lettere
Colombo & Galilei: ecco il testo che avrebbe dovuto usare Sangiuliano
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - L’errore del ministro Sangiuliano consisterebbe, hanno scritto tutti, nel fatto che Galileo è vissuto dopo Colombo. Ma nessuno (mi pare) ha notato che le “teorie di Galileo” non c’entrano nulla con la forma della Terra. Le “teorie di Galileo” sono quelle di Copernico, e cioè l’eliocentrismo, e Colombo non avrebbe saputo che farsene. La Terra era sferica già per Aristotele, e nessuno da allora ne ha mai dubitato. A me questo pare l’aspetto più sconcertante, e inquietante, della vicenda. Insomma, forse Sangiuliano ce lo meritiamo.
Fabrizio Rondolino
Un caro amico, che chiede di essere chiamato con il nom de plume di Arsenio Pallavicini, mi ha suggerito il testo perfetto che avrebbe dovuto usare il ministro Sangiuliano per circostanziare il perimetro della sua eccezionale gaffe, magari usando queste parole in un angolo di Hyde Park a Londra, a due passi da Times Square (ops). Eccolo:
“Mi vedo costretto a tornare sul mio intervento dell’altra sera, a Taormina, a causa della solita disinformazione della sinistra. Chiunque abbia ascoltato le mie parole a Taobuk ha capito benissimo quello che intendevo dire, che è molto diverso da ciò su cui ironizzano giornalisti prezzolati, malinformati e politicamente prevenuti. Basta ascoltare attentamente le parole che ho usato per ricordare la straordinaria impresa di un italiano, di un italiano vero, coraggioso e audace, capace di tentare quello che nessuno aveva tentato prima di allora, proprio come l’attuale governo italiano impegnato nel cambiare il paese come mai è stato fatto finora. E proprio come Colombo, costretto a sfidare il contropotere della Santa Inquisizione, così anche la Destra deve sfidare oggi l’egemonia culturale della sinistra per raggiungere le Indie, il suo scopo ultimo e vero, la sua missione. E allora, perché ho detto che Colombo voleva raggiungere le Indie sulla base delle teorie di Galileo Galilei, anche se Galilei non era ancora nato? Perché, se non per ricorrere a una straordinaria figura iperbolica, che desse il senso dell’antiveggenza del navigatore genovese? Lo sanno tutti, e spiace doverlo ancora una volta ribadire: Colombo non ipotizzava di scoprire un nuovo continente, si muoveva dunque in una condizione di non sapere, che non gli impediva però di spiegare avventurosamente il suo inaudito progetto ai soloni, ai professoroni dell’Inquisizione, pronti a prenderlo in castagna e a negargli ogni appoggio. Quegli inquisitori, proprio come gli inquisitori della stampa che oggi mi attaccano, pensavano di saperla lunga, di saperne di più di Colombo, e di poter facilmente sbaragliare le sue idee. Fondate su un errore, certo, ma quanto però proficue, e gravide di futuro! Ho voluto quindi per analogia fare lo stesso: ho avuto anche io il coraggio dell’errore. Errore viene da errare, che vuol dire divergere dalla retta via, per tentare nuove vie. Che è quello che accadde a Cristoforo Colombo e che gli consentì di scoprire l’America. Ora mi domando, com’è possibile che nessuno abbia colto l’analogia che stavo imbastendo? E’ possibile solo se si è in malafede. Sono sicuro che se io avessi detto che nel 1492 Colombo scoprì l’America gli stessi sapientoni che oggi mi fanno la lezione mi avrebbero accusato di ignorare che, in realtà, solo molti decenni dopo si chiamarono così quelle terre: non è anche questo un evidente anacronismo? Però nessuno lo imputa a nessuno, e anzi lo troviamo scritto nei manuali di storia, che Colombo scoprì l’America. Due pesi e due misure, come fa sempre la sinistra. A me infatti mi si imputa di ignorare quello che peraltro so benissimo e che tutti sanno, che Galilei è vissuto dopo Colombo. Certo, ma chi ne ha mai dubitato? Proprio perché tutti lo sanno, tutti hanno potuto cogliere il senso delle mie parole, la mia analogia, il mio essere, quasi incarnare – posso dire – Colombo, il grande Colombo, dinanzi all’Inquisizione di oggi. Il mio riferimento era sbagliato proprio come era sbagliata l’ipotesi di Colombo, l’una e l’altra avendo peraltro in comune – ecco la “par ratio” di ogni giusta “proportio”, come dicevano i latini: oh, se almeno conosceste la lingua dei nostri padri, la lingua dell’identità culturale dell’Italia, la lingua della destra, la lingua che ha fatto grande nel mondo la nostra nazione, e che tornerà, perché l’Italia tornerà grande: Fac Italiam magnam iterum! – avendo in comune, dicevo, l’idea della circolarità, del percorso a ritroso, Galileo della Terra attorno al sole, Colombo delle sue caravelle per i mari del mondo. E come Colombo trovò in Isabella di Castiglia la donna che credette in lui, così io ho trovato in Giorgia Meloni la sovrana che ha creduto e crede in me, e che mi lascia errare, e grandemente errare, perché possa restituire all’Italia il suo onore, la sua grandezza, le sue Indie!”.