Giovanni Toti (Ansa)

Lettere

Quella su Toti non si chiama giustizia, si chiama barbarie

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Si parva licet, anch’io come George Clooney amo Joe Biden. Ma ora la sua protervia è imperdonabile. Sono così depresso che ieri ho sognato un’incursione alla Casa Bianca di una squadra di Navy Seal che lo implorava di farsi da parte.
Michele Magno
 


Al direttore - La funzione amministrativa viene considerata criminogena in sé, prima di ogni sentenza. E la magistratura sovverte la volontà popolare preventivamente. Siamo alla cancellazione della separazione dei poteri e alla rottura dello stato di diritto. Dovremmo scendere in piazza per difendere la democrazia, ma siccome Toti non è di sinistra, i guardiani della Costituzione si fermano al carro del gay pride.
Annarita Digiorgio

Ha ragione Enrico Costa, quando dice: “Se ammetti i fatti contestati, ma ne contesti la qualificazione giuridica, resti ai domiciliari. Se dichiari che quei fatti costituiscono reato, sei libero perché dimostri di aver compreso (condiviso) le accuse dei pm”. Non si chiama giustizia, si chiama barbarie.


Al direttore - Vabbè ma da noi confondere Putin (aggressore) con Zelensky (aggredito) è un classico, altro che gaffe.
Andrea Minuz

C’è chi si confonde per questioni di età. C’è chi si confonde per questioni politiche. Meglio i primi tutta la vita. 


Al direttore - Ho letto l’articolo di Giulia Pompili “Al G7 su Scienza e tecnologia l’Italia preferisce parlare più di Africa che di sicurezza (con la Cina)” dell’11 luglio. Mi permetta di fornire ai vostri lettori qualche elemento utile per inquadrare meglio l’argomento. La sicurezza della ricerca è, mai come oggi, cruciale. Le partnership internazionali, lo scambio di conoscenze e la collaborazione tra università e centri di ricerca sono fondamentali. Per questo deve essere e rimanere aperta e collaborativa, guidata dai princìpi di libertà accademica e autonomia. Una convinzione che il ministero, anche attraverso prese di posizioni pubbliche del ministro Anna Maria Bernini, ha inteso difendere convintamente di fronte alle inaccettabili richieste di boicottaggio avanzate nei mesi scorsi. Tuttavia, a nessuno sfugge come le attività di alcuni governi ed entità stranieri possano rappresentare rischi reali per l’integrità della ricerca scientifica e tecnologica e, di conseguenza, per la sicurezza nazionale. Il 23 maggio 2024 il Consiglio europeo Competitività, sezione Ricerca, ha approvato una raccomandazione che chiede ai governi di affrontare il problema. In Europa al momento solo i Paesi Bassi hanno adottato un sistema strutturato. Francia e Germania lo stanno preparando, così come l’Italia. Fuori dall’Europa i paesi più avanzati sono Regno Unito, Stati Uniti e Canada. Il tema è evidentemente di grande attualità e delicatezza e per questo il ministero dell’Università e Ricerca lo ha inserito tra le priorità della ministeriale Scienza e Tecnologia del G7 che si è tenuta a Bologna dal 9 all’11 luglio. All’argomento è stato dedicato il primo tavolo tematico ed è proprio in quel contesto che va inserito l’intervento di Maria Leptin, presidente del Consiglio europeo della ricerca, riportato dal suo giornale. Parole che dimostrano l’attenzione del nostro paese al tema della sicurezza e non, come invece interpretate, un segnale di distrazione. La notizia è che il governo ha iniziato un percorso per la definizione di un sistema nazionale di tutela della ricerca per il quale il nostro ministero ha costituito un Tavolo interministeriale ad hoc convocato il 1° luglio scorso. Il progetto in fase di elaborazione contempla strutture leggere, linee guida nazionali, formazione e supporto continuo. Bussola fondamentale di questo lavoro è non creare ostacoli ai ricercatori, o peggio sistemi burocratici complessi o sanzionatori, quanto piuttosto garantire loro il giusto merito per pubblicazioni scientifiche e innovazioni che vengono create, spesso grazie a fondi pubblici, dando chiare indicazioni su cosa si può fare o è meglio non fare, in base ad analisi del rischio oggettive e costantemente aggiornate. Si vuole garantire all’ecosistema italiano una protezione sufficiente a evitare sottrazioni indebite di idee, progetti, tecnologie, processi, assicurando l’accesso dei nostri ricercatori ai più avanzati laboratori e centri di ricerca del mondo senza restrizioni legate a possibili debolezze del nostro sistema. E’ nostra intenzione presentare il sistema a dicembre in occasione della Conferenza nazionale organizzata in ambito G7 di Bari. Il governo, quindi, è pienamente consapevole della strategicità del tema spingendo il nostro paese ad assumere un ruolo guida sia in ambito Ue che G7 per la definizione di un meccanismo di difesa nazionale ma compatibile con i paesi amici.

Marcella Panucci, capo di gabinetto del ministro dell’Università e della Ricerca

Risponde Giulia Pompili. Grazie per aver integrato le informazioni che da mesi ormai su questo giornale offriamo ai lettori sul tema della sicurezza nelle collaborazioni scientifiche e di ricerca con paesi come la Repubblica popolare cinese, e per le quali abbiamo chiesto più volte anche commenti al ministero e alla ministra Bernini senza però ricevere risposta.  E’ una notizia, dunque, che l’Italia abbia iniziato un percorso verso la creazione di un sistema nazionale di tutela della ricerca che ci riallinea con i paesi democratici che hanno a cuore la sicurezza nazionale. Siamo sicuri che il prossimo passo sarà cercare di far luce sull’anomalia degli Istituti Confucio.



Al direttore - Il tema della desertificazione bancaria di numerosi comuni sta acquistando terreno nel dibattito pubblico. Il presidente dell’Abi, riconfermato nella carica, Antonio Patuelli, nella relazione all’assemblea dell’Associazione del 9 luglio, ha fatto riferimento all’impegno di quest’ultima, anche con confronti in  sede Cnel, su tutti i fattori che  conseguono allo spopolamento di alcune aree. La riduzione della presenza di sportelli bancari  si segnala con 800 in meno, secondo First Cisl, nel 2023 e 11 mila circa in meno negli ultimi dieci anni. Un tempo  l’apertura di nuovi sportelli era fortemente appetita dagli istituti mentre  ora  in diverse aree del paese la presenza di sportelli è progressivamente ridimensionata per lo sviluppo del sistema dei pagamenti, per l’operatività a distanza di determinate fasce di clientela, per i diversi e più avanzati collegamenti tra comuni, per la stessa riduzione degli abitanti testé accennata. Tuttavia, resta il problema per l’assistenza  bancaria di quella parte di cittadini che non impiega le più avanzate tecnologie e vive nei suddetti centri, e per le stesse attività economiche, ma non solo, che si svolgono in questi ultimi. La Popolare di Sondrio ha invece dato un segnale “controvento” aprendo nuovi sportelli. E’ auspicabile che venga seguita da altri istituti. Ma sarebbe necessario un raccordo tra governo, Banca d’Italia, Abi, rappresentanze dei consumatori e dei lavoratori per individuare percorsi e soluzioni alternativi che fronteggino un fenomeno che può indurre anche l’immagine di un declino. Non si tratta di supergestire né di dirigismo, ma di valutare se e come poter armonizzare le diverse posizioni per un fine di particolare importanza. 
Angelo De Mattia