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lettere al direttore

Ci si vede l'8 giugno alla festa fogliante a Venezia (anche senza Saviano)

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Le comunico, caro Cerasa, che non sarò a Venezia all’iniziativa del Foglio, perché mi sono accorto che non avete invitato Roberto Saviano.
Giuliano Cazzola

Ci saranno però altri scomodissimi ospiti. Qui l’elenco. L’8 giugno a Venezia. Ci si iscrive qui: [email protected]. Non mancate. 


Al direttore - Con buona pace di alcuni esponenti del governo, e al di là dell’opportunità o meno di alcune scelte, va segnalato sul piano della legittimità che l’articolo 11 della Costituzione è scritto sulla base delle culture dell’interventismo democratico per combattere insieme gli aggressori, non per impedirlo. L’articolo 11 era partito nella prima sottocommissione della Costituente come somma di due commi diversi, uno sul ripudio della guerra (nella versione iniziale di rinunzia alla guerra) e l’altro sulle cessioni di sovranità. Ma dopo un attento dibattito il 3 dicembre 1946 il costituzionalista catanese sturziano, Carmelo Caristia, chiese e ottenne di fonderli perché il ripudio delle aggressioni, per avere effetti reali, non poteva che sfociare in una diversa visione della condivisione di sovranità e, quindi, di azioni comuni di difesa. Una visione sovranista in base alla quale l’Italia avrebbe solo il diritto di difendere se stessa, ma di lasciar aggredire altri paesi, sarebbe del tutto contraddittoria con l’ispirazione profonda dell’articolo 11. Del resto, sulla base di esso, l’Italia ha aderito alla Nato, che comporta la difesa solidale dei paesi componenti, e all’Onu, che riconosce il diritto di autodifesa individuale e collettiva dei paesi aggrediti. In tale diritto non può non  comprendersi anche la neutralizzazione di siti militari da cui partano aggressioni. Sarebbe un po’ paradossale un’idea di legittima difesa in cui essa sia ammissibile solo nel momento in cui armi distruttive superino un confine.
Stefano Ceccanti 

“Per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi” (Sergio Mattarella, 31 dicembre 2023). 


Al direttore - Caro Cerasa, avrà notato che, al contrario dell’ayatollah Khamenei per i sostenitori internazionali (in primis italiani) di Hamas, Putin non ha ringraziato pubblicamente i sostenitori internazionali (in primis italiani) della causa russa in Ucraina. Essendo, come è noto, una persona educata e riconoscente, sono certo che ha provveduto a ringraziarli privatamente.
Michele Magno

Gli studenti che manifestano contro Israele, dopo Khamenei, sono stati elogiati anche da al Qaida. “Apprezziamo il movimento dei manifestanti e degli occupanti occidentali tra gli studenti delle università occidentali, che con la loro occupazione e le loro proteste hanno espresso il loro rifiuto del genocidio in corso”. Gli si può dar torto?


