Lettere
Domani sul Foglio trovate le dichiarazioni di voto dei foglianti
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Ieri mi è apparso in sogno Piero Calamandrei. Mi ha detto che voterà l’avvocato Gian Domenico Caiazza.
Michele Magno
Non sarà il solo. Domani sul Foglio ci sono le dichiarazioni di voto di un po’ di foglianti.
Al direttore - Le scrivo questo mio piccolo contributo in merito all’articolo, a sua firma, pubblicato sul Foglio del 5 giugno, dal titolo: “Per rivoluzionare la sanità non servono più soldi: serve meno politica negli ospedali. Chiacchierata controvento con il professor Remuzzi”. Il tema della Sanità è fondamentale e molto sentito dai cittadini. Io condivido pienamente quanto detto dal professor Remuzzi. In particolare trovo giustissimo il rilievo mosso dal riguardo a come “l’ossessione generica delle liste d’attesa” nella sanità sia un vero dramma per i pazienti, traducendosi in ritardi nella diagnosi e nell’inizio delle terapie, compromettendo spesso i risultati di queste ultime. Tutto questo equivale a privare gli italiani della opportunità di guarigione. La sanità ha bisogno di “più competenza” e “meno appartenenza politica”. Il momento delle nomine dei “manager” negli ospedali pubblici non può (non dovrebbe?) rappresentare un’occasione politica per sistemare amici, “supporter” o addirittura parenti. Dirigere aziende ospedaliere significa gestire risorse umane e finanziarie finalizzate alla produzione di salute e non di consenso politico. Gestire risorse umane significa scegliere personale sanitario di qualità (nella sanità italiana c’è tanta qualità!) che si “prenda cura” dei pazienti; la qualità poggia su dati obiettivi e non sull’appartenenza. Gestire risorse finanziarie prevede, a mio avviso, che le aziende ospedaliere debbano essere governate come “vere aziende”; utilizzare le risorse esistenti secondo criteri aziendali basati su dati oggettivi, non autocertificati (valutazione da parte di un soggetto pubblico terzo?). I finanziamenti, quindi, non dovrebbero essere a pioggia; sarebbe necessario prediligere i centri che producono salute, non numeri svuotati di significato. Al personale sanitario il compito di seguire percorsi di diagnosi e terapia basati su dati scientifici validati dalla letteratura internazionale. Mi rendo conto che tutto questo potrebbe rasentare la normalità; è proprio questa normalità che la politica non riesce neanche a governare. In questo momento di crisi della sanità è auspicabile che la politica colga l’opportunità di “volare alto”; i pazienti, il personale sanitario, il mondo che ruota attorno alla sanità non perderanno l’occasione per manifestare la loro gratitudine.
Francesco Facciolo, chirurgo toracico
Perfetto, grazie.
Al direttore - Ringrazio Fabiana Giacomotti per aver aperto la discussione su “Trilby”, il primo bestseller internazionale moderno, mai tradotto in italiano. Ma respingo totalmente l’accusa insensata di aver pubblicato un romanzo antisemita. Senza tirare in ballo Shylock o Dickens, invito a dare un’occhiata al catalogo della casa editrice per rendersi conto di quanto sia da sempre impegnata contro tutti i razzismi, i sessismi e gli stereotipi. Mi dispiace anche che l’analisi colta e brillante si concentri su ciò che abbiamo rimosso dal nostro adattamento moderno, stranamente rimproverandoci allo stesso tempo sia di aver eliminato le parti discutibili sia di avere pubblicato un’opera con alcuni passaggi contestabili (nell’edizione originale, perché nella nostra sono stati appunto espunti). A volte succede che per il gusto della polemica ci si smarrisca nelle contraddizioni. Segnalo che nell’introduzione il curatore del romanzo ha per primo evidenziato la presenza di odiosi luoghi comuni, che hanno reso necessario un lavoro attento e impegnativo di revisione e riscrittura. L’obiettivo era di far conoscere anche ai lettori italiani il buono dell’opera che ha inventato il mito della bohème parigina così come si è imposto fino ai giorni nostri. Più tanto altro, per noi più che mai stimolante e attuale, come la vitalità vorace dei ragazzi e il rischio rappresentato da certe personalità tossiche e manipolatrici. Purtroppo però la brava recensora si è lasciata distrarre dal furore critico, e tutto questo se l’è evidentemente perso. Confidiamo che i lettori sapranno apprezzare le diverse sfaccettature di questo romanzo a cui ancora oggi dobbiamo l’immaginario della vita bohémienne. Un saluto cordiale.
Carlo Gallucci, editore
Risponde Fabiana Giacomotti. Ho già espresso nel testo il mio pensiero su questo genere di operazioni, cioè proporre al lettore un testo che non è quello originale, come sarebbe stato discutibile ma onesto, soprattutto se fosse stato affiancato da una vera analisi critica e non da una mezza paginetta biografica sull’autore. Questa mezza censura, praticata per non incorrere in accuse di antisemitismo ex post, getta un’ombra in più su un romanzo che, pur legato a un’epoca e a una società profondamente razziste, non avrebbe meritato questa “revirgination” o di essere spacciato per testo da “giovani adulti”.