lettere al direttore
E se si avverasse la profezia di Nikki Haley su chi vincerà le elezioni?
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Kamala Harris ha origini indo-giamaicane. Gli indiani sono forti nel cricket, gioco in cui una partita può durare anche cinque giorni. I giamaicani sono forti nella corsa veloce, che dura pochi secondi. Nel suo caso, forse sarebbe preferibile avere come modello sportivo il favoloso battitore Sachin Tendulkar, e non il mitico recordman dei cento metri Usain Bolt.
Michele Magno
A proposito del dopo Biden, e se avesse ragione la mitica Nikki Haley? Durante le primarie repubblicane, a gennaio, disse quanto segue: “Il primo partito a mandare in pensione il suo candidato ottantenne sarà quello che vincerà queste elezioni”. Chissà.
Al direttore - Dissento dalla tesi del suo editoriale di ieri sull’assenza per i liberali di uno spazio autonomo dalle due principali coalizioni. E non perché io mi illuda che ci siano praterie o non mi renda conto di quanto molti elettori siano condizionati da trent’anni di bipolarismo coatto. Penso però che la scelta autonoma dei liberali sia necessitata da un fatto: nelle due coalizioni le nostri posizioni sono oggi totalmente irrilevanti. Forza Italia, col suo robusto 8-9 per cento, non evita al governo Meloni l’isolamento drammatico in Europa a cui la premier si è condannata per ideologia e retorica sovranista. Non si è alzata una sola voce a destra contro il Superbonus che ha scassato conti e futuro (anzi, tutti a cercare i voti dei palazzinari), né si aprono spiragli per liberalizzazioni e politiche di innovazione scientifica. A sinistra non va meglio: se governasse il campo largo, l’Italia avrebbe una politica estera ambigua, se non pericolosa come la ebbe durante il governo Conte bis (il governo che tra l’altro s’inventò il superbonus). Inciso: a differenza di Azione e Più Europa, Italia viva in quella coalizione ci stava già, e non a caso il maggior merito che Renzi rivendica è aver poi mandato a casa Conte per Draghi. La fretta di intrupparsi in coalizione, a poche settimane dal fallimento politico delle elezioni europee, porterebbe i liberali a passare dal Terzo polo alla terza fila. Per incidere davvero, occorre lavorare di fantasia: puntare con ambizione a non far vincere nessuna delle due coalizioni coatte, come riuscì al M5s nel 2013 e nel 2018, oppure rendere molto esplicito che sceglieremo solo accordi di desistenza tecnica (come ha fatto Macron in Francia poche settimane fa), ma solo a condizioni politiche e programmatiche adeguate. In caso contrario, non ci dovrà spaventare la corsa autonoma. Per fare questo, vedo necessarie tre cose. Uno, accettare che alle europee le due liste Renew hanno perso quasi metà dei 3 milioni di voti raccolti alle politiche 2022 perché sono apparse troppo piccole e inadeguate. Due, unirsi in un unico contenitore stabile, plurale e contendibile, che come i partiti liberali degli altri paesi europei prescinda dai leader del momento. Tre, aggiornare linguaggio, proposte e visione del mondo, per imparare a parlare a milioni di persone dei loro bisogni e di come pensiamo di affrontarli: smettiamola di considerarci i difensori della città dagli attacchi degli infedeli; oggi sovranisti e populisti sono la Marina, sono loro il potere, noi siamo i pirati.
Piercamillo Falasca
Un unico contenitore è giusto. Ma per un paese che ha riscoperto il bipolarismo non scegliere da che parte stare significa già aver scelto di essere irrilevante.
Al direttore - Ti scrivo in merito all’articolo pubblicato il 19 luglio sul tuo quotidiano, firmato da Carmelo Caruso. L’articolo contiene una lunga serie di imprecisioni che mi riguarda e della quale chiedo formalmente la rettifica ai sensi dell’art. 8 legge 47/1948. Sull’episodio citato di Washington, in cui si legge che “i giornalisti della Rai… se n’erano andati via… Fortuna ha voluto che fosse rimasto un operatore”, chiedo l’immediata rettifica in quanto io, Federica Ionta, inviata per il Giornale Radio Rai, non mi sono mai allontanata dal luogo del punto stampa e ho puntualmente preso la dichiarazione della presidente del Consiglio Meloni, mandandola già dopo poco in onda nelle edizioni notturne del giornale radio di Radio Uno. Lo attestano: la registrazione della dichiarazione stessa, che come saprai non è stata trasmessa in streaming su nessun canale e dunque non avrei potuto avere altrimenti; la data e l’orario dell’immissione a sistema del file audio; la redazione del pezzo nel sistema editoriale e non ultima la messa in onda sul canale nazionale dalle 2 di notte del giorno successivo. Con me ha lavorato un ottimo e altrettanto infaticabile tecnico del giornale radio, squadra di due (e non di dodici come scrive Caruso). Con l’occasione mi è gradito fornirti alcune ulteriori precisazioni che sono certa vi saranno utili. La testata Giornale Radio Rai non ha seguìto la missione di Washington in deroga né è in deroga quella in Cina. Quanto riportato nell’articolo è dunque inesatto. Il volo diretto Air China Roma-Pechino in classe economica costa mille euro andata e ritorno. Gli inviati Rai viaggiano solo in classe economica. E’ dunque falsa l’indicazione nell’articolo di duemila euro a biglietto. Prima che uscisse l’articolo, l’ufficio viaggi aveva già ricevuto la mia richiesta di integrazione del viaggio con la parte di missione a Shanghai. Dunque è falso sostenere anche solo genericamente che “la Rai” non va a Shanghai. La durata della trasferta è la stessa per tutti gli inviati, Rai e non, quotidiani e agenzie. Questo perché le date sono state comunicate da Palazzo Chigi. Le quali date, peraltro, sono state nuovamente comunicate in data odierna, con altri riferimenti rispetto a quanto scritto erroneamente da Caruso. A titolo informativo e pro futuro, visto che si fa notare come la Rai abbia “ben due corrispondenti a Pechino”, ti segnalo che copriamo quattro testate televisive e una radiofonica, in cui lavoro io e che da sola mette in onda 38 edizioni giornaliere più le trasmissioni.
Federica Ionta
Risponde Carmelo Caruso. Nell’articolo si fa riferimento alla copertura video. La ringraziamo per questa sua lettera di rettifica. Grazie. La lettera conferma in maniera inequivocabile che l’unica giornalista Rai, presente era lei, del Gr, e che i suoi colleghi dei tg erano altrove. Non poteva esserci migliore testimonianza. Nell’articolo il numero contestato (12) includeva tutti i Marco Polo Rai, inviati per seguire la presidente, ma in Rai la considerazione di se stessi deve essere così alta che ci si crede Rai sineddoche: la parte per il tutto. A tutti i Marco Polo Rai auguriamo buon viaggio. Ci saluti Pechino così: Xiang Beijing wen ge hao ba.