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Il ricatto delle procure: cedere alla gogna per riavere la libertà
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - “So really, as Saint Austin said, ex malo bonum” (davvero, come insegna Sant’Agostino, dal male nasce il bene). In America è la frase più gettonata dai trumpiani.
Michele Magno
Al direttore - Da diversi giorni mi chiedo vanamente per quale strano motivo il Tribunale del riesame di Genova non abbia voluto prendere atto dell’ovvio, ribadendo legittimamente la tesi accusatoria sulla ritenuta colpevolezza (indiziaria) di Giovanni Toti ma riconoscendo al contempo che il presidente della regione Liguria avrà difficilmente modo di tenere, nei prossimi mesi, comportamenti analoghi a quelli che gli vengono contestati. A quel punto la Liguria avrebbe avuto di nuovo un governatore, nel rispetto della volontà democratica, e quel governatore avrebbe magari potuto avere un giusto processo, senza dover continuare a subire inutili restrizioni e umiliazioni preventive. Pur di rifiutare un simile approdo, il tribunale genovese non ha esitato ad avventurarsi in considerazioni che ondeggiano fra l’inquietante e il ridicolo e che sono state per questo riportate in senso critico nei più vari contesti giuridici. Temo che la risposta, come si desume anche dal contributo del prof. Cassese, si ricolleghi proprio a una visione distorta del rapporto fra poteri dello stato, oltre che a un evidente dispregio per la presunzione di innocenza. Per evitare questo tipo di dinamiche (da ultimo pericolosamente affermatesi anche a livello europeo, con l’inquietante vicenda del Qatargate), i costituenti avevano del resto introdotto l’immunità parlamentare, poi abolita nella sciagurata stagione di Mani Pulite, sotto l’effetto delle monetine dell’Hotel Raphael. Nel 2008 il cosiddetto lodo Alfano cercò invece di proteggere in qualche modo almeno le più alte cariche dello stato, a cominciare dal presidente del Consiglio. Ecco, prima che si arrivi al paradosso di vedere abolito anche il reato di corruzione nella speranza di evitarne gli abusi inquisitori, mi piacerebbe sapere dal Partito democratico e dall’Associazione nazionale magistrati come pensano si possa risolvere un simile problema in modo equilibrato e nell’interesse di tutti. Sempre che la soluzione più comoda non continui a essere quella di girarsi dall’altra parte.
Francesco Compagna
Il dramma del caso Toti è che un tempo alcune cose, nelle procure, si facevano senza dirle esplicitamente. Oggi, invece, quel che prima era indicibile è diventato dicibile e così capita che non ci sia alcuna vergogna a far capire a un indagato che l’unico modo che ha per riavere la libertà è cedere al ricatto del circo mediatico giudiziario, offrire il proprio scalpo, fare un inchino e dimettersi, nell’attesa poi che magari ci sia una qualche prova, una pistola fumante, utile a dimostrare con certezza che i reati contestati sono stati davvero commessi, cosa che finora non è accaduta.