(foto Ansa)

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Il capolavoro di Repubblica sull'accusa contro Pignatone

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Caro Cerasa, ho avuto il piacere di ascoltarla mercoledì sera sulla 7 nella trasmissione “In onda”. Una voce dissonante. Fa spavento l’omologazione di alcuni talk show. Si sento frasi del tipo: “Nessuno nega l'efferatezza del 7 ottobre, però la risposta…”. E ancora: “Nessuno nega l'invasione dell’Ucraina, però... la Nato ringhia”. Qualche mese fa Massimo Gramellini sulla 7 nella trasmissione “In altre parole” ha intervistato Marco Travaglio. Ad un certo punto Gramellini fa una domanda decente. “Marco, ma come ti spieghi che le piazze e le università sono piene di manifestazioni proPal ma nessuna manifestazione pro Ucraina?”. Travaglio lapidario: “In Ucraina sono due eserciti in armi che si fronteggiano e a morire sono soprattutto soldati. A Gaza invece c'è una strage di civili inermi”. Milioni di profughi con nulla altro a parte la vita, città rase al suolo, stupri, fosse comuni, infrastrutture distrutte, una diga distrutta con morti ed enorme danno ambientale, bimbi deportati. Un insignificante dettaglio. Ho aspettato inutilmente una replica di Gramellini in tal senso. Nulla. E’ passato alla domanda successiva. Con questa informazione c’è veramente da aver paura. Sia a Gaza che in Ucraina si parla spesso della paura dell’escalation. L’escalation è cominciata il 24 febbraio 2022. L’escalation è cominciata il 7 ottobre. Gaza era libera da colonie ebraiche dal 2005. Ricordo la fatica che fece Sharon per far sloggiare i coloni. Poteva essere un embrione del futuro stato di Palestina. Invece di infrastrutture, Hamas ha costruito tunnel e collezionato armi per continuare a colpire Israele. Adesso Gaza è un cumulo di macerie che ha totalmente sulla coscienza. Dopo la carneficina del 7 ottobre non poteva non sapere che Israele avrebbe duramente reagito. Ma di Gaza e dei morti civili ad Hamas non importa nulla. Martiri per una superiore causa. In nome di quei morti coalizzare il mondo musulmano (non solo arabo, penso alla Turchia) per la guerra santa antisionista e raffreddare il sostegno occidentale a Israele. Coronare così il grande obiettivo: via Israele dal fiume al mare. Grazie direttore per la decisione di collocare il Foglio dalla parte giusta della Storia. A fianco di Israele e dell’Ucraina.

Andrea Sabbatini

“Il sangue delle donne, dei bambini e degli anziani… siamo noi ad aver bisogno di questo sangue perché risvegli dentro di noi lo spirito rivoluzionario… questo ci spingerà ad andare avanti”. (Ismail Haniyeh, capo di Hamas, ucciso due giorni fa).


Al direttore - Fatterello da poco ma emblematico. La cantante israeliana Noa, nota per le sue posizioni pacifiste (ribadite anche alla stampa locale e in apertura di concerto), la sera del 31 luglio è stata contestata, al grido di “free Palestine” con annesso sventolio di bandiere, da una trentina di manifestanti ai quali, evidentemente, di andare a disturbare e inficiare una popolare kermesse estiva cittadina (denominata “Effetto Venezia” in quanto si tiene nell’omonimo quartiere) non importava niente.
Quello di Noa era lo show di apertura e la cantante ha comunque ben gestito la situazione. La fissa pro Pal (del resto del mondo chi se frega…) è storica quando c’è questa manifestazione, giunta alla 38esima edizione, e la pochezza dimostrata dai patetici figuri dell’edizione 2024 è comunque portatrice di un messaggio: puoi essere pacifista quanto vuoi ma se sei israeliano e pure ebreo, non ci sono sconti.
Contro Israele “a prescindere”, per parafrasare il grande Totò.
Peccato anche per Livorno. Saluti.

Stefano Turini


Al direttore - Un procuratore che ha passato una vita a combattere la mafia, vedendola ogni tanto anche dove non c’è, e che ora è costretto a fare i conti con i mozzorecchi che trasformano un’accusa in una sentenza. Solidarietà a Pignatone, si può dire?
Andrea Marini

A proposito. Critichiamo spesso Repubblica, ma ieri il giornale diretto dal bravissimo Maurizio Molinari ha fatto un piccolo capolavoro giornalistico. E ha dato una lezione a tutti. Solitamente, Repubblica, quando un magistrato espone un’accusa, prende quell’accusa molto sul serio e tende a considerare l’indagato colpevole fino a prova contraria. Ci sta, è un vecchio stile. Solitamente, poi, quando il magistrato che espone un’accusa inserisce all'interno di quell’accusa anche la parola mafia difficilmente quell’accusa viene ammorbidita, contestualizzata, spiegata, Di solito, lo sapete, funziona così: se sei accusato di qualcosa, la difesa conta poco e l’accusa conta molto. Se poi sei accusato di aver fatto qualcosa a favore della mafia, il garantismo sparisce del tutto e l’accusa diventa una sentenza. Ieri, però, Repubblica ha fatto un capolavoro e trattando l’accusa ricevuta dallo stimato Giuseppe Pignatone, magistrato, accusato dalla procura di Caltanissetta di favoreggiamento alla mafia, ha fatto una scelta esemplare: ha dato la notizia, in prima pagina, stando attenta però a non mettere mai in nessun titolo l’accusa infamante, e usando una forma di rispetto e di prudenza che solitamente Repubblica non usa. Siamo certo che se l’accusato fosse stato un politico di centrodestra e non un magistrato avrebbe fatto lo stesso. Vero?


I legali del sig. Giovanni Alibrandi ci hanno chiesto di pubblicare la seguente rettifica in ordine all’articolo 17.7.2024 dal titolo “Morelli, ecco chi è il generaletto di Salvini che si è preso la Rai”: “Il nostro cliente non è lo sgherro di nessuno e non è al comando di alcuno, non favorisce poteri o influenze nell’esercizio del proprio ruolo professionale, non pilota i programmi Rai a servizio di altri o di ‘compari’”.

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