(foto Ansa)

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Accordi e disaccordi sui numeri post Rdc. Ci scrive Tridico

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Avrà notato anche lei, da osservatore attento, che le reazioni di Matteo Salvini per le dichiarazioni di Stoltenberg sono state dello stesso tono di quelle di Medvedev. Pensa che i due si siano preventivamente consultati?
Giuliano Cazzola. 

Great minds think alike.


Al direttore - Leggo con stupore di numeri “inediti” di cui il Foglio è entrato in possesso in relazione alle misure del governo che hanno sostituito il Reddito di cittadinanza. Partendo dal fatto che ad oggi non è dato conoscere i numeri ufficiali su Assegno di inclusione e Supporto per la formazione e il lavoro, proviamo a commentare i numeri senza l’approccio – mi perdoni – un po’ ideologico che sembra caratterizzare l’analisi del suo giornale. Perché i dati, a saperli leggere, purtroppo raccontano un’altra storia: ben oltre un milione di persone ha perso un sostegno che esiste in tutti i paesi sviluppati e questo senza che riescano a trovare un lavoro con probabilità maggiori di prima. Vediamoli nel dettaglio questi numeri. Partiamo da coloro che hanno perso il sussidio nel 2023, 476.429 nuclei familiari secondo l’articolo, dimenticati subito dopo averli menzionati. Sono i famosi “occupabili”, coloro che per il solo fatto di non avere figli minorenni nel nucleo familiare (o anziani o disabili) diventano magicamente appetibili per il mercato del lavoro. D’altra parte, perché occuparsene se dimenticarli è proprio l’effetto voluto dalle nuove regole del governo: “Chi può lavorare viene spinto a lavorare, a mettersi in gioco”, dicono. Peccato che, al di là della retorica, l’occupabilità misurata di queste persone non è diversa da quella di chi ha continuato a percepire l’AdI e temiamo che, perso il Reddito di cittadinanza e abbandonati al loro destino, oggi si ritrovino in gran parte senza reddito e senza lavoro. Passiamo allora agli asseriti “inoccupabili”: secondo l’articolo, ad aver perso il Reddito di cittadinanza, tra questi, sarebbero in 163.444. Attenzione: si parla di “soggetti”, ma in tutta evidenza si tratta di nuclei familiari e, considerati i requisiti sopra menzionati per ricevere l’AdI, a questi “soggetti” bisogna perlomeno aggiungere i minorenni, le persone con disabilità e gli anziani che vivono in questi nuclei. Complessivamente, quindi, se i numeri del Foglio sono giusti, 639.873 nuclei familiari, presumibilmente ben più di un milione di individui, hanno perso il Reddito di cittadinanza rispetto a 1.196.946 nuclei che lo percepivano a fine 2022: più della metà. Si dirà: ma almeno hanno cominciato a trovare lavoro a seguito delle nuove regole! Ebbene, sono in 55.225 quelli in questa condizione in questi primi mesi del 2024. Confrontiamo questo numero con quello che succedeva prima dell’introduzione delle nuove regole: nel primo semestre dell’anno scorso, anche considerando i soli indirizzati ai centri per l’impiego (circa la metà del totale), tra coloro che avevano perso il beneficio 187.914 avevano un’occupazione, nell’80 per cento dei casi creata dopo l’ingresso in misura. D’altra parte, dopo due anni e mezzo dall’avvio della misura (ottobre 2021), i nuovi posti di lavoro dei beneficiari del Reddito di cittadinanza erano stati 1,2 milioni, nonostante la pandemia (fonte Anpal). Ma attenzione: sappiamo anche bene che, date le caratteristiche di occupabilità di questi beneficiari, nella maggior parte dei casi si tratta di lavori precari, che non permettono loro di uscire stabilmente da una condizione di povertà. In conclusione, non sta a me dire se si è trattato di un disastro sociale, lascerei il lettore giudicare. Di certo, sono persone che non hanno voce e il cui disagio fa fatica a essere accolto nel dibattito pubblico. Ma almeno uno sforzo glielo dobbiamo: quello di presentare i numeri – quando siamo fortunati a venirne in possesso – per quello che davvero raccontano.
Pasquale Tridico

 

Punti di vista, gentile Tridico. Non starò a insistere sui punti che non ci trovano d’accordo, ma proverei a concentrarmi sui punti che ci trovano d’accordo. Uno per esempio. Come da sua stessa ammissione, i beneficiari del Reddito di cittadinanza si sono ridotti in modo consistente già prima dell’arrivo delle nuove regole. Le nuove regole sono entrate in vigore il primo gennaio del 2024, ma già nel 2023 il numero di nuclei familiari che hanno perso il Reddito rispetto all’anno precedente è aumentato di 476.429 unità. Di solito funziona così: quando un paese cresce e crea lavoro, le occasioni si moltiplicano e dato che nel 2023 l’Italia ha creato lavoro e creato crescita, molte persone hanno evidentemente preferito mollare il Reddito e cercare un lavoro. E’ un trend iniziato lo scorso anno ed è un trend che con le nuove regole sta continuando anche nel 2024. Trattasi di transizione, nessun allarme sociale. Infine, un dato. Nel luglio del 2023 lei ipotizzò quanto segue: dal primo gennaio, secondo la sua previsione, avrebbero dovuto perdere il reddito 350 mila persone. I numeri al momento ci dicono che rispetto al 2024 i nuclei familiari che non hanno la nuova versione del Reddito di cittadinanza sono circa 75 mila. Le sue previsioni apocalittiche non si sono realizzate, per fortuna. Sul resto, vedremo. In bocca al lupo.

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