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Cara Schlein, le battaglie politiche non vanno fatte a metà

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Fedez, dopo aver divorziato con la Ferragni, ora fa pace con il Codacons. E per annunciare il lieto evento, hanno indetto una conferenza stampa a Taranto. Dopo anni di querele e controquerele tra il rapper e il presidente Carlo Rienzi, noto per le sue azioni giudiziarie fantasiose ma dal gran richiamo mediatico, che era arrivato persino a chiedere a Sanremo di allontanare Fedez dal Festival, hanno abbandonato le aule di tribunale per abbracciare i bambini di Taranto. In effetti serviva una scusa buona che consentisse alle controparti di uscirne in maniera pulita. E quale motivazione migliore dei bambini di Taranto, che dal 2012 vengono messi in mezzo su qualunque palcoscenico? Tutto senza alcun dato scientifico a corredo, anzi, da anni gli studi epidemiologici dimostrano che non ci sono eccessi tumorali sulle coorti infantili. Come da anni non è mai stato dimostrato un solo decesso legato con nesso di causalità alle emissioni dello stabilimento Ilva. Ma Fedez e il Codacons oggi si sono presentati in conferenza stampa con il direttore del reparto di oncoematologia infantile di Taranto, che pur avendo solo sei bambini ricoverati gode di grandi fondi di beneficenza. Fedez e il Codacons non hanno specificato perché fossero lì, se hanno versato qualcosa o meno, hanno solo detto che la conferenza stampa era volta a sensibilizzare sul tema Ilva e inquinamento. E mentre il Codacons una settimana fa ha perso un ricorso al Consiglio di stato proprio contro Ilva, Fedez ha espresso una proposta brillante: usare i fondi del Pnrr! Ma perché hanno smesso di occuparsi di Pandori?
Annarita Digiorgio


 

Al direttore - Si può non essere d’accordo con l’autonomia differenziata in via di principio o per come la questione è affrontata nella legge Calderoli, ma non si possono nascondere le comuni responsabilità con le amnesie o i pentimenti. Con il mito del federalismo hanno trescato, magari in tempi e modi diversi, tutti i principali partiti, tanto che la possibilità dell’autonomia differenziata ha una solida radice nella riforma del Titolo V e negli accordi sottoscritti dal governo Gentiloni (l’ultimo presidente del Consiglio dem) con i governatori delle regioni interessate. Inoltre, nella protesta delle classi politiche meridionali, si avverte quasi la richiesta di riconoscere una loro condizione di minorità inamovibile rispetto alle regioni del nord: una condizione, tuttavia, che entra in contraddizione con la nuova realtà e le prospettive del Mezzogiorno nel contesto del Pnrr. Prima ancora di garantire l’uniformità dei Lep, occorrerebbe uniformare le classi dirigenti e la società civile. E’ stata fatta l’Italia, ma non gli italiani.
Giuliano Cazzola

Con un’aggiunta. Il segretario del Pd Elly Schlein, da vicepresidente dell’Emilia-Romagna, non ha mai fatto sentire la sua opposizione quando la sua regione, guidata dall’attuale presidente del Pd Stefano Bonaccini, chiese al governo di avere maggiori poteri proprio in virtù dell’articolo 116 della Costituzione, che garantisce già oggi l’accesso all’autonomia differenziata (Schlein è arrivata in regione nel 2020, non nel 2019, come avevamo erroneamente scritto). Il dibattito che si fa oggi sull’autonomia è dunque surreale. Se si considera l’autonomia differenziata un problema, non va fatto un referendum contro la legge quadro appena approvata dal governo. Vanno raccolte le firme per abolire l’articolo 116, che volle proprio il centrosinistra nel 2001. Le battaglie politiche non vanno fatte a metà. Forza, coraggio.
 

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