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Se gli ayatollah delle procure sono intoccabili come i sacerdoti, allora viva gli eretici!
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Nel suo “Magistrati contro la libertà di stampa” di ieri lei finge di lamentarsi dell’assenza di post-it sugli altri quotidiani in difesa del Foglio, finito nel mirino della procura di Firenze per un onesto pezzo dell’impeccabile Ermes Antonucci sulle travagliate vicende della medesima procura. La sua non meraviglia per il mancato coro unanime a difesa della libertà di stampa minacciata da alcuni magistrati trova conferma in un vecchio aforisma del grande, e più volte citato, Gilbert K. Chesterton: “Non abbiamo bisogno di una censura sulla stampa, abbiamo già una censura per mezzo della stampa”. Nihil novi… Poi però lei incappa in un paragone suggestivo ma ormai bruciato dalla cronaca: “I magistrati sono delle figure sacre, come dei sacerdoti, e qualunque critica possa essere mossa contro di loro equivale a un oltraggio, a una lesa maestà”. Faccio notare che muovere, non una critica, un’accusa contro un sacerdote, un vescovo, un cardinale ormai è sport internazionale (le bastino tre nomi: il porporato australiano George Pell, quello francese Philippe Barbarin, e il polacco Stanislaw Dziwisz) che assicura plausi e meriti di pulizia, salvo poi vederli prosciolti o assolti, e non è certo considerato un oltraggio. A meno che lei intendesse che i magistrati sono i sacerdoti di una nuova religione. Beh, allora, viva gli eretici!
Ubaldo Casotto
Diceva Giovanni Falcone che la cultura del sospetto è l’anticamera del khomeinismo. E se si sceglie di restare nella metafora non si farà fatica a capire che un paese che accetta di vivere senza ribellarsi in una teocrazia giudiziaria lo fa anche perché considera gli ayatollah delle procure figure più sacre, più intoccabili e più inviolabili di qualsiasi testimone di Dio. Viva Chesterton.
Al direttore - “La storia non sarà gentile con coloro che non hanno lottato per la libertà” (Winston Churchill, maggio 1940).
Michele Magno
Il professor Antonio Leo Tarasco ci ha chiesto di pubblicare la seguente rettifica, relativamente all’articolo “I boiardi del governo Meloni”:
La procedura di concessione della Certosa di Trisulti è iniziata nell’anno 2016, con il ministro Dario Franceschini. L’individuazione dei beni da concedere in concessione è stata effettuata dall’allora segretario generale, Antonia Pasqua Recchia e il bando è stato firmato dall’allora direttore generale dei Musei, Ugo Soragni, che affidò al prof. Tarasco l’incarico di responsabile del procedimento. La valutazione delle offerte degli enti che hanno presentato domanda è avvenuta esclusivamente da parte di una commissione nominata nel 2017 dal segretario generale del ministero della Cultura alla quale il prof. Tarasco era estraneo. Non vi ha mai preso parte. Peraltro, per la Certosa di Trisulti, è stata presentata un’unica domanda valida; non altre. I risultati dell’attività valutativa della commissione sono stati comunicati dal suo presidente al segretario generale del ministero che con proprio decreto del giugno 2017 li ha approvati. L’atto di concessione della Certosa di Trisulti è stato firmato non dal prof. Tarasco, ma dall’ex direttore museale regionale del Lazio, Edith Gabrielli. Alla luce di quanto sopra, il prof. Tarasco risulta soggetto assolutamente estraneo nella scelta del concessionario della Certosa di Trisulti. Peraltro, dal 2016, anno di avvio della procedura concessoria, il prof. Tarasco ha operato all’interno del ministero e alla direzione generale Musei collaborando con ben tre diversi direttori generali succedutisi nel tempo (Soragni, Lampis, Osanna) senza aver mai subìto alcun procedimento disciplinare né alcun tipo di allontanamento. Al contrario, il prof. Tarasco ha sempre conseguito punteggi di performance massimi o elevatissimi.