essenza dell’Europa, il suo cuore politico e culturale. Non avremmo potuto dire le stesse cose, probabilmente, se all’Eliseo negli ultimi anni avesse abitato chi come Marine Le Pen pensa alla Francia solo come “patria dei francesi”, ma Emmanuel Macron vive la sua presidenza consapevole che la Francia è anche la seconda patria di tutti noi. Ne gode, gli conviene e se ne fa anche carico. La Francia ha rotto i tabù teutonici sul debito europeo e ha favorito la nascita del Next Generation Eu. La Francia reagisce ai rigurgiti reazionari dell’occidente e afferma il diritto costituzionale all’aborto nel 2024 e con esso la forza immutata della laicità della Repubblica. La Francia avverte la tentazione isolazionista americana ed evoca l’invio di soldati in Ucraina a supporto delle retroguardie di Kyiv, ricordando a noi tutti che è inevitabilmente Parigi la prima garanzia di sicurezza (e deterrenza nucleare) europea. Dall’asse franco-tedesco all’asse franco-francese.
Piercamillo Falasca

“A mio avviso, abbiamo bisogno di un nuovo inizio, di un risveglio strategico delle nostre democrazie perché la Russia, attraverso la sua impunità, minaccia la sicurezza del continente europeo e i suoi valori. Gli ucraini stanno lottando per i nostri valori, la nostra sicurezza e la nostra libertà, e anche noi dobbiamo raccogliere questa sfida. E la nostra determinazione non vacillerà perché riguarda la nostra sicurezza”. Così Macron a Praga. Semplicemente perfetto. Leggete il testo integrale che pubblichiamo oggi sul Foglio: non ve ne pentirete. 



Al direttore - Dunque si scopre che i conti del 2023 sono ben peggiori di quanto previsto per alcune decine di miliardi, all’incirca 60, ma a comunicarlo non è il ministero dell’Economia né la Ragioneria dello stato, bensì l’Istat. I conti del 2024 risultano così già largamente compromessi e bisognosi di pesanti manovre correttive. Roba da richiedere l’immediata convocazione del ministro competente in Parlamento con estrema urgenza. Che la maggioranza di governo sorvoli su questa rogna non da poco mi sembra comprensibile. Ma che non si trovi una presa di posizione dell’opposizione, ferma e responsabile come si diceva una volta, ha dell’incredibile. Dovrebbe inchiodare il governo e invece tace. C’è l’Abruzzo, che cosa volete che conti tutto il resto? Ma al di là dell’Abruzzo la ragione del silenzio dell’opposizione ha motivazioni  ben più profonde. Il saccheggio dei conti pubblici e il ricorso al debito senza misura è da tempo il vero collante di quasi tutte le forze politiche, la loro vera missione. Certamente delle maggiori, compresi FdI e il Pd. I 5 stelle poi hanno la ragione fondante nel “graduitamente”. L’Italia è da tempo diventata un’economia che si regge per altro con  scarsi risultati in termini di crescita  su bonus, superbonus, sconti fiscali, incentivi, contributi a fondo perduto, salari garantiti.  Ogni parte politica concorre in parti uguali, a favore di questa o quella corporazione, e quindi si guarda bene dallo scoperchiare  queste pentole maleodoranti. La conseguenza è che il debito (cattivo) cresce a una velocità ben superiore a quella della crescita economica. Un capolavoro. Ma vi è un’ulteriore negativa conseguenza. La cultura del rischio di impresa e individuale sta letteralmente scomparendo dal nostro paese. Se le rendite che posso estrarre da ritorni garantiti dallo stato sono certe e congrue purché avventurarsi in imprese  rischiose? Conosco la risposta: così fan tutti. A parte il fatto che questo non è vero né nella quantità né nell’estensione ci si dimentica che purtroppo noi lo spazio fiscale di un malinteso keynesismo ce lo siamo giocato da tempo. Persino la Grecia è oggi più virtuosa, per non parlare di Spagna e Portogallo. Che l’Europa poi voglia mettersi in società e spartire il debito con noi mi sembra assai poco probabile. Ma il debito è una droga troppo potente per destra e sinistra. Meglio l’Abruzzo.
Chicco Testa
 

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