Al direttore - Non avete capito. Ci scherzate su, come ha fatto Salvatore Merlo nel suo “Elly sul ferribotte”, ma c’è poco da scherzare. Elly non scherza affatto. La segretaria del Pd legge i dati Istat. Non solo. Li elabora, li interpreta. Ed ecco spiegata la sua posizione su ferry boat sì e Ponte sullo Stretto nemmeno a parlarne. Negli ultimi venti anni dalla Sicilia se ne sono partiti armi e bagagli, per trasferirsi in altra regione italiana, la bellezza di 653 mila siciliani. No, dico, 653 mila, il 13-14 per cento della popolazione dell’isola, un siciliano ogni 7-8 siciliani. Un record, naturalmente. Chiaro il concetto? Forse non per voi, cari lettori del Foglio così intelligenti, ma chiarissimo per Elly, che sarà pure giovanissima per essere segretaria del maggior partito di opposizione ma non ci ha messo poi molto a capire. Certo che per Elly pure il ferry boat, caro Merlo che ironizzi tanto, va veloce, troppo veloce a trasferire i siciliani da quella parte dell’Italia a quest’altra; dall’isola al continente. Potendo si potrebbero abolire pure i ferry boat. Li vorrei vedere (li vorrebbe vedere Elly) i siciliani prendere il mare su piccole imbarcazioni di fortuna, pescherecci, barconi e gommoni, scialuppe e pattini alla volta della costa calabra, da risalire, una volta arrivati, su su fino a Roma e Bologna e Milano con tanto di valigie e bagagli al seguito. Il disegno strategico di Elly Schlein è quello di evitare lo svuotamento dell’isola qui trattenendo, per forza o per amore. Che poi questi impuniti agiscano con l’obiettivo di raggiungere un’altra regione, Lombardia ed Emilia-Romagna in primis, ma anche Lazio e Toscana e Veneto, per migliorare le proprie prospettive di vita è semmai un’aggravante della fuga: che è bella e giustificabile se disinteressata, mentre se risponde a meri interessi di bottega, via, siamo seri, si abbandonano forse i luoghi natii per qualcosa di tanto prosaico e materiale? Ora, se il disegno strategico del sì ferry boat no Ponte sullo Stretto di Elly Schlein mi è chiaro non è invece chiara, proprio alla luce di questo disegno, l’avversione della segretaria del Pd per l’autonomia differenziata. Potendo contare, grazie a quest’ultima, su una capacità di opporsi alla costruzione del ponte senz’altro rafforzata non dovrebbe forse Elly abbracciare la causa calderoliana? Ragione per cui mi sento di suggerire alla segretaria del Pd di buttarsi pancia a terra così da strappare l’autonomia differenziata in tempo per poterla scagliare contro il ponte, impedire l’esodo dall’isola, salvare la Sicilia. Insomma, come suol dirsi: già che ha fatto 30, faccia pure 31.
Roberto Volpi



Al direttore - In relazione all’articolo pubblicato sull’edizione odierna del Foglio, a firma di Giorgio Santilli, mi corre l’obbligo di fare alcune precisazioni. Il “rigoroso fact checking” (che lo stesso autore del pezzo rivendica come metodo virtuoso) dimostra che il sottoscritto non ha mai tentato di rallentare in Conferenza dei servizi, ai tempi di Mario Draghi, l’approvazione del progetto della ferrovia Roma-Pescara. Progetto che, anzi, mi ero premurato di avviare promuovendo e poi sottoscrivendo un protocollo d’intesa insieme all’allora ministra De Micheli e al presidente della regione Lazio, Zingaretti. La regione Abruzzo ha reso il proprio parere positivo in conferenza dei servizi dopo appena  24 ore dal ricevimento di tutti i pareri. Difficile essere più veloci… La verità è che durante il governo Draghi per molti mesi, a partire da giugno 2022 quando si sarebbe dovuta chiudere la Conferenza, abbiamo inutilmente atteso che i suoi ministri rendessero questi pareri. Ho dovuto sollecitare il governo Meloni da poco insediato affinché giungessero. Peraltro nella Conferenza dei servizi alcuni comuni (Manoppello, Scafa, Alanno) , avevano reso parere contrario. Solo grazie al lavoro della regione e alla mediazione che abbiamo positivamente portato avanti insieme a Rfi,  questi stessi comuni hanno successivamente ribaltato il proprio parere, modificando le loro delibere. Quindi sarebbe giusto dire che non solo la regione Abruzzo non ha mai rallentato quest’opera, ma è stata vittima della lentezza dei precedenti governi. Il governo Meloni ha infatti dovuto riparare un torto, perché il ritardo di quasi un anno della chiusura della Conferenza dei servizi è stata la motivazione determinante per colpa della quale il termine imposto dal Pnrr è stato scavallato e Rfi non poteva più chiudere l’opera nei tempi programmati. Il governo Meloni ha avuto il merito di aver ripristinato i fondi e di averlo fatto nel più breve tempo possibile. L’urgenza di provvedere era anche motivata dal fatto che una parte di questi fondi sono stanziati a valere sul Foi, anch’esso soggetto a scadenze stringenti. Aspettare altri mesi per far concludere la campagna elettorale avrebbe compromesso nuovamente la realizzazione dell’opera.
Marco Marsilio, presidente della regione Abruzzo

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