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lettere al direttore

Se lo spettro di Salvini si impossessa dell'account X del Viminale

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Straripante Minuz nella pagina su Scurati. Mi piacerebbe una pagina intera del Foglio con le immagini di Scurati dedicata al suo martirologio antifascista.
Serafino Penazzi

 


 

Al direttore - La sua filippica contro Salvini è giusta, ma non coglie il problema di fondo: il conflitto d’interessi tra il dirigente di partito e il ministro. Un minimo di decenza istituzionale  suggerirebbe che il dirigente di partito, a caccia di voti quali che siano – come la pecunia, non olet –, non può e non deve ricoprire cariche pubbliche. Il dito è Salvini, la luna il sistema, che andrebbe riformato ab imis.  Sarebbe bene che il Foglio, con la sua autorevolezza, ne discutesse. Grazie per l’attenzione.
Michele Rinaldi

C’è anche un’alternativa. Fare bene entrambe le cose. Trasformare la promozione del buon senso in un motore di consenso. Non pensare che l’Italia sia un paese di Vannacci. Non fare il leader della Lega un tempo nord e lavorare contro il nord. Ed evitare di trasformare il proprio partito nella controfigura di una barzelletta. Fare il ministro e il politico non è un dramma. Il dramma è farlo mettendo un piede sempre più vicino a Marte e sempre più lontano dalla realtà. E il dramma è farlo usando anche gli account ministeriali per fare campagna politica come è successo ieri, quando su X lo spettro di Salvini si è impossessato dell’account del Viminale di Piantedosi, con questo messaggio: “Un cittadino marocchino, con numerose denunce per furto, rapina e danneggiamento, è stato rimpatriato nel suo paese d’origine”. Prossima volta specificare anche il colore della pelle, no?

   


 

Al direttore- Tre voci recentemente hanno risuonato in Europa: Mario Draghi, Enrico Letta, Emmanuel Macron, indicanti un’Ue soggetto unitario di potenza. Ebbene: cosa vuol dire questo, per le forze politiche italiane impegnate nel confronto sulla riforma costituzionale, in termini di rapporto tra quadro geopolitico mondiale  e scenario politico interno? Può essere utile, in tal senso, ricorrere alla storia. Appena dopo la Seconda guerra mondiale, tutte le forze politiche di allora espressero una forte consapevolezza circa la corrispondenza tra piano geopolitico europeo e mondiale – bipolarismo tra Usa e Urss – e ordinamento costituzionale e politico della nascente Repubblica, che condusse a un parlamentarismo proporzionalista puro e a un’area di governo delimitata che tagliava le ali estreme anti americane ed anti atlantiste di destra e di sinistra. Corrispondenza esterno-interno, dunque, che ritroviamo nel passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica e che si pone anche oggi nella fase di disordine internazionale che viviamo. Credo che Draghi, Letta e Macron, nell’indicare la prospettiva di un’Ue di potenza – per essere all’altezza di competere con superpotenze globali come Usa e Cina e di contrastare l’aggressività di una potenza come la Russia – spingano tutte le forze politiche italiane a domandarsi quale nuovo assetto del sistema politico e istituzionale interno nostro (=riforma costituzionale ed elettorale) possa meglio essere in armonia con la prospettiva indicata. E come non vedere che solo la forza politica (o alleanza di forze politiche) che saprà cogliere e declinare detta corrispondenza potrà dare concretezza ed espressione reale alla propria autonomia strategica nel sistema politico e ricoprire un ruolo decisivo per il presente e il futuro dell’Italia?            
Alberto Bianchi

   


 

Al direttore - Buongiorno, gentile Direttore Cerasa. Pur essendo abbonato al Foglio, oggi ho comprato il quotidiano in edicola – a volte mi accade. Ebbene, da domani in poi acquisterò il Foglio in edicola, controcorrente verso quel che ha preso piede dovunque, concernenti informazioni e consultazioni e relazioni con gli altri. A leggerlo sul cartaceo, il suo editoriale di oggi mi è parso una finestra aperta alla logica del dovere di saper dire. Le sono grato.

Enrico D’Angelo

Ottima scelta! Grazie di cuore. 

   


   

Al direttore - Per la Bce il problema della comunicazione appare sempre più incontrovertibile. I diversi membri del Consiglio direttivo parlano frequentemente come se ognuno di essi fosse un osservatore, un commentatore, se non un “quisque de populo”. Si moltiplicano, in discorsi pubblici, loro appelli alla Bce, spesso alcuni in un senso, altri in senso contrario, come se l’Istituto fosse governato da altri e a esso si indicasse “ab externo” il “che fare”. Di tutto ciò non vi è poi grande traccia nelle minute pubblicate riguardanti la discussione che dovrebbe esservi nell’organo unico a tal fine deputato, il Consiglio. Insomma, a poco a poco si sta affermando un comportamento proprio delle istituzioni della politica e, più direttamente, dei partiti. Quando una Banca centrale era retta monocraticamente da un governatore, ciò che questi dichiarava in pubblico era sicuramente quel che poi attuava. Oggi bisogna fare i conti con la collegialità decisionale e il pluralismo e trarne una serie di conseguenze, in primis nelle esternazioni, se non si vuole creare disorientamento e confusione o, comunque, causare una minore credibilità istituzionale. Nuove regole e un nuovo “modus operandi” in materia appaiono essenziali. Con i migliori saluti. 
Angelo De Mattia
 

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