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lettere al direttore

Consigli per la prossima cerimonia olimpica: essere drag queen a Teheran

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Da storico dell’arte puntualizzare un piccolo particolare che da molti è stato travisato e interpretato in modo errato. Mi riferisco alla polemica, che da prettamente estetica è divenuta religiosa e anche politica, sulla sfilata musicale della Passerelle Debilly conclusasi con la performance dell’artista francese Philippe Katerine, nei panni di Dioniso (Bacco) in blu, coronato di foglie di vite e grappoli rossi, adagiato su frutta e fiori, canta la canzone “Tout nu”. Del resto, nella stessa pagina YouTube Eurosport si legge “Peint en bleu, il rend ainsi hommage à Dionysos, dieu du vin et de la fête, pour dénoncer l’absurdité de la violence entre les hommes”. Non c’è alcun riferimento all’“Ultima Cena” di Leonardo da Vinci, condivisa e riportata dagli organi di stampa portata all’attenzione da alcuni commentatori e politici. In molti hanno giudicato l’episodio come “blasfemo”, “vergognoso” “offensivo” alla morale e alla dottrina cattolica nel rappresentare un “Cenacolo queer”. Già molti connoisseurs, cultori e storici dell’arte sui social, come il sottoscritto, sono resi conto del riferimento puntuale al “Convivio degli dèi”, qui un autentico “tableau vivant” che sembra trovare precisi riferimenti nell’opera del pittore olandese del Seicento, nativo di Utrecht, Jan van Bijlert (1597/1598-1671), tela dal titolo “Le Festin des Dieux/ Il Festino degli Dei” che si conserva nel Museo Magnin di Digione. Gli dei sono intorno alla tavola per festeggiare il matrimonio di Teti e Peleo. Al centro del banchetto siede Apollo, incoronato da raggi luminosi, si identifica per la Lira tra le mani, a sinistra appaiono Minerva, Diana, Marte e Venere accompagnati da Cupido, mentre a destra si riconoscono Ercole, Eris, e Nettuno con il suo tridente. E’ evidente il richiamo al banchetto e al satiro che danza davanti al tavolo e il Bacco sdraiato in primo piano che preme un grappolo d’uva sulla sua bocca, richiamando il naturalismo caravaggesco. Altro puntuale riferimento è quello del “Convivio degli dèi” (1592) del pittore Andrea Boscoli, affresco dipinto nella Villa di Corliano (San Giuliano Terme, Pisa). Ma si potrebbero fare altri riferimenti iconografici e storico-artistici, ma di certo quello del pittore francese è molto icastico e convincente. Del resto, in molti dei dodici capitoli della cerimonia inaugurale ci sono stati precisi e puntuali riferimenti ad opere d’arte, come quelli eclatanti e visibili nelle riprese all’interno del Louvre in cui il tedoforo incappucciato e mascherato, correndo tra le sale del museo, si rende conto che i protagonisti delle tele di David, Géricault, Ingres, Delacroix, prendono vita e scappano dalle loro cornici – proprio come il ragazzo della tela “Escapando de la crítica” (1874) del pittore catalano Pere Borrel del Caso – per ammirare incuriositi lo spettacolo imperdibile dalle finestre della parata in diretta sulla Senna. Tenevo a puntualizzare tale aspetto, per deformazione professionale, anche per evitare inutili fake news che spesso si diffondono nel campo dell’arte nella stampa generalista, complici i tempi stretti nel controllo delle fonti.
Luca Mansueto
docente e storico dell’arte

Grazie, anche se in verità è la protagonista dello spettacolo ad aver detto in un primo momento che il riferimento era proprio quello. In ogni caso, consigli per la prossima cerimonia: essere drag queen a Teheran.

   


  

Al direttore - La pubblicazione della conversazione tra Turetta padre e figlio rappresenta l’ennesimo caso di spiattellamento giornalistico di un dialogo privato penalmente non rilevante a solo scopo sensazionalistico. Di fronte a questa violazione della norma e del buonsenso giudiziario e giornalistico stavolta mi viene da chiedere: possiamo cominciare a fare nomi e cognomi? E possiamo fare anche i nomi e cognomi di chi all’interno della procura e delle forze dell’ordine fornisce tali informazioni ai giornalisti? Sarebbe bello vedere delle inchieste giornalistiche condotte  per portare alla luce meccanismi e responsabilità individuali che di volta in volta portano a episodi come quello recente dei Turetta. E sarebbe bello vederle sulle pagine di questo giornale, coerentemente con le sue posizioni su questo tema. Lo spettro di un simile scenario potrebbe contribuire a responsabilizzare, a tenere accountable, quei funzionari e quei giornalisti tentati dalla brama di visibilità, magari riuscendo là dove evidentemente fino ad ora le innovazioni legislative sulle intercettazioni hanno fallito. 
Francesco Arminelli

Si legga il nostro Antonucci oggi, sul tema. Ma provi anche a riflettere su un altro punto. Da giorni, quotidiani che da una vita campano con intercettazioni prive di rilevanza giudiziaria si scandalizzano per la diffusione di quel genere di intercettazioni sul caso Turetta (alcuni opinionisti si scandalizzano sugli stessi giornali che poi pubblicano quelle intercettazioni, come Repubblica). Si potrebbe dire, con ottimismo, a questi osservatori: benvenuti nella realtà. Ma si dovrebbe chiedere, con cinismo agli stessi osservatori: scusate, ma chi ha aiutato a costruire questa realtà infame?
 

